The King, alias Rino Barillari, il re dei paparazzi, ci invita a passeggiare nel suo mondo, con la Mostra Dalla dolce vita ai giorni nostri. Un viaggio nei suoi scatti, allestita al Museo del Presente a Rende, provincia di Cosenza, e curata dall’amico e collega Marcello Romanelli.

Intervista a Rino Barellari

Rino, ritorni nella tua Calabria per l’inaugurazione della mostra a te dedicata, dopo averla lasciata a 14 anni per seguire il sogno di diventare ciò che sei diventato.

“La mia vita è stata un susseguirsi di coincidenze. I miei inizi si combinano anche con un momento particolare del nostro paese. Era il ’900 del Dopoguerra, c’erano i personaggi più famosi nella nostra Italia, si producevano 300 film all’anno a Cinecittà”.

Con i personaggi, nel Dopoguerra, nasce lo scoop fotografico.

“Anche quando il personaggio non era d’accordo tu scattavi ugualmente. Si chiamava ‘provocation’, e così avevi la foto che faceva il giro del mondo. Oggi con i telefonini escono foto in continuazione, tutti sono diventati paparazzi ma si fanno la notizia da soli, e quella non è notizia”.

Parliamo di questi protagonisti.

“Da chi comincio? Tutti sono una bella storia d’Italia. Voglio menzionare Gabriella Ferri, lei è la Roma per eccellenza. Vederla in giro per la città era emozionante. Una cantante e una donna profonda: la sua intensità ha fatto epoca. Così come Anna Magnani. È stato il primo personaggio che mi ha dato importanza, ha riconosciuto il mio ruolo. Non sono stato bravo nel fotografarla, è stata lei straordinaria a concedermi le foto per le quali ho ricevuto tanti complimenti. Mi ha aiutato”.

Al fianco di tanta bellezza e bravura ci sono personaggi che hai fotografato in momenti di grande tristezza.

“Uno tra tutti è Enzo Tortora. La mattina del suo arresto io mi sono chiesto, e gli ho chiesto, perché volesse essere fotografato. Enzo voleva che rimanesse traccia del momento in cui da innocente è stato prelevato e portato via con le manette. Per i posteri”.

Da Papa Wojtyla a Ratzinger

Ci ha poi messo anni a dimostrare la sua innocenza. Ammalandosi. Hai fotografato anche Papa Wojtyla in un momento di particolare familiarità.

“Per me è il Papa per eccellenza. Si trovava vicino a persone di una certa età che giocavano a bocce e si è messo a giocare con loro. Davanti a quella foto ho pianto, perché c’era tutto quello che unisce un Papa alle persone”.

Hai ritratto anche un altro papa: Benedetto XVI…

“La storia delle foto a Joseph Ratzinger, prima che diventasse Papa, sono legate a una storia divertente. Dovevo fargli un servizio per un giornale, e non sapevo come immortalarlo, allora l’ho ripreso con le braccia in alto o inginocchiato. Quando le ha viste, il non ancora pontefice mi disse: ‘Ma vuoi farmi diventare Papa?’. E così è stato”.

Hai l’intuito di individuare i personaggi che contano prima degli altri?

“Sandro Pertini la mattina usciva presto per andare a comperare il tabacco. Io lo seguivo e lo fotografavo, mi piacevano i suoi modi, la sua spontaneità. E poi è stato eletto Presidente. Porto fortuna, perché quando sto dietro a una persona è perché sento che avrà successo”.

Prima puntata – continua…

a cura di Elena D’Ambrogio