Quando si parla di intelligenza artificiale (AI) si pensa a dei cervelloni capaci di fare calcoli complicatissimi in poco tempo. Ma questa è solo la punta dell’iceberg: alla base c’è la comunicazione. Più specificatamente, quella che nel marketing viene chiamata copywriting.

“Quando si comunica per iscritto in modo scorretto e non diretto con un collaboratore, un cliente o il datore di lavoro, la reazione sarà spesso diversa dalle aspettative portando a reazioni o decisioni sbagliate. Lo stesso accade ‘parlando’ con un’AI: un prompt (così si chiamano le richieste date ai programmi di intelligenza artificiale, ndr) scritto in modo errato o poco chiaro può generare risultati inaspettati o sbagliati, noti nel gergo tecnico come allucinazioni. Ne è certo Marco Lutzu, imprenditore ed esperto di copywriting.

La comunicazione è uno degli strumenti più potenti, e in questo momento di grande evoluzione tecnologica diventa un pilastro. Già a fine 2023 uno studio fatto da Ernst & Young in collaborazione con SWG dimostrava come la comunicazione corporate era elemento cruciale per la trasformazione aziendale in Italia, e che l’intelligenza artificiale era vista con grande fiducia. Ma solo una minoranza delle aziende la utilizzava in modo strutturato, e il settore della comunicazione avrebbe richiesto competenze sempre più evolute.

Le aziende devono quindi temere l’AI? “La risposta – dice Lutzu – risiede nell’approccio alla comunicazione. L’AI rappresenta una risorsa straordinaria, ma solo se utilizzata correttamente. Le aziende, per rimanere competitive e virtuose, devono imparare a interagire efficacemente con questi sistemi avanzati, evitando incomprensioni che potrebbero costare caro in termini di tempo e risorse. Con questi strumenti è possibile anche per il piccolo imprenditore implementare delle strategie di marketing che prima gli erano precluse a causa dei costi troppo alti che un reparto marketing completo avrebbe comportato”.

L’evoluzione tecnologica non è legata solo alla scrittura del codice di programmazione. “L’approccio alla comunicazione e al marketing in generale deve trasformarsi. Non basta più informare, bisogna risolvere. Siamo nell’era della scarsa attenzione e per rimanere sul mercato bisogna essere chiari, diretti ed esaustivi immediatamente”.

È facile comprendere che ogni cambiamento viene percepito come un pericolo, ma poi se ne apprezzano la comodità e la velocità. “È stato così anche per le e-mail. L’AI non è un nemico, ma un alleato potente, a patto che si sappia come interagirci. La chiave è una comunicazione diretta e chiara”.

Le aziende capaci di adattarsi avranno un vantaggio competitivo significativo. La sfida non è l’intelligenza artificiale in sé, ma il modo in cui ci relazioniamo con essa.

Formare i dipendenti, aggiornare le competenze e investire nella comprensione delle dinamiche di funzionamento dell’AI sono passi fondamentali. “Nell’ultimo anno ho aumentato il numero di collaboratori del 15% rispetto all’anno scorso. E tutte le nuove collaborazioni si sono concentrate nel trovare giovani volenterosi di studiare queste tecnologie che saranno la nuova normalità nel futuro”.

Da una parte c’è chi teme l’AI, dall’altra chi ne sfrutta le potenzialità. “Una cosa è chiara in tutto il mondo e in ogni settore: l’AI è uno strumento potentissimo che può amplificare enormemente le capacità umane, a patto di saperlo utilizzare correttamente”.