Alla ricerca di… gigolò miseria e nobiltà con Elena D’Ambrogio
Elena D’Ambrogio, in occasione dell’uscita della serie TV di Amazon Prime Video Gigolò per caso, ci parla di prostituzione di ambo i sessi
Gli uomini non lo negano, non sempre le donne lo dicono, ma è evidente la crescente esigenza di apparire in pubblico con un “accompagnatore”. Quel mondo, da sempre il più sommerso, affiora con situazioni che stanno diventando costume.
Prostituirsi, si sa, è il mestiere che risale alla notte dei tempi, e che non vedrà mai declino, perché è insito nell’essere umano cercare sfogo, trasgressione. Quella libertà sessuale troppo spesso inibita dal pudore, e dai retaggi secondo i quali provare desiderio, cercare e dare piacere senza repressioni fa automaticamente catalogare tra persone dai facili costumi.
L’estraneità nel rapporto intimo evidentemente rende affrancati. L’accompagnatore, che era la figura mitologica che allietava uomini o donne, anche di età avanzata, poi divenuto il gigolò, negli anni del noto film American Gigolò, interpretato da un irresistibile Richard Gere; di altre pellicole come Un uomo da marciapiede (1969) o Scusi, facciamo l’amore (1968), e l’attualissimo in uscita su Prime Video, con Christian De Sica e Pietro Sermonti Gigolò per caso, una serie che parla di sesso con uno sguardo divertito e non pruriginoso.
Nel nuovo secolo, e in particolare negli ultimi anni, è stato sdoganato questo ruolo tanto da essere considerato una professione. Di fatto, dal prostituirsi all’essere accompagnatore il passo è stato abile. Non cambia nella sostanza, bensì nell’evoluzione che questo approccio ha avuto.
Sembra un’attitudine piuttosto che un lavoro, una specializzazione che ha soppiantato la disperazione degradante delle tradizionali definizioni in uso, tipo: “puttana”, “mignotta” o altri sinonimi ancora più triviali e senza una vera declinazione al maschile.
Poi si è giunti al termine “escort”, più raffinato, si sarebbe detto “d’alto bordo”, che evoca uno status femminile socialmente tollerato.
Se facciamo un passo indietro le varie categorie di appartenenza di queste figure nel passato erano: la prostituzione estetica, le etère greche, le geishe giapponesi, le meretrici o le cortigiane, tutte compiacenti frequentatrici dei luoghi dove si consumava lo scambio fra sesso e denaro, spesso anche potere.
Per tornare ai giorni nostri, vi è un distinguo tra la prostituta che vende il suo corpo e basta, spesso sotto scorta di un protettore e la escort, indipendente, che sceglie saputamente i propri clienti, o il gigolò che vende la sua immagine oltre al suo corpo.
Accompagnatore è un termine usato per addolcire il concetto. Intanto perché si appare alla luce del sole, quindi non può risultare sordido, e poi perché il risvolto sessuale è un aspetto dell’accordo tra le parti che a volte è anche omesso.
Sostanzialmente sono degli attori che recitano una parte al fianco del o della cliente di turno durante un evento, un matrimonio, per lavoro, giusto per non arrivare da soli, o per fingere un fidanzamento. A volte anche per far ingelosire qualcuno, senza che ci sia necessariamente il risvolto sessuale.
Sembra che le richieste siano diverse: quelle femminili sono molto classiche e romantiche, le richieste più trasgressive arrivano dagli uomini. In caso di coppie, sono sempre gli uomini a richiedere servizi particolari.
Per essere all’altezza di questo ruolo occorre naturalmente una preparazione. Chi vuole diventare un accompagnatore di livello deve anche superare le barriere culturali e linguistiche. Avere comportamenti eleganti, adattarsi a qualsiasi situazione con naturalezza, quindi deve essere camaleontico, malleabile e naturalmente fluido. L’aspetto fisico resta sempre la base di partenza.
I gigolò, come le escort, devono essere belli, attraenti, molto fisicati, piacevoli e naturalmente devono saper fingere.
Il mestiere vecchio come il mondo, ma anche quello meno durevole, ai livelli di cui stiamo parlando, perché si sa, la bellezza alla fine se la porta via il tempo, quindi è a tempo determinato. Ma soprattutto c’è una crescita esponenziali di questi sex worker, numeri inimmaginabili, migliaia di persone che operano nel settore.
Esistono addirittura dei corsi per coloro, sempre più numerosi, che vogliono intraprendere questo stile di vita. Ma perché? Donne, uomini, coppie, sesso, lussuose camere d’albergo, tariffe da capogiro, ma è solo questo che si nasconde dietro l’attività di un accompagnatore di professione? Un mondo ancora ricco di stereotipi e pregiudizi. Be’, le risposte sono diverse ma sicuramente è allettante il guadagno facile e piacevole.
C’è un’alta richiesta e un giro non indifferente di denaro dietro alle debolezze, alle passioni, ai capricci.
È anche una sorta di veloce riscatto sociale. Spesso, da una condizione disagiata o anche di normalità ma insoddisfacente, si entra a far parte, se si hanno i requisiti, di un mondo fatto di clienti illustri oltre che abbienti.
Personaggi pubblici, politici, industriali. Il salto è notevole per chi ci sa fare, che entra nell’orbita di ottimi guadagni e di buoni legami con chi ha potere. Resta la differenza che da sempre esiste tra uomo e donna, pur nello svolgimento dello stesso mestiere.
Da sempre, la donna che fa la vita o che è semplicemente disinvolta sessualmente, è definita una puttana, quindi una persona spregevole, mentre un uomo che offre il suo corpo, di fatto un prostituto, quasi non si giudica neanche, anzi è persino da emulare. E da qui, per ora, non se ne esce.
Però, pur nel giudizio negativo nei confronti di una donna prostituta, resta il fatto che l’uomo è lì che tende per le sue trasgressioni.
La prostituta è in fondo una donna evoluta che sfrutta la debolezza del predatore. È un segno di potere. Colei che si è sempre dovuta difendere dall’uomo cacciatore, la figura emarginata, denigrata, definita con termini dispregiativi, è colei che da sempre governa gli ormoni e le fantasie dell’uomo.
Il criterio che guida le motivazioni delle figure maschili e di quelle femminili sono sostanzialmente differenti. Mentre un uomo cerca una escort solo per una voglia passeggera, uno sfogo fisico. Una donna che contatta un gigolò lo fa per una necessità più relazionale, quasi da boyfriend experience.
Da un gigolò la donna vuole ricevere attenzioni, consigli, considerazione. Una donna, anche se chiede uno scambio venale con un gigolò, cerca sempre qualcosa per cui sognare, illudersi.
Spesso un gigolo è trattato da alcune clienti come un fidanzato, soprattutto da quelle più mature. È visto come una persona che riesce a capire e a dispensare comprensione. Un alleato. Con cui si fa anche sesso. Il sesso è un prolungarsi della parola, arriva se si ha voglia di arrivarci. Dal punto di vista dell’accompagnatore sembra quasi di contribuire al bene sociale. Anche se è tutta una finzione, pure i film lasciano dentro delle emozioni, che puoi vivere per un istante o conservarle nel tempo. Questo è l’unico aspetto lasciato alla gratuità.
a cura di Elena D’Ambrogio