Luca Fiocca: manuale del gentiluomo conquistatore
Un libro che farà discutere firmato dall’architetto e scrittore Luca Fiocca: ‘Un breve e semiserio saggio di tecniche di approccio’
Scriveva il secolo scorso Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel Gattopardo: “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”. Mai affermazione fu più profetica e veritiera. Se pure le donne hanno conquistato terreno nei confronti degli uomini e sono maggiormente consce dei propri mezzi, avendo acquisito prestigio e autorevolezza esse amano ancora le buone maniere, le galanterie, i fiori e tutto ciò che consente loro di sognare.
Desiderano essere corteggiate, sorridono a un complimento azzeccato e adorano le nostre attenzioni. Non disdegnano nemmeno d’essere “abbordate”, perché preferiscono l’intraprendenza e il coraggio alle stucchevoli presentazioni e alle melense strette di mano sudaticce e tremanti.
Questo breve e semiserio saggio di tecniche e metodi d’approccio si rivolge a tutti coloro che, stanchi di farsi considerare alla stregua di semplici e rassicuranti autisti che accompagnano, aspirano a elaborare una propria metodologia nell’apprendimento dell’antica arte seduttoria finalizzata al raggiungimento del massimo risultato con il minimo sforzo.
Le donne, dal canto loro, leggendo il breviario, avranno finalmente un’arma in più per capire le tattiche maschili e per ideare, quindi, con le dovute contromosse, la strategia migliore.
Ora, cari amici e care amiche, giunto il momento d’andare a “caccia”. Fucile in spalla e in bocca al lupo.
L’approccio ideale
In altre parole l’approccio perfetto, quello che avviene al rovescio, cioè quando la “preda” si trasforma in “predatore”.
“Ha da accendere?”, ci chiede l’interessata guardandoci negli occhi in cerca di un cenno d’intesa. Oppure: “Ha una sigaretta?”. Può accadere, infatti, che sia la donna a prendere l’iniziativa, ma non per questo bisogna perdersi d’animo.
Quando accade una tale fortunata circostanza, significa che abbiamo raggiunto l’optimum della condizione. Ricordiamoci di portare con noi, sempre in tasca, un accendino. Con questa tecnica ho avuto modo di conoscere una sensuale trevigiana, Marina, ai tempi dell’università; una donna vivace, intelligente, colta, adorabile, generosa.
Al termine di una lezione di progettazione architettonica mi ero permesso di compiere un intervento, come mio solito ironico e tagliente, ponendomi in disaccordo con il professore sul progetto di strutture aggettanti sul fiume Brenta, oramai inquinato e maleodorante.
Marina s’avvicinò chiedendomi se fossi meridionale, perché dal mio accento si era capito che veneto non ero di sicuro, e confidandomi che alla fine del mio intervento, dal fondo aula, si era levato un coro: “Il solito terùn”.
Le risposi di sì, e da quel momento si adagiò su di me come un’ape si rifugia nel suo alveare.
Questo approccio al contrario, o passivo, è stato innescato comunque dalla curiosità, generata in una donna intelligente, da un mio comportamento apostrofato dalla massa con un’etichetta di stampo razzista.
L’originalità merita di essere condivisa con chi ha spessore e autonomia intellettiva, e ci serve per sgombrare il campo dai più, soliti a ragionare per luoghi comuni.
Non voglio scivolare nella retorica meridionalista, ma il messaggio è semplicemente quello di cercare d’essere sempre noi stessi e d’affermare le nostre idee… un Angelo sarà pronto a comprenderci e ripagarci.
Marina mi è stata vicina per alcuni anni e vi assicuro che non mi ha fatto rimpiangere nessun’altra ragazza. Siamo tuttora ottimi amici.