La storia dell’evoluzione della fotografia nel Ventesimo secolo, possibile attraverso le riviste, è presentata con la mostra Chronorama di Palazzo Grassi, a Venezia, da questo mese di marzo fino al prossimo gennaio 2024.

Un progetto ambizioso e anche imponente, basato sull’archivio della Fondazione Pinault, che ha aquisito l’archivio fotografico della Condé Nast, per discorrere di come sia cambiato il modo di pensare e di distribuire le immagini, e al tempo stesso raccontare come si è evoluto il costume della società durante il secolo breve.

Una première a livello mondiale, la mostra ripercorre, attraverso decenni, traendo i propri contenuti dalla fondazione Pinault, che ha fortemente voluto l’esposizione della sua raccolta nella città lagunare.

Com’è strutturata la mostra

Le immagini esposte seguono un filo temporale: dagli anni ’10 agli anni ’70 attraverso più di 400 immagini.

L’obiettivo della mostra è osservare il modo in cui le immagini diventano fotografia e quanto questa, a sua volta, diventi prominente nel corso del XX secolo.

È interessante notare come alle origini del tempo osservato in Chronorama ci siano illustrazioni di grande livello e qualità, per poi evolversi diventando vere e proprie fotografie. Che, letteralmente e inesorabilmente, nel corso degli anni ’10 e ’20 diventano il medium più usato dalle riviste.

Accanto a questo aspetto culturale c’è poi anche il tema di come cambi il racconto delle riviste con il maturare dei tempi, e soprattutto dopo gli anni della Seconda Guerra Mondiale.

Comincia infatti a delinearsi chiaramente un’idea di società dello spettacolo, e nelle fotografie esposte ci sono sempre più artisti, attori, attrici, modelle e gruppi musicali.

Incontriamo lo sguardo di Katherine Deneuve, di un giovanissimo Mick Jagger, Hemingway a torso nudo.

Si consolida, a livello di immaginario collettivo e di cultura di massa, il racconto delle celebrità e dello star system fatto con la genialità di oltre centocinquanta artisti internazionali. Come Edward Steichen, Berenice Abbott, Cecil Beaton, Lee Miller, André Kertész, Horst P. Horst, Diane Arbus, Irving Penn, Helmut Newton. Tra i fotografi: Eduardo Garcia Benito, Helen Dryden e George Wolfe Plank.

Immagine e sua produzione

La mostra di Palazzo Grassi dà anche modo di riflettere sulla relazione esistente tra l’importanza delle immagini e la loro costante produzione, fornendone una enorme disponibilità.

Oggi, quando scattiamo una foto con il cellulare, siamo subito consapevoli dell’immaterialità di quella immagine: non c’è alcun oggetto. La mostra Chronorama offre la fotografia come oggetto, rendendo magico il fatto che possa essere anche tattile il rapporto con le rappresentazioni stampate su carta.

Genio e coraggio è ciò che evocano queste fotografie, in una lezione di eventi, riprodotta dai più grandi fotografi del nostro tempo. Una lezione che non è scritta su antologie, ma sulle pagine delle più influenti riviste, notizie affidate ai direttori e lette da un pubblico tanto vasto quanto vario. E quindi il coraggio, lo scegliere una persona distintiva di un’epoca, un abito, un palazzo, un oggetto, per descrivere la società in cui si vive.

Un invito all’introspezione rivolto a un mondo che non solo ha riconosciuto il potere dell’immagine, ma è arrivato a creare il proprio linguaggio. Oltre al fatto che si ferma la storia con luoghi e tempi in un intreccio di suggestioni che rispecchiano e amplificano anche l’attitudine di Palazzo Grassi a esposizioni di portata grandiosa e fantastica.

La parola a Matthieu Humery

Il pubblico ha l’opportunità di sfogliare la storia e l’evoluzione della società con il solo sguardo. Ad esempio, quando ci si sofferma sugli anni ’60, quello che si legge è lo spirito spensierato del tempo, il giovane, il bello. Gli anni ’50 sono quelli dell’eleganza, il glamour, mentre negli anni ’80 la centralità è il corpo.

“Se il XIX secolo è stato l’ultimo baluardo della civiltà di cui è portatrice la parola scritta, il XX è presto divenuto il secolo dell’immagine. Così, tempo e immagini sono diventati inseparabili.

Oggigiorno la fotografia sembra essere sul punto di perfezionare un processo di estrema democratizzazione che la rende accessibile, immediata e gratuita, e in cui la collusione tra immagine e osservatore è tutto.

Questa mostra ci permette di rivivere quella che potremmo definire l’età d’oro della fotografia come forma d’arte. In un’epoca in cui ogni minuto vengono creati milioni di immagini, condivise poi all’istante, Chronorama riveste un ruolo di grande importanza, un ruolo di trasmissione all’attuale e alle future generazioni”, sottolinea Matthieu Humery, consulente per la fotografia presso la Pinault Collection.

Ammirare, raggruppati tutti insieme, in un’ambientazione doverosamente accogliente e con i giusti spazi che enfatizzano quanto rappresentato, rende merito all’immortalità che il soggetto, o la situazione, o il paesaggio, identificano in quel momento. E i bravi fotografi ne fanno un’opera d’arte.

Comunque, emerge la creatività fine a quel momento, a quello stato d’animo, o stato sociale, o denuncia o contemplazione.

Avere buon senso dell’arte è saper trasmettere al meglio la realtà messa a fuoco.

a cura di Elena D’Ambrogio