Circonvenzione di incapaci: come si disciplina

La circonvenzione di persone incapaci è disciplinata dal Codice Penale e si inserisce nell’ambito dei delitti contro il patrimonio.

Tale reato punisce chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, abusa dei bisogni, delle passioni o dell’inesperienza di una persona minore. Oppure abusa dello stato di infermità o di deficienza psichica di una persona, anche se non interdetta o inabilitata, inducendola a compiere un atto che comporti un qualsiasi effetto giuridico dannoso per lei o per altri.

La pena prevista è la reclusione dai due a i sei anni, e la multa da 206 a 2065 euro.

Secondo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione,

“Sussiste il reato di circonvenzione di incapaci allorquando l’agente, attraverso un’attività di coazione e persuasione, abusi delle particolari condizioni di incapacità del soggetto passivo, che è indotto a compiere l’atto dannoso in conseguenza di quella attività”.

Caratteristiche del reato

Passando ora a considerare le caratteristiche del delitto in discorso, emerge innanzitutto che si tratta di un reato plurioffensivo, in quanto provoca, al contempo, una lesione sia della libertà di autodeterminazione del soggetto passivo sia di un suo interesse patrimoniale.

In secondo luogo, ci troviamo in presenza di un reato comune, nel senso che il soggetto attivo può essere chiunque.

In terzo luogo, la circonvenzione di incapaci si configura come un reato a forma libera, il che significa che può essere realizzato con qualunque mezzo idoneo a indurre la vittima a compiere l’atto dannoso, senza la necessità di ricorrere ad artifici o raggiri.

Tuttavia, si ritiene che sia in ogni caso necessaria un’attività orientata a incidere sul processo volitivo del soggetto, determinandolo.

Casi di debolezza

Il presupposto necessario è che il soggetto passivo si trovi in una delle condizioni di debolezza psichica indicate dal legislatore.

Si può, innanzitutto, trattare di una persona minore, dei cui bisogni o delle cui passioni o inesperienza l’agente abusi. L’inesperienza tipica di un minorenne comporta, infatti, una inevitabile diminuzione della sua sfera conoscitiva. Diminuzione tale da lasciarsi più facilmente indurre da pressioni, suggestioni o altri mezzi di persuasione.

Può però anche trattarsi di una persona che si trovi in uno stato di infermità o di deficienza psichica, pur non essendo interdetta o inabilitata.

A tal proposito, occorre operare una netta distinzione: si trova in uno stato di “infermità psichica” il soggetto che è affetto da una malattia mentale. Malattia idonea a diminuire grandemente – anche se non totalmente – la sua capacità di intendere e di volere. La “deficienza psichica”, al contrario, comprende tutte le ipotesi di minorata capacità intellettiva o volitiva, che siano idonee a rendere un soggetto una facile preda dell’altrui opera di suggestione e che non siano, peraltro, riconducibili a un’infermità mentale, in quanto non dovute ad un’autentica patologia, potendo infatti dipendere anche da alcune anomalie psichiche, quali delle fragilità caratteriali, oppure da particolari situazioni fisiche, culturali o ambientali.

La dottrina preponderante, peraltro, ritiene che il delitto in esame non sia configurabile nei confronti di soggetti totalmente incapaci. Considerato da un lato, che l’opera di circonvenzione dell’agente è incompatibile con uno stato di totale incapacità della vittima, e dall’altro che l’espressione “indurre” usata dal legislatore presuppone che la condotta criminosa si rivolga ad un soggetto cosciente, anche se immaturo o non totalmente capace, su cui si possa agire in modo persuasivo, sfruttandone la menomata capacità.

Indurre e abusare

La condotta tipica consiste infatti nell’indurre una persona a compiere un atto che abbia effetti dannosi, abusando della sua condizione di immaturità, dovuta alla minore età, oppure della sua condizione di menomazione psichica.

“Indurre” significa influire sul processo di formazione dell’altrui volontà, determinandolo o rafforzandolo attraverso un’apprezzabile attività di persuasione, di suggestione o di pressione morale. “Abusare” significa, invece, sfruttare l’altrui posizione di debolezza.

Con riguardo a tale profilo, è possibile far riferimento alla giurisprudenza, la quale ha affermato che:

“Ai fini della sussistenza del delitto di circonvenzione di persone incapaci, il concetto di induzione postula un’attività positiva diretta a determinare, convincere ovvero influire sulla volontà altrui, in modo da condurre la vittima a compiere un determinato atto giuridico, e rappresenta un elemento ben distinto dal mezzo usato per il raggiungimento del fine”.

La condotta che è qui oggetto di incriminazione si configura, pertanto, come un’attività di induzione mediante abuso della condizione di minoranza psichica.

L’evento è duplice. In quanto, affinché si possa parlare di circonvenzione di incapace, dalla condotta criminosa deve derivare sia il compimento di un atto da parte della vittima sia la produzione – in seguito a detto atto – di un qualsiasi effetto giuridico patrimonialmente dannoso per la vittima o per altri.

In altre parole, la condotta deve essere causa dell’adozione da parte della vittima di un atto il quale, a sua volta, determini un danno per l’incapace o per altri.

Si aggiunga poi che il terzo che eventualmente subisce il danno non è considerato persona offesa. Può assumere invece la qualifica di danneggiato dal reato agli effetti civili.

a cura di Eloisia e Luana Minolfi