A regola d’arte con Daniele Radini Tedeschi: i mediocri acquerelli di Hitler
Daniele Radini Tedeschi commenta la mediocre esperienza artistica del mostro Adolf Hitler. Ah, se solo avesse avuto più successo nell’arte…
Gli acquerelli del mostro
A volte, anche dipingere male potrebbe essere una qualità, soprattutto se questa attitudine fosse in grado di distogliere il pittore in erba da altre occupazioni. Ad esempio, se Adolf Hitler avesse continuato con i suoi acquerelli, dotati di un semplicistico ma moderato talento esecutivo, magari sarebbe diventato un discreto artista e non quel criminale mostruoso che fu.
Egli infatti da giovane voleva formarsi come pittore professionista, ma le sue aspirazioni vennero frenate dalla bocciatura, nel 1907 e nel 1908, all’esame di ammissione presso l’Accademia di Belle Arti di Vienna.
Da lì iniziò a concentrarsi sulla propaganda politica, antisemita e violenta. Riuscì in pochi anni a riunire i peggiori reietti del suo tempo nel partito nazional socialista, conducendo un intero continente alla rovina.
Quel raggelante rigore
Ho sempre guardato con attenzione i suoi quadri, con un senso di inquietudine e sinistri interrogativi. Perché queste città immortalate non presentano quasi mai le figure? Perché tutta questa disumanità raggelante, generata da una prospettiva geometricamente corretta ma al contempo severa, eccessivamente rigorosa?
Il segno risulta infatti preciso, talvolta armonici i colori, ma alla fine negli acquerelli si evince sempre un gusto poco immediato, innaturale, troppo asciutto.
Ovviamente, osservando tali disegni, viene immediato il raffronto con quelle terribili immagini in bianco e nero di Auschwitz o Dachau, nelle quali bambini, donne e uomini innocenti venivano trucidati nei forni. Scenari che a dir poco raggelano il sangue e addolorano il cuore.
Foto e video di miserabile realismo, così crude e matematicamente calcolate – si pensi al metodo puntiglioso di Himmler negli internamenti – tornano nelle misurazioni prospettiche fredde di quei vecchi schizzi acquarellati dal dittatore.
Se la storia si potesse riscrivere
E visto che l’Olocausto fu “opera sua”, arriva l’interrogativo più triste: come ha potuto un pittore, che dovrebbe essere amante dell’arte e della bellezza, accettare, produrre e legalizzare simili ignominie?
Ma parlare di follia sarebbe solo riduttivo, e andrebbe a giustificare azioni imperdonabili. Non ci sono risposte a tanta spietatezza.
È amaro a dire, ma quanto sarebbe stato vantaggioso per l’umanità se Hitler avesse proseguito solo con pennelli e tavolozza, distogliendo il mostro che era in lui dalla spietata, glaciale crudeltà…
a cura di Daniele Radini Tedeschi