Il dottor Alessandro Gualdi, esperto di chirurgia estetica, dice la sua sul caso mediatico di Armine, la modella di Gucci di cui si decanta la bellezza “particolare”.

Mi ha colpito molto il rumore che si è creato intorno a Armine Harutyunyan, la modella di Gucci definita dai media una “bellezza non convenzionale”. L’epiteto “bellezza non convenzionale” mi sembra uno di quegli scivoloni ipocriti cui spesso si cade nel tentativo di essere politically correct, con il rischio di passare per “diversamente intelligenti”.

Il successo non è bellezza

La vicenda di Armine è un’operazione di successo da ogni parte la si guardi. Un successo personale della modella: “Sono stata la prima modella armena a sfilare per una grande casa di moda. Sentivo la responsabilità, il peso del ruolo”, ha detto lei.

Un successo per Gucci, che ha aggiunto pubblicità planetaria a un marchio che già di per sé è ben posizionato. Un successo per Alessandro Michele, la mente creativa di Gucci, che ha fatto un figurone mostrando di non essere succube delle imposizioni estetiche comuni.

Ma anche un successo di comunicazione di pensiero inclusivo: anche una donna che non risponde ai canoni di bellezza condivisi può diventare una modella per Gucci.

Il successo, però, non rende Armine una bella ragazza: il suo naso resta aquilino, il suo mento prospicente e gli zigomi sfuggenti.

La bellezza è una convenzione?

Il termine “bellezza non convenzionale” è un trucco linguistico, come dicevo, ma nasconde anche un pensiero più profondo che mi piace sintetizzare con una domanda: la bellezza è una convenzione?

Qui si aprono oceani di dibattiti filosofici, nei quali non mi tuffo per paura di affogare. Ma posso dire la mia come chirurgo estetico, medico che quotidianamente si confronta con la bellezza concreta, quella desiderata dalle mie pazienti, quella percepita nel vivere quotidiano della gente.

Ci sono elementi che rendono un viso più piacevole e attraente di altri: la simmetria delle forme, le proporzioni tra volumi e distanze tra occhi, naso e bocca, la gentilezza di tratti nel volto femminile, la mascella più pronunciata in quello maschile, e così via.

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Sono elementi che vanno al di là delle mode, probabilmente retaggio di un istinto che ci portiamo dietro dalla notte dei tempi.

Le mode possono riguardare il taglio di capelli, la depilazione delle sopracciglia, un nasino più o meno in su a seconda dell’attrice più popolare nel momento.

Cosa posso fare per lei?

Quando una paziente viene nel mio studio (parlo al femminile, come sempre, per questioni di statistica), in genere mi chiede di “essere più bella”. La mia risposta è “facciamola stare bene”. Io posso intervenire, stravolgere un viso per renderlo il più vicino possibile alla perfezione di proporzioni e volumi, ma farei un pessimo lavoro e darei un pessimo servizio alla paziente.

Il mio scopo è migliorare le caratteristiche uniche di ogni persona, non creare bellezze artificiali. E qui arriva la domanda che in molti mi fanno: nel caso di Armine cosa potrei fare?

Tutto e niente. Ovviamente potrei consigliarle di ingentilire il naso, ridurre il mento, accentuare gli zigomi… Senza toccare il bisturi potrei semplicemente suggerire un diverso taglio di capelli e sfoltire le sopracciglia…

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Ma perché dovrei farlo? Armine, che io sappia, non è andata da un chirurgo plastico, sta bene con sé stessa così come è. Anzi, è talmente consapevole di sé che accentua le sue differenze, rendendole un punto di forza della sua personalità. E così facendo, ha avuto successo. Bravissima, possiamo solo applaudire.

Se avesse sfilato alla sagra di paese con gli abiti della sartoria locale, probabilmente l’avrebbero fischiata. Ma lei è arrivata in vetta, sulla passerella più alta, e guarda tutti da lassù, quelli che l’applaudono, e quelli che la fischiano. È bella per questo? No, ma non importa.