Al ristorante Morganti di Nicola Chiarelli (INTERVISTA)
Incontro con il titolare di Morganti, Nicola Chiarelli. Un tempo sognava il mondo dello spettacolo, ora quel mondo cerca lui…
Se vuoi mangiare bene senza essere intimidito da chef spocchiosi che ti calano un raviolo nel piatto raccontandoti che è “un’esperienza sensoriale” che però poi ti costringe a passare in pizzeria per placare l’appetito, il Morganti, enoteca e ristorante, è il tuo posto.
A crearlo è stato nel 2000 un ragazzo (ora un po’ meno ragazzo) lucano, Nicola Chiarelli, che da adolescente sognava lo spettacolo, le luci della ribalta, la TV, il cinema. Ma provenendo da una famiglia umile sarebbe stato un po’ duro esternare ai genitori i sogni di un adolescente, così aveva scelto un’altra strada.
Nicola Chiarelli, lei oggi è un imprenditore di primo piano nella ristorazione. Quale fu quella strada?
“La scuola alberghiera di Maratea, per la verità non perché avessi il sacro fuoco dello chef, del creativo in cucina. Anzi, a me è sempre piaciuto mangiare più che cucinare. Ma quella scuola offriva un lavoro sicuro, così avevo preso il ramo sala e bar, ossia cameriere, e con quella preparazione sono subito andato al Nord a cercare fortuna. Un ristorante, poi un altro… Ho lavorato tanto, a ogni orario, senza tregua, magari sacrificando la vita privata, ma la passione era più forte. Infine sono riuscito a creare il Morganti, un sogno che si avverava, nel 2000”.
Tanti sacrifici l’hanno ricompensata: a trent’anni aveva creato già il Morganti, che ora conta due ristoranti.
“Tutte e due in via Morganti, qui a Sesto San Giovanni. Ma in una dirittura d’arrivo veloce con il centro di Milano, tra Viale Monza e Viale Sarca. È un attimo essere qui da noi, e con tutta la Brianza che si apre, tutto a portata di mezz’ora d’auto”.
Non è facile per un giovane rinunciare ai propri sogni, tutti lo abbiamo sperimentato sulla nostra pelle: si ha un’idea poi si finisce altrove. Lei in qualche modo è stato ricompensato proprio dal suo lavoro: il suo ristorante oggi è frequentatissimo da personaggi dello spettacolo di casa su Novella 2000. Lei non è arrivato al mondo dello spettacolo, ma il mondo dello spettacolo è arrivato da lei.
“È vero, e questo lo trovo in un certo qual modo consolante. Da noi è di casa un grande musicista come Piero Pelù, ma anche un attore internazionale come Ronn Moss, conosciuto in tutto il mondo come Ridge, che ha interpretato in Beautiful. Ma ci puoi trovare anche Milly Carlucci che capita quando è a Milano. Non so nemmeno come ci arrivano, ancora non so come una rock star internazionale come Alan Parson abbia scoperto il Morganti, ma ormai è un cliente quasi abituale. Ovviamente quando passa da Milano, ma ci passa spesso”.
Lei non cucina ancora?
“Però curo molto il menu, cucinato da un team di prim’ordine capitanato dallo chef Robert Genes, straordinario, e mi piace offrire un menu che soddisfi il palato senza sconvolgere i gusti della nostra cucina tradizionale, senza stranezze, esibizioni chimiche, ormai siamo a una sorta di esoterismo culinario che a mio parere quasi infastidisce”.
Classico dunque.
“Classico non vuol dire noioso, anzi. Chi si pranza al Morganti va via sazio e felice, al massimo con qualche senso di colpa per non aver desistito di fronte a un risotto allo zafferano con midollo, o a una bistecca alla milanese con l’osso”.
Ma la dieta al ristorante si lascia a casa, sennò perché si esce? Per fortuna siete famosi anche per il pesce.
“Soprattutto per il pesce. Certo non mancano fiorentine, filetti, ma il menu è composto per il sessanta percento di pesce”.
Mi faccia ingolosire: se dovessi venire da lei, che cosa mi consiglia?
“Un antipasto di cruditè. Ostriche, scampi, canolicchi”.
Tutto crudo?
“Aspetti, per poi passare a antipasti caldi come capesante, polpo e patate, fritturine golose”.
Che meraviglia, passiamo al primo.
“Non può non assaggiare gli scialatielli, una pasta lucana che ricorda gli spaghetti alla chitarra, fatti in casa, ai frutti di mare, o gli strascinati ovviamente con le cime di rapa, ma le consiglierei, per provare un gusto meno comune, un sugo di carciofi e scampetti. Irresistibili”.
Non sono ancora arrivato al secondo e, solo a scriverlo, mi sento già un chilo in più.
“Mi creda che questa cucina così essenziale e gustosa ingrassa molto meno di quello che si crede. Soprattutto concludendo con una spigola al sale, quella decisamente dietetica”.
Al dolce non rinuncio.
“Be’, con quello non può pretendere di stare a dieta, ma ne vale la pena. I nostri dolci sono tutti fatti in casa. Le consiglio il tiramisù, io lo mangio da vent’anni, non mi stanca mai. Troppo buono, non resisto”.
Appena finito di scrivere corro da lei.
“L’aspettiamo e le ricordo che siamo anche un’enoteca, quella sì che è un’esperienza sensoriale”.
a cura di Gianni Lorena