Diritti e doveri di marito e moglie

Il codice civile disciplina all’art. 143 c.c. i diritti e doveri reciproci dei coniugi, tra i quali ricomprende l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione, oltre all’obbligo di contribuire ai bisogni della famiglia in proporzione alla propria capacità economiche.

Assetto solo in parte richiamato per le “famiglie arcobaleno”, per le quali la legge Cirinnà non richiama l’obbligo di fedeltà, e ancora più parzialmente per le “coppie di fatto”. Per queste ultime alcuni di quei doveri sono solo l’elemento che le rende categoria giuridicamente rilevante, essendo necessaria la pregressa sussistenza di “stabili legami affettivi e di reciproca assistenza morale e materiale tra due persone maggiorenni” (art. 1, comma 36, l. 76/2016) perché si possa configurare una coppia di fatto ai sensi della predetta legge.

Ad esclusione dell’obbligo di fedeltà, nulla di specifico sembra dunque venir detto per quanto riguarda quella componente dei rapporti personali tra i coniugi che attiene alla sfera dell’intimità sessuale.

In verità l’impostazione un tempo tradizionale prevedeva due significati associati all’obbligo di fedeltà, due doveri, uno positivo e uno negativo. Il secondo imponeva – come impone tuttora salvo diversi e comprovati accordi tra i coniugi – l’esclusività della coppia. Mentre il primo imponeva di:

“prestarsi all’attività sessuale richiesta dal partner, in omaggio alla convinzione che ciascuno sposo sarebbe titolare di un c.d. ius in corpus nei confronti dell’altro”.

Ridimensionamento dell’obbligo di fedeltà

È chiaro che quest’ultimo dovere, che si traduceva di fatto in un asservimento del corpo della moglie alle pulsioni sessuali del marito e che ora è invece suscettibile di integrare il reato di violenza sessuale ai sensi dell’art. 609 bis c.p., non ha più diritto di cittadinanza all’interno del nostro ordinamento.

Tanto che ad oggi la dottrina e la giurisprudenza optano piuttosto per un’interpretazione dell’obbligo di fedeltà in relazione alla comunione di vita dei partner. Dunque, come un “dovere, essenzialmente interno alla coppia, di dedizione reciproca che include anche l’esclusiva sessuale, ma non si riduce ad essa”.

Così ridimensionato l’obbligo di fedeltà, si riconferma l’assenza di un’esplicita previsione normativa sul piano della componente sessuale delle relazioni personali tra i coniugi.

Ma ciò non toglie che il diritto se ne curi, ed infatti la giurisprudenza ha avuto modo in più occasioni di occuparsi dei rapporti sessuali nella coppia. In particolare, ricomprendendoli nella clausola dei doveri di assistenza morale reciproca.

Quest’ultima ampia formula può essere definita come la pretesa reciproca al mutuo conforto spirituale, al fine di soddisfare le esigenze individuali dell’altra persona, nel rispetto dei diritti della personalità propri di ciascuno i quali, anzi, proprio in virtù dell’assistenza morale reciproca dovrebbero trovare la più alta e piena attuazione.

Rapporti sessuali tra partner: cosa dice la Giurisprudenza?

È in questo ambito che verrebbero in rilievo i rapporti sessuali tra i partner. E diverse sentenze della Cassazione hanno considerato la mancanza di questi ultimi (c.d. “matrimoni bianchi”) che sia ingiustificata o dettata da intolleranza quale fattore di addebito della separazione ai sensi dell’art. 151, 2° comma, c.c., con l’argomentazione che:

“il persistente rifiuto di intrattenere rapporti affettivi e sessuali con il coniuge configura e integra violazione dell’inderogabile dovere di assistenza morale sancito dall’art. 143 c.c., che ricomprende tutti gli aspetti di sostegno nei quali si estrinseca il concetto di comunione coniugale, poiché, provocando oggettivamente frustrazione e disagio e, non di rado, irreversibili danni sul piano dell’equilibrio psicofisico, costituisce gravissima offesa alla dignità e alla personalità del partner” (Cass. civ. sez. I, n. 19112/2012 e Cass. civ., sez. I, n. 6276/2005).

Offesa a diritti della persona costituzionalmente tutelati, che trovano ristoro non solo nella disciplina dell’addebito della separazione – che, per esempio, risulta essere una sanzione inefficace nei confronti dell’ex coniuge che non abbia già di suo diritto al mantenimento – ma anche in quella del risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2043 c.c, anche nell’ipotesi di coppie di fatto.

Perché ricorra la suddetta ipotesi, è necessario che il rifiuto di rapporti sessuali con il coniuge, oltre che ingiustificato, sia protratto nel tempo e non sia dettato da altri motivi pregressi che hanno di per loro compromesso la vita di coppia, determinando l’allontanamento dal partner e, in definitiva, il fallimento della relazione.

Né tale rifiuto deve essere dovuto a una malattia. Nel qual caso, sono le intolleranze e recriminazioni dell’altro coniuge in relazione a tale disfunzione ad integrare violazione dei doveri di assistenza morale e comprensione. E dunque, possibile causa di addebito (Cass. civ. n. 4639/1985).

Non si “sciopera” dal sesso

Viene altresì ritenuta inammissibile dalla giurisprudenza la condotta del coniuge che si astenga dall’intrattenere rapporti sessuali con il partner a scopo ritorsivo o strumentalmente, per ottenere un qualche risultato nelle dinamiche di coppia: lo “sciopero del sesso” viene condannato quale modalità di relazione e comunicazione con la compagna o il compagno in quanto: “rende impossibile al coniuge il soddisfacimento delle proprie esigenze affettive e sessuali e impedisce l’esplicarsi della comunione di vita nel suo profondo significato”, risultando dunque legittima causa di addebito della separazione, con perdita del diritto al mantenimento (oltre alle sentenze già citate, cfr. Cass. civ., sez. 3, n. 15101/2004).

Da ultimo però la Cassazione ha avuto modo di precisare che limite primo al rispetto del suddetto dovere di assistenza morale del partner è rappresentato dalla libera determinazione dello stesso al rapporto sessuale.

Al dovere di assistenza morale non corrisponde, in altre parole, “un diritto all’amplesso, né conseguentemente il potere di imporre od esigere una prestazione sessuale senza il consenso del partner”, sia nell’ambito di una relazione coniugale che paraconiugale (Cass. civ., sez. 3, n. 17676/2019).

Un’impostazione in armonia con l’insieme dei diritti e doveri previsti per la coppia coniugata. Diritti e doveri che non si riducono alle previsioni del codice civile in materia. Piuttosto, richiamano la più ampia categoria dei diritti della persona costituzionalmente tutelati, che non possono trovare una limitazione nel legame di coppia.

a cura di Eloisia e Luana Minolfi