L’effimera arte dell’approccio non è cronaca, non è immersione. È invece un lento, vago riaffiorare di sentimenti, di conoscenza. È memoria: “Ricorda, figlio mio, le donne sono come la selvaggina, vanno prese a tempo e a volo”.

Quante volte ho ascoltato queste parole senza capirne a pieno l’intrinseco significato. Che i volatili si dovessero cacciare al volo e nell’istante in cui erano a tiro era fuori discussione, ma perché pure le femmine? Gli anni e l’esperienza mi hanno insegnato che è proprio così: le donne, infatti, vanno conosciute e frequentate nell’istante in cui si presenta l’occasione, evitando di rimandare ad altro giorno o ad altro luogo.

Le fasi obbligate delle avventure galanti del Cavaliere di Seingalt, al secolo Giacomo Casanova, ad esempio, dimostrano questa singolare teoria. Sono il frutto di una fulminea passione che precede la rapida conquista e l’ottenimento di un appagamento breve e intenso, accompagnati da una dedizione totale che è il preludio a un pronto sganciamento.

Cogli l’attimo fuggente

Perdere l’attimo propizio deriva da una certa timidezza che ci induce a rimandare l’approccio perché non ci sentiamo sicuri o temiamo il rifiuto. Così facendo, perdiamo l’occasione. Dobbiamo imparare a essere impavidi e spietati, come il cacciatore che coglie puntualmente, al volo, la preda.

Dirò di più, citando un episodio realmente accaduto: se siete in compagnia di una ragazza e una provocante autostoppista vi chiede un passaggio in auto, non esitate a darglielo. Esitate ancora meno se, durante il tragitto, vi farà intendere che ci sta. Non dovrete far altro che riaccompagnare a casa la vostra amica e proseguire la piacevole conversazione con la nuova compagna appena conosciuta.

“La vita è come l’ombra di un sogno che fugge: cogli l’attimo fuggente”. Prima di avvicinare una donna, è importante fare una rapida previsione della possibilità di riuscita dell’impresa. Occorre capire di fronte a che tipo di donna ci troviamo.

Seguendo i dettami del moderno concetto di analisi del body language, dobbiamo cercare di captare i messaggi che l’abbigliamento, le movenze, il profumo, il colore dello smalto e le calzature ci trasmettono.

La scelta della tecnica sarà fatta in funzione di tale analisi preliminare.

Il senso delle cavigliere

Un particolare che può apparire insignificante o passare inosservato al dilettante sprovveduto è la presenza di una cavigliera. Quest’accessorio è espressione del modo di essere, di comportarsi, di vivere. Ne esistono in commercio d’innumerevoli forme e tipi, di colore e misure diverse. E, a seconda del materiale di cui sono costituite, esse assumono riflessi variamente accattivanti.

Si spazia dalla cavigliera d’oro, molto sottile, quasi invisibile, tipica della donna di classe, sicura di sé, dinamica, probabilmente disponibile, ma difficile da conquistare, a quella d’argento con ciondoli annessi, alquanto chic (?), abbinata spesso a donne grossolanamente appariscenti, a volte grottesche, decisamente poco stimolanti per un uomo con un minimo di stile.

Vi sono poi cavigliere a maglia o lisce, di raso, seta, caucciù e, per finire, quella futurista: la scarpa cavigliera, i cui lacci si avvolgono sui polpacci, come un rampicante, lasciando bene in vista le caviglie.

Ebbene sì, le caviglie per l’appunto. Nulla come le caviglie e le loro dimensioni possono essere rivelatrici di qualità nascoste a prima vista.

Ho avuto modo d’appurare, nel corso delle mie esperienze sul campo, che di sovente lo spessore del magico laccio è direttamente proporzionale al grado di sensualità femminea. Intorno alle caviglie sembravano tigri da sofà.

Quindi, aprite gli occhi e cercate di rilevare anche il più piccolo particolare.