Sospetto doping al GfVip: rinvenute tracce di buon senso
Sembrava destinato ad essere la Waterloo del rispetto per il prossimo e invece a botte di lavate di capo ed…
Sembrava destinato ad essere la Waterloo del rispetto per il prossimo e invece a botte di lavate di capo ed epurazioni subitanee perfino nel GfVip si è fatto strada un vago sentimento di giustizia.
Ma ce n’è voluta di carne al fuoco: a nulla erano valse le energiche rimostranze dell’Italia intera contro la manifesta omofobia, c’è voluta una raffica di esternazioni all’insegna della misoginia condite con turpiloquio e offese personali, il tutto seguito da un intervento ministeriale in carta da bollo per destare gli autori dal torpore nel quale soggiornavano e indurli a fare ciò che buon senso pretendeva: eliminare il problema.
Peccato che ci siano dovute andare di mezzo persone inconsapevoli come ex mogli, chiamate in causa dalle rivelazioni di un marito apparentemente animato più dal livore della vendetta che dall’amore per i figli, anche loro innocenti vittime di un pettegolezzo che tutto può fare tranne che del bene.
Peccato. Anche per la regina delle pinzette, che nell’estremo tentativo di giustificare il marito lo ha definitivamente sepolto sotto il peso delle di lui responsabilità, imbarazzanti perfino più delle stesse sopracciglia da lei confezionate con tanto amore.
E del resto, se da un lato era immaginabile che lei si levasse in un tentativo di riscatto, dall’altro ci corre l’obbligo di citare il vecchio adagio: “chi va per certi mari, certi pesci piglia”, signora mia.
Ma l’asso di briscola lo calano madre e figlia, la cui propensione alla rissa riduce le gang di Puerto Rico al grado di squallido dilettante: ingaggiano con la fidanzata del sospetto filarino della figlia della madre un alterco fondato sul vuoto pneumatico, che hanno la capacità di ribollire a fuoco lento fin oltre la fine della puntata in studio, attraversando i burrascosi mari del congiuntivo con indomito coraggio, invocando la nomination come fosse l’olio 31 che cura tutti i mali e soprattutto rivendicando a pieni polmoni il diritto a non essere giudicate, senza tenere conto che: a nessuno importava di giudicarle.
Anche qui forse la soluzione sta tutta nella saggezza popolare: “l’abito non fa il monaco, ma se vesti un palo avrai un cardinale”. Come dire che la conoscenza della differenza tra “pensiero” e “opinione” sommata alla consapevolezza che si dice “per niente” e non “pegniente”, in combinato disposto con un uso centellinato dei segreti del make up potrebbe essere un buon modo per distrarre lo spettatore dall’apparenza in favore della sostanza. Per dire.
Ma la vera notizia è: Valeria Marini esiste. E’ un essere umano, dotata di sentimenti ma soprattuto di grande buon senso. La vedevamo come disegnata nella nebbiolina cerulea della quale è costantemente circonfusa, ma una volta dissipata la nuvola di cipria, insieme ai segni del tempo sono emersi anche quelli del cuore. E’ una donna che non ha paura di piangere, ma nemmeno di dire la sua. E con la stessa tranquillità con cui si mostra senza trucco affronta le pressioni psicologiche della casa dimostrando saggezza, calma e soprattutto una mirabile capacità di dare alle cose che le succedono intorno il giusto peso. Non ultimo, conosce l’amicizia.
La cosa assolutamente geniale? Fare tutto questo completamente impanata di lustrini.