La versione di Allegra Gucci

La regola aurea del silenzio soccombe dinanzi all’urgenza di chiudere una partita che dura da ventisette anni. Per Allegra Gucci, con il suo libro Fine dei giochi (edito da Piemme) è giunto il momento di raccontare la verità, di riprendere in mano il passato, senza doverlo neanche cercare perché è lì, trasparente e non modificabile. Quel ciak della vita di una famiglia venuto male e che non si può rifare. Quel passato raccontato ancor peggio – secondo Allegra – da Ridley Scott nel film House of Gucci, che tanto clamore ha generato per aver inscenato la retorica di una dinastia tratteggiandone una caricatura.

A volte raccontare la verità è molto più potente di una finzione fatta di stereotipi, si sa. Proprio l’uscita del film è stata la molla che ha incoraggiato Allegra alla stesura di questo libro. Un libro che rappresenta un testamento di verità da lasciare ai suoi figli e anche la voce da dare a suo padre, che merita giustizia. Quell’uomo solare, pieno di forza e di progetti, ingarbugliato in un destino assurdo.

Se dopo 27 anni non si ha diritto all’oblio, a riuscire a seppellire la triste storia dell’uccisione di Maurizio Gucci, e cercare un po’ di serenità, è perché la verità è ancora lontana, dunque va rivelata per siglare la Fine dei giochi.

Un colloquio immaginario

“Sono figlia di un padre assassinato, di una madre incarcerata e nipote di una stronza”. Questo annuncia il cartoncino accluso a questo libro, che è un immaginario dialogo di una figlia, Allegra, con il proprio padre, Maurizio.

Non uno sfogo ma una liberazione: poter finalmente raccontare tutto quello che è successo da quando, per mano di un sicario, la vita del padre Maurizio Gucci, nel fiore dei suoi anni, è stata brutalmente interrotta nell’androne di un palazzo di via Palestro a Milano.

E di come Allegra, con la sorella maggiore Alessandra, si siano dovute scontrare con una carrellata di figure femminili.

Cosa può fare la Gucci se non andare indietro nella memoria e rievocare ricordi tenuti nascosti? Quelli di una ragazza di appena 14 anni, già provata dalla separazione dei genitori, che con le tre parole pronunciate dalla mamma, “Papà è morto”, apprende la tragedia con cui sarà destinata a confrontarsi per lunghissimi anni, subendo le traversie più assurde e la presenza di vari personaggi.

Da quel momento il suo mondo inizia a ingranare la retromarcia. Inizia, perché la successione di lucide follie da parte di persone a lei più vicine non aspetta neanche il termine del funerale – semideserto – di suo papà Maurizio, per manifestarsi nelle intenzioni più crudeli.

Le donne di casa Gucci

Paola Franchi, convivente di Maurizio al momento dell’omicidio, riesce in un’impresa quasi epica: traslocare in una sola notte – quella successiva alla morte dell’imprenditore – dall’appartamento di circa 1000 metri quadrati nel quale viveva con Maurizio, e i cui arredi erano quasi esclusivamente di proprietà del defunto, come ben descritto nella “Convenzione di Convivenza” stipulata per definire i termini dell’unione tra i due.

Il che fa anche supporre – secondo Allegra – che non vi era l’intenzione di suo padre di convolare a nuove nozze con la Franchi. Il senso della famiglia, almeno quello, era rispettato.

Una vita in salita per Allegra, dopo l’accusa e l’incarcerazione della madre Patrizia Reggiani, quale macchinazioni della nonna Silvana. Come racconta Allegra, di potere la nonna ne ha conseguito molto.

Donne contro donne – concetto già sviscerato da Phillis Chesler -, sarebbe stato un sottotitolo appropriato per questo libro.

Allegra non manca di dire la sua anche su Giuseppina Auriemma, persona che ha fatto breccia nella vita della Reggiani dopo la separazione dal marito.

E infine Loredana Canò, conosciuta durante gli anni della detenzione.

Ci sono poi le conseguenze di un importante intervento al cervello, che hanno reso Patrizia Reggiani a volte forse incomprensibile a chi le voleva bene.

Le consolazioni di Allegra

Chi non ha potuto approfittare della situazione di grande precarietà famigliare, dopo l’uccisione di Maurizio Gucci, ha voltato semplicemente le spalle eclissandosi. Come in un circo di ipocriti, adulatori e seminatori di discordia che si dissolvono in un mare in tempesta.

Lo stesso mare nel quale Allegra e la sorella Alessandra combattevano tra onde anomale e squali.

Unica boa nella tormenta l’avvocato e amico di Maurizio Gucci, Fabio Franchini Baumann cui le sorelle Gucci devono, finalmente, il termine di quelle guerre dove il diavolo che era annidato senza sosta nei particolari di ogni singola situazione viene portato alla luce e sconfitto. Almeno è ciò che si augurano.

Oltre naturalmente al marito di Allegra. Enrico è stato lo spiraglio di luce così intenso da avere la meglio sulla cortina d’ombra che pareva inattaccabile.

Allegra con Enrico ha potuto costruire quella famiglia che tanto le è mancata e che desiderava. Perché Allegra ama la vita, nonostante tutto, e non desidera altro se non di scrivere la parte di storia che ha davanti a sé senza che altri lo facciano al suo posto.

Il rapporto con Patrizia Reggiani

Da adulta, coraggiosa nell’aver percorso l’elaborazione di un vissuto fatto di tragedie e colpi bassi, è finalmente libera di trovare il bello nel brutto e le giuste consapevolezze, soprattutto rispetto alle persone di cui ci si può veramente fidare.

Conscia dell’empatia autolesionista che ha nei confronti della madre, difesa ad oltranza per anni, per poi doversi ricredere a seguito di una mezza confessione appresa dalla TV. Allegra accetta l’insopportabile immagine di una madre fatta così.

Al contrario, Allegra sceglie di riprendersi la luce continuando a raccontare al suo papà, uomo che sapeva amare molto ma che forse non è riuscito a trovare la forma migliore per manifestarlo.

Il fatto che lui ci abbia almeno provato è però impagabile, lasciandole il lusso di un tenero ricordo del loro unico weekend, da soli a Parigi, durante il quale ha potuto vedere per la prima volta i suoi piedi nudi, risvolto di una quotidianità inesistente contro ricordi impressi a fuoco. E continuare a dirgli “Papà, mi manchi”, senza che mai questo sentimento sia stinto dall’abuso.

a cura di Elena D’Ambrogio