Come agire su un décolleté che non soddisfi: il dottor Alessandro Gualdi per la rubrica di Novella 2000 Belle da Vicino.

Tondo, alto, magari anche un po’ sfacciato, esagerato, oppure elegante, morbido, discreto, naturale… Ogni donna ha il suo seno. Anzi, ha quello che la lotteria del DNA le ha regalato, e in più ha quello che ha sempre sognato.

Nelle più fortunate, i due combaciano. Per le altre ci sono sforzi per riconoscere e accettare la propria bellezza (che ripagano sempre) o interventi di estetica per correggere una natura poco generosa (una botta per l’autostima).

Stessa sensibilità, niente tracce

Una domanda che spesso mi fanno è: “Un seno rifatto ha la stessa sensibilità di uno naturale?”. La risposta è un doppio sì. Se il lavoro di mastoplastica additiva è ben pensato e ben fatto, non solo resta invariata la sensibilità della pelle e dei capezzoli, ma è anche difficile riconoscere tracce dell’intervento allo sguardo e al tatto.

Dipende tutto dall’anatomia della paziente (la forma di partenza e quella di arrivo), dalla maestria del chirurgo e anche dai materiali usati, cioè dal tipo di protesi scelte.

Forma e forme

La bellezza di un seno è fatta di armonia, simmetria ed equilibrio con il resto del corpo. Ma il seno è anche seduzione, e qui entrano in gioco gusti e indole personale.

Una donna che vuole un seno esagerato, un po’ sfacciato come dicevamo all’inizio, sceglierà una protesi più voluminosa che dia un profilo più alto, che esonda sotto il mento. Per chi invece punta a un aspetto più elegante e discreto, sono adatte le protesi ergonomiche, che riproducono le forme naturali a seconda della posizione.

Impianto di risalita

Una decisione fondamentale per avere un risultato che soddisfi l’esigenza estetica e la sicurezza medica è il posizionamento, che può essere sottomuscolare, retroghiandolare o “dual plane”, che è un mix dei due.

Ogni tecnica ha i suoi pro e i sui contro. L’impianto sottomuscolare, cioè l’inserimento delle protesi sotto i muscoli pettorali, è più adatto a donne molto magre, con un seno poco sviluppato. La protesi è più in profondità, dunque più nascosta. Ma è un’operazione più invasiva, che richiede un tempo di recupero più lungo.

L’impianto retroghiandolare, invece, è più veloce, meno doloroso, ma è più adatto a donne che hanno una ghiandola più sviluppata e tessuto mammario spesso, altrimenti la protesi si può vedere.

La tecnica dual plane, infine è la tecnica più nuova, e la più seguita. Prevede di inserire la parte superiore della protesi sotto al muscolo, e lasciare la parte inferiore tra il muscolo e le ghiandole. Così da fornire una forma più naturale al seno.

Qualità senza compromessi

In ogni caso, è fondamentale scegliere protesi che siano di alto livello, che non diano problemi neanche a distanza di anni.

Le storie di tette che esplodono in aereo sono falsi miti. Ma è vero che protesi scadenti possano dare problemi, specialmente sul lungo periodo.

Per questo è fondamentale scegliere sempre protesi di altissima gamma, che garantiscono una durata e permettono di essere impiantate attraverso accessi minimi. Cosa fondamentale per ridurre le cicatrici e i tempi di recupero.

Il microchip salva memoria

L’azienda americana Motiva ha anche lanciato le prime protesi con un microchip interno, che permette di recuperare a distanza di anni (tanti anni) informazioni utili per i medici che si occuperanno della paziente in futuro.

Una sicurezza in più per chi ha deciso di prendere in mano la situazione, e regalarsi un décolleté su misura.

a cura di Alessandro Gualdi