Alla ricerca di… Eve Arnold con Elena D’Ambrogio
Elena D’Ambrogio approfitta di una mostra a Torino per raccontare Eve Arnold, che cambiò il mondo della fotografia al femminile
“Non vedo nessuno come ordinario o straordinario. Li guardo semplicemente come persone davanti al mio obiettivo”. Questo il vangelo di Eve Arnold, che ha fatto di lei una fotografa inimitabilmente famosa. La sua leggenda è proposta in una retrospettiva alla Camera-Centro Italiano per la Fotografia della mia Torino – fino a giugno prossimo.
L’esposizione, curata da Monica Poggi e realizzata in collaborazione con Magnum Photos, racchiude le opere della Arnold dagli esordi, con scatti ancora in bianco e nero. Fino agli ultimi lavori, realizzati a fine secolo, in una successione di immagini che esaltano la ricchezza del lavoro di un’autrice divenuta un vero e proprio mito della fotografia.
Le origini
Figlia di emigrati russi che si trasferirono in America in cerca di fortuna, Eve nasce a Philadelphia nel 1926. Nonostante le forti ristrettezze economiche, i genitori riusciranno a garantirle un’educazione molto completa. Tanto da consentirle di arri- vare a frequentare la facoltà di medicina, corso di studi che abbandonerà dopo un paio d’anni. Questo a causa della sua incontenibile sete di viaggi e il bisogno di esplorare nuove esperienze di vita.
Nel ’43 si trasferisce a New York, dove incontra e sposa Arnold Arnold, da cui prenderà e manterrà il nome anche dopo il divorzio, e inizierà a lavorare in una azienda che sviluppa pellicole fotografiche.
Questa occupazione, che sembra essere stata messa sulla sua strada per onorare i disegni voluti per lei dal destino, segna l’imbocco della sua fortuna.
Il settore le susciterà curiosità, tanto da crearle il giusto viatico per il mondo della fotografia, e le insegnerà come rendere perfetta una foto. Inizia dunque a frequentare un corso per entrare al meglio nella materia. Sarà anche l’unico corso di studi di specializzazione che seguirà. Pertanto, a buon diritto, si può affermare che sia stata un’autodidatta dal talento incredibile.
I primi lavori
Eve va ad Harlem a fare degli scatti per il suo primo servizio sulla moda, che risulteranno innovativi oltre che affascinanti perché nessun fotografo avrebbe avuto il coraggio, in un quartiere ancora fortemente razzista, di realizzare un servizio di moda con modelle di colore.
Indomita Eve presenta il servizio a diverse testate giornalistiche, decidendo così di puntare su se stessa, ma viene rifiutato da tutte ed anche con disappunto. Verrà pubblicato solo tre anni dopo, e naturalmente farà scalpore.
Nonostante lei si senta nata per questo mestiere, c’è ancora in quegli anni una forte preclusione, che è un mix tra accondiscendenza e sottovalutazione per un lavoro considerato prettamente maschile.
Eve ha un carattere fortissimo e un’ambizione molto spinta, che le sono sufficienti per andare avanti incurante dei preconcetti.
La sua libertà ideologica e la sua vicinanza al mondo afro-americano, la determinazione a fuggire da qualsiasi stereotipo la guidano, e sono caratteristiche per le quali viene apprezzata.
Pioniera della fotografia
Nel ’51 Henri Cartier-Bresson la chiama a entrare nel prestigioso mondo Magnum. È la prima donna a entrare nell’agenzia di massimo prestigio per diventarne poi socia, operando una sorta di rivoluzione del mondo femminile nell’ambito della fotografia.
Il razzismo in America, l’emancipazione femminile e l’interazione tra diverse culture sono gli argomenti cardine della sua carriera.
Da Harlem, la sua evoluzione professionale la porta poi a fotografare i famosi personaggi. A partire da Marlene Dietrich, la prima ad essere fotografata dalla Arnold, cui seguirono Joan Crawford, Elizabeth Taylor, Isabella Rossellini, Monica Vitti, insieme a tanti altri.
L’amicizia con Marilyn
Gli scatti da donna a donna saranno il suo spartiacque, che le aprirà un canale preferenziale per immortalare le celebrities del momento, e a farle scoprire anche un’attitudine particolare per i ritratti.
Il suo incontro fatale è con Marilyn Monroe. In un momento in cui erano entrambe all’inizio delle rispettive carriere. Non potevano sapere quale fama avrebbero raggiunto. Erano due donne molto diverse, che percorrevano ad alta velocità la propria strada. Un cammino che le ha viste avvicinarsi molto, strette in un’amicizia profonda che non le ha mai abbandonate.
A Eve piaceva Marilyn prima che si calasse nel ruolo di Marilyn, la sua malinconia, il suo essere donna, le sue fragilità… Così l’ha fotografata. L’attrice aveva detto: “Lei mi guarda dentro, questa cosa mi spaventa un po’”.
Grazie a Eve nasce il libro sulla Monroe prodotto da Magnum. Il punto d’osservazione dei fotoreporter cambia, dagli scatti che mettono prepotentemente in risalto i divi, a quelli della Arnold che rivelano anche le loro debolezze.
Certamente il rapporto con Marilyn sarà il centro cruciale della fotografa, che adotterà però lo stesso criterio d’approccio con tutti i soggetti dei suoi scatti.
Entra nella vita e nelle case delle persone con una delicatezza e un tatto di grande sensibilità.
Le esperienze di vita in un’autobiografia
Si può, a buona ragione, sostenere che l’opera più importante di Eve non sia la fotografia ma la sua autobiografia, in cui racconta la sua storia fatta di successi e grandi difficoltà.
Una vita, la sua, ricca di soddisfazioni e realizzazioni che si spegnerà all’età di quasi 100 anni, nel 2004.
Non è solo affascinata e impressionata dal fermento politico e formativo della comunità afroamericana. Quello che la colpisce sono tutti i momenti di vita semplici ma intensi.
Decide infatti, per molti mesi, di andare negli ospedali di New York a fotografare i primi cinque minuti di vita dei neonati, e in questa scelta vi è un risvolto personale: Eve aveva appena perso un figlio. Questo aspetto doloroso le ha fatto imprimere maggior intensità al lavoro, al tempo stesso ha contribuito a restituire un ruolo eroico alla donna, quasi monumentale.
Sofferenza, potenza e sensibilità non hanno pari, si leggono a cuore aperto nei suoi reportage. Molto significativi sono stati anche il suo viaggio in Cina e, alla fine degli anni ’60, in Medio Oriente, alla ricerca dell’anima delle donne dietro al velo.
A Eve non interessava esaltare la personalità di chi fotografava, ma conoscere e presentare le persone entrando in sintonia con loro. Per Eve Arnold la fotografia è stata la memoria storica di qualunque umanità.
a cura di Elena D’Ambrogio