Luna Nera: nella serie TV italiana prodotta da Netflix un esempio delle prime donne della Storia che minacciarono il mondo maschile.

Luna Nera. Genere fantasy, con un cast tecnico e artistico al femminile. Un progetto straordinario tutto italiano.

Cosa racconta Luna Nera? Attorno al 1600, in un villaggio vicino a Roma, una levatrice è accusata di stregoneria e condannata a morte. Sua nipote Ade, che assiste impotente alla morte della nonna, scopre di avere anche lei dei poteri. Insieme al fratellino Valente cercherà rifugio nelle Città Perdute, il covo di alcune streghe nascosto nella profondità di una foresta. Specie di Amazzoni che sanno risolvere da sole ogni situazione della vita, ogni difficoltà, ogni bisogno che si presenta.

Da qui prende avvio tutta una serie di episodi avvincenti intrecciati tra il bene e il male, la gioia e il dolore, la vittoria e la sconfitta, la fuga e l’inseguimento, con colpi di scena che tengono lo spettatore in tensione.

Le tematiche trattate in Luna Nera sono molteplici. Il messaggio di fondo è molto attuale: le donne devono sempre e comunque salvarsi da sole! Le donne hanno in sé un’infinita capacità di rinascita, sanno trasformare le situazioni difficili riemergendo nonostante le mille avversità. Amazzoni che cercano di affermare la loro capacità senza soccombere.

Nella serie emerge il difficile e faticoso periodo adolescenziale della giovane protagonista, che scopre di avere dei poteri ma deve imparare a gestirli. Una fase di passaggio e tormento che ben rappresenta quel periodo di vita.

Contrapposizione uomini-streghe

Gli uomini nella serie si contrappongono alle streghe, guardano con sospetto e timore queste don- ne forti e indipendenti, che ben rappresentano la paura per il diverso che deriva dall’ignoranza, aspetto attuale anche nel contesto sociale che stiamo vivendo oggi.

Bisogna farsene una ragione: le donne intelligenti, piccole o grandi che siano, non piacciono agli uomini. Anzi, li spaventano! Gli uomini provano disagio e paura quando devono rapportarsi con donne intelligenti, così tendono a scegliere partner meno brillanti di loro per sentirsi i migliori nella relazione. È l’eterno conflitto uomo-donna che dal Seicento arriva fino ai giorni nostri.

Tuttavia, nonostante la grande emancipazione femminile ancora gli uomini non amano interagire con una donna più intelligente di loro, perché la vedono come una minaccia alla propria mascolinità.

Così, soprattutto nei secoli indietro, le donne emancipate erano viste come “streghe” piuttosto che valutate per la loro capacità intellettiva. La donna sembra debba mantenere un livello intellettualmente inferiore a quello maschile, affinché l’equilibrio non venga intaccato.

Donne che spaventano il genere maschile

Ma perché le donne spaventano ancora gli uomini? La loro capacità di autonomia, di saper risolvere le cose in maniera indipendente, l’essersi avvicinate alla sfera del potere e del denaro, spazio assolutamente maschile, ha messo l’uomo di fronte a una realtà completamente differente mentre è entrato in contatto con la sfera delle relazioni e delle emozioni, terreno culturalmente attribuito al femminile.

Il cambiamento del ruolo ha fatto sì che i modelli si sovrappongano e spesso colludano tra di loro. In questo cambio di scena, le donne mettono alla prova la loro parte maschile. Gli uomini, invece, si trovano a interpretare ruoli per loro inediti, che li mettono a contatto con la loro parte femminile. Aspetto che può gratificarli, ma al tempo stesso li spaventa: si smarriscono, perdono i punti cardinali di riferimento.

In Luna Nera, l’emancipazione del femminile e la scoperta di sé devono partire dall’essere “strega”, poiché nel Diciassettesimo Secolo era difficile potersi distaccare dal potere maschile.

Questa strana lotta tra maschile e femminile è antica quanto la vita umana e credo resterà così nonostante le mille e più emancipazioni che il genere femminile ha conquistato. Ha scritto Rita Levi Montalcini: “Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla, se non la loro intelligenza”.

a cura di Barbara Fabbroni