Alla ricerca di… Helmut Newton con Elena D’Ambrogio
Helmut Newton in mostra a Milano: la nostra Elena D’Ambrogio ne ripercorre la carriera, soffermandosi su amori e stile
Helmut Newton in mostra a Milano
Helmut Newton ha fotografato migliaia di vite perché, come lui stesso ha raccontato: “Sono come tante altre persone, mi siedo sulla spiaggia o sulla terrazza di un caffè, guardo la gente – soprattutto le donne – e mi invento delle storie. È un buon modo per passare una mezz’ora”.
Il desiderio di scoprire, la voglia di emozionare, il gusto di catturare sono i tre concetti che racchiudono l’arte della sua fotografia, che si può ammirare nell’ampia retrospettiva Legacy, esposta fino a giugno prossimo a Palazzo Reale a Milano.
Il fotografo di origine ebrea, allontanato dalla Berlino nazista, è diventato una celebrità dopo varie peripezie in giro per il mondo.
A 20 anni è costretto a scappare in Australia a causa delle persecuzioni fasciste. Nel 1946 viene congedato dall’esercito australiano, e decide di cambiare cognome.
Il suo, Neustaedter, non andava bene: lo cambiò in Newton, ma mantenne Helmut per conservare un legame con la sua vita precedente.
Poi viaggia, da Singapore a Parigi, a Montecarlo dove ha poi vissuto, finendo a Los Angeles.
I suoi scatti sono vere messe in scena con richiami all’arte, alla letteratura e al cinema. In particolare, è ispirato dai dipinti di Goya de La Maja desnuda e La Maja vestida.
Nel ’46 apre a Melbourne uno studio di fotografia, dove conosce l’attrice June Browne, la donna che sposerà nel ’48 e che non lo abbandonerà più.
L’amore per June
June diventerà una presenza molto importante anche per la sua professione di fotografo. Fotografa anche lei con il nome di Alice Springs, è sempre presente durante i lavori del marito e, quando non lo è fisicamente, Helmut ha sempre un telefono a portata di mano per raccontarle l’andamento della sessione fotografica.
Una fusione intima e professionale, che diventa anche un progetto sfociato nel libro Us and Them nel quale, oltre a ritratti di attori e artisti, si racconta la loro vita insieme, con autoritratti e ritratti scattati reciprocamente in momenti di grande intimità.
La carriera di Helmut intanto procede e da Vogue Australia passa a Vogue Francia nel 1961. Da quel momento diventa un’icona del mondo della moda, collabora con le più grandi riviste, sempre al fianco della moglie June.
Il loro è un rapporto che rimarrà solido, inattaccabile, per sempre.
Moglie, musa, consigliera, June rappresenterà la vera anima di Helmut, inviolabile. La loro complicità sarà assoluta, a tratti forse incomprensibile, perché non esisterà da parte di June alcun tipo di rovello nei confronti delle altre donne, bellissime, immortalate da Helmut.
Tante figure femminili, un solo amore, l’unica moglie per più di cinquant’anni.
La frangetta, il taglio di capelli di June, sono ricorrenti negli scatti del fotografo, qualcosa di lei ci deve sempre essere per Newton, una sorta di doppia firma congiunta per i capolavori fermati dagli scatti.
Modelle e omaggi al femminile
I corpi femminili di Helmut Newton sono ricollegabili ai corpi statuari della civiltà greca, nelle pose e anche nelle forme. Il corpo femminile, per lui, è soprattutto un corpo vigoroso che nella sua staticità emana vita.
Celebre l’autoritratto con modella e moglie nel quale si ritrae davanti a uno specchio, mentre fotografa la sua modella e di lato si intravvede, sempre nello specchio, una gamba femminile, oltre a sua moglie.
La sua presenza riequilibra tutti i segnali erotici che Newton ha propagato. Forse una sintesi della completezza della loro vita insieme, sempre fianco a fianco.
È a Parigi che inizierà la sua carriera nel mondo della moda, guadagnando le copertine delle riviste più importanti. Il suo stile è un erotismo patinato con tratti sado-masochistici.
Ma non si occupa solo di moda. Sono famosi i suoi ritratti a personaggi come Ava Gardner, Sigourney Weaver, Margareth Thatcher.
Negli anni ’80 inizierà anche a seguire marchi d’eccellenza quali: Chanel, Gianni Versace, Dolce&Gabbana. Per terminare il suo passaggio terreno nel 2004, a Los Angeles, a seguito di un incidente d’auto.
Per qualcuno il suo lavoro sarà considerato degradante per la dignità della donna, per altri sarà un genio.
Critiche che Newton apprezzava rispondendo che “Bisogna sempre essere all’altezza della propria cattiva reputazione”.
Oggi il suo lavoro non è più considerato trasgressione, ma negli anni della sua corsa in vetta più le sue opere erano ambigue, più riuscivano a disorientare l’osservatore e più sarebbero rimaste impresse nella memoria.
E sono indiscutibilmente difficili da dimenticare. Oltre al soggetto femminile, di grande attrattiva, è evidente una grande gestione della luce e della composizione. C’è la mania di fare sempre gli scatti sia in bianco e nero che a colori.
Il fatto che fosse daltonico era per lui una condizione ambivalente: da una parte faceva accostamenti anche azzardati, da un’altra doveva averne il controllo, consapevole del suo difetto visivo e degli eccessi a cui il suo istinto lo conduceva.
a cura di Elena D’Ambrogio