Michele Migliarini era un uomo generoso, anche con chi non conosceva, che aveva fatto dell’amore per il prossimo il suo stile di vita. Un art director assoluto. Vittima innocente come lo era la sua anima pulita.

Le parole di Roberto Alessi per Michele Migliarini

Sono devastato: è morto Michele Migliarini, la persona migliore che abbia mai conosciuto. Sei lì che mangi, brindi, ridi e ti arriva una telefonata del mio collega Carlo Faricciotti che mi chiede se sto guidando, se sono seduto. Dico col tono un po’ da cazzaro che si usa con gli amici: «Parla».

«Michele ha avuto un incidente in moto, una macchina ha invaso la corsia opposta all’improvviso, in controsenso, e l’ha preso frontalmente. Lui non ce l’ha fatta, la moglie era con lui, è stata portata in elisoccorso al CTO di Torino, ha fratturate le caviglie e il bacino, ma si riprenderà». Sono riuscito ad urlare solo un «No!». Poi le lacrime, e non ho ancora smesso. Forse scrivere di lui mi fa bene e chi lo amava.

Ma il dolore è totale, continuo a urlare nella mia mente quel “No!”. Per me, per tutti. Michele era la perfezione vivente, aveva solo 56 anni. Ed era buono, il più buono di sempre, di una bontà disarmante e mai ostentata, con un senso dell’amicizia assoluto, generoso, adorato da tutti, perfino dagli animali, tanto che anche i cani più feroci gli si accucciavano ai piedi per strada. E con una famiglia fantastica, la moglie Caterina, che per fare bene l’insegnante di sostegno si è presa una seconda laurea da poco, un figlio, Davide, un grande esperto di post produzione fotografica richiesto in tutto il mondo, e un altro figlio, Giacomo, che studia, ma la sera fa il cameriere perché «devo camminare con le mie gambe».

In più Michele era anche colto, laureato con 110 e lode all’Accademia di Brera. Ed era bello, bellissimo: alto uno e novanta, occhi neri, brucianti, la barba brizzolata, il fisico di un nuotatore che faceva 15 chilometri alla settimana di nuoto in piscina. E da dieci anni circa, io a Michele Migliarini ero attaccato come una cozza, e lo ero fino a venerdì sera: era l’art director della Rubberduck, il miglior service editoriale forse d’Europa, sicuramente d’Italia, sia per la grafica, sia per i testi, sia per i siti e i video, apprezzato da editori come Urbano Cairo, da intellettuali come il professor Stefano Zecchi, che si è rivolto a Rubberduck per un’esposizione fantastica a Palazzo Reale, e con lui da anni io realizzo Novella 2000, Visto, un magazine di Sposa, uno di Cucina, uno di Beauty.

La sua è una perdita immensa per tutto il mondo editoriale, insostituibile. Un danno che si ripercuoterà non solo sulla famiglia, condannata a un ergastolo emotivo, ma an- che per chi lavorava con lui.

Guardo le sue foto, scattate da me, e non riesco a rassegnarmi: Michele c’era, proprio ventiquattrore prima mi salutava aprendo appena la porta, per non disturbare, e solo 24 ore dopo basta, non c’è più. Per sempre. «Sono devastato», mi dice il suo socio, amico, quasi un fratello, Paolo Bosani, un altro art director strepitoso. «Era più di un fratello», mi corregge, «l’uomo più buono e più capace del mondo».

Paolo Bosani lavora con lui da vent’anni, sa e non sbaglia quando parla di Michele, ma è anche il mio pensiero, e quello di Massimo Murianni, altro bravissimo giornalista, che era in Francia in vacanza ed è voluto tornare subito. La pensano così anche Carlo Faricciotti, direttore di Visto, Adele Ucussich, ottima grafica. E giornalisti che collaboravano con lui come Tiziana Cialdea, Pierluigi
Gaudio, Matteo Calzaretta, Fabrizio Barbuto, Armando Sanchez
, ma l’elenco è lunghissimo.

Lavoriamo e piangiamo. Mia moglie Betta Guerreri, che adorava Michele, cerca di sostenermi, ma il magone annienta l’anima di tutti. Sono andato a pregare in chiesa, ma la domanda è: «Come può Dio permettere una cosa così atroce?». Un uomo guida benissimo la sua Honda, è espertissimo, rispetta i limiti, sua moglie l’abbraccia da dietro, e un altro uomo, s un auto, senza motivo, per leggerezza, invade la corsia e lo ucci- de (la moto ha preso pure fuoco).

Dio, dov’eri? Davide e Giacomo, i figli di Michele, sono andati a prendere il nonno, il papà di Michele, il grande architetto Sandro Migliarini, genovese (ma vive a Londra, anche se ha una casa a Cuggiono, dove si trovava), mentre il fratello di Michele, lo scultore Sebastiano Migliarini, che vive in Francia, è andato a Londra a prendere la madre. Ed è terribile per un padre e una madre sotterrare un figlio, un figlio così perfetto, poi.

Entro in ufficio e c’è il suo studio, il tavolo, la sua stilografica. Ma non ci sarà Michele. E la vita di tutti quelli che ho citato è spezzata, più povera, senza la sua luce. Un lutto che è una coperta di cemento sul cuore. Sono arrabbiato, furente con il destino e con il colpevole. Per ora non mi è di conforto la lettera che Davide ha scritto a tutti quelli che lo amavano. Michele mio, ti abbiamo amato tanto e continueremo a farlo. Per sempre.

La lettera del figlio di Michele, Davide, agli amici del padre

Papà amava, perché amare è la cosa giusta.

Avrei voluto scrivervi, uno ad uno, con la cura e le parole giuste per darvi la notizia di questa perdita. Purtroppo non ne ho avuto la forza e credo che le parole “giuste”, per quello che è successo, non esistano.

Papà lascia un vuoto che è impossibile quantificare o descrivere. Ma sono sicuro che per quanto profonda sia questa voragine, non sarà mai più profonda del nostro amore per lui, e del suo per voi. Questo è semplicemente impossibile. Perché papà è una di quelle rare persone che ama con tutta l’anima, mai con malizia o doppi fini.

Ama perché amare è la cosa giusta. Uso il presente perché questo amore non cessa d’esistere, ma rimane dentro voi, nelle risate, nelle avventure passate assieme, in ogni ricordo.

Papà se n’è andato in una splendida giornata di primavera. Felice. Sulla sua moto. Troppo presto per noi, forse, ma non credo che avremmo pianto di meno tra uno, due, sei o nove anni.

Chiedo a tutti voi, per ora, di celebrare così la vita di papà. Davanti a del buon cibo, chi con un bicchiere (o bottiglia) di vino, chi con un sigaro o una sigaretta, raccontate di lui. Del bene che ha portato in questo mondo difficile.

E quando vi sentite persi o non sapete cosa fare, chiedetevi “cosa avrebbe fatto Michele?” È probabilmente la cosa giusta.

Appena questa assurda ed improvvisa tempesta si sarà placata avremo occasione di celebrare e salutare papà tutti assieme. Promesso.

Vi voglio bene.

Davide.