Alla ricerca di… Jo Squillo che presenta sua figlia Michelle con Elena D’Ambrogio
Jo Squillo presenta per la prima volta a Novella 2000 la figlia Michelle, di cui ci ha parlato dopo averla presentata al Novella Party a Villa ReNoir
“Figli dell’arcobaleno, fratelli del sole, sorelle della luna, io vi benedico nel nome degli angeli”. Giovanna Maria Coletti, nota al pubblico con lo pseudonimo di Jo Squillo, con questo singolare augurio brinda alla vita, alla rinascita. E ce la racconta.
Chi è Michelle, la figlia di Jo Squillo
Della tua carriera, che conosciamo e apprezziamo, hai fatto un’interessante sintesi durante la partecipazione al Grande Fratello VIP. Partiamo da lì.
“Credo che le esperienze così totalizzanti abbiano un significato profondo, soprattutto in un momento in cui avevo espresso la voglia di comunicazione, di comunione, di rinascita, di un colore diverso rispetto a quel dolore che tutti noi abbiamo vissuto.
Io ho vissuto la morte di entrambi i miei genitori, a distanza di un mese l’uno dall’altro. Un dolore immenso, che in qualche modo ho elaborato con la necessità di ritrovare la gioia per la vita. L’ho fatto, per esempio, durante il lockdown, con 55 giorni di diretta su Instagram. Mettendo musica tutti i giorni ho cercato di invitare sul terrazzo di casa mia tutte le persone che erano sole, portando quell’allegria e spensieratezza pur nella consapevolezza del momento. Da lì è nato un movimento di persone fatto di relazioni che crescono, con voglia di autenticità.
Al GFVip mi hanno chiamata per portare questo racconto di autenticità, con allegria ma anche un’attenzione speciale a ciò che ci stava accadendo.
Ho fatto il mio ingresso nella Casa con la bandiera arcobaleno, ho portato le mie posizioni sulla condizione delle donne in Afghanistan, sul tema della giustizia”.
E in un momento particolare è venuta alla ribalta una presenza per te fondamentale: Michelle.
“Michelle è stato un incontro magico, un angelo venuto dal cielo, il passaggio dalla morte (quella dei miei genitori) alla vita (una figlia)”.
Che avresti sempre voluto?
“Sempre, ne avrei voluti 5 di figli”.
Perché lei ti ha conquistata tanto da viverla come una figlia?
“Lei è speciale, una cucciola meravigliosa, elegante. Mi assomiglia, è proprio il testimone di qualcosa arrivato dal cielo. Michelle sembra nata per essere mia figlia. È stata lei a chiamarmi mamma. Io per un po’ ho tergiversato, per rispetto verso i suoi genitori biologici, cercando di non turbare gli equilibri tra loro”.
Un amore diverso
Dunque Michelle ha i genitori.
“Lei ha due madri e due padri”.
Una ragazza fortunata ad avere un amore genitoriale al quadrato.
“Quando la vedi capisci che è speciale nell’animo. Viviamo insieme da almeno quattro anni. È arrivata nella mia vita come se fossimo predestinate a essere famiglia. Mi piace che si dia da fare – si è appena laureata – che lavori, che abbia sempre begli stimoli per il suo futuro. Al Grande Fratello ha detto che io sono nata per essere la madre del mondo, questo mi ha molto
emozionata”.
Un incontro che ha aperto un meraviglioso mondo ad entrambe.
“Il destino supremo ha deciso così e non posso che essere felicissima”.
Questo ha cambiato il senso del futuro per te.
“Il senso di responsabilità cambia. È bello pensare di lasciare un’eredità, non solo materiale ma una continuità di pensieri, di intenti. Darle buoni esempi, indicazioni, una struttura interiore solida, consegnarla al futuro preparata, pronta. Al momento credo di averla contagiata a questa attenzione verso il sociale. Provare gioia non solo per i divertimenti ma anche per una forte propensione verso il prossimo, mi rende fiera di lei. Sentirsi bene per aver fatto qualcosa di buono fortifica”.
L'”artivista” Jo Squillo
Negli Anni 80 tutto sembrava possibile. È possibile anche adesso?
“Adesso non è possibile, è necessario. Dobbiamo spenderci per invertire la marcia della brutalità. Tutte queste morti di donne deve finire. Noi ci stiamo impegnando moltissimo con l’associazione Wall of Dolls, una Onlus che ho creato otto anni fa a Milano, adesso diffusa nell’intero paese. Siamo tutti anestetizzati dal dolore e abbiamo paura di approfondire argomenti così seri, ma la capacità di guardare e di gestire queste emergenze ci fa sentire umanamente utili e più attenti. Non siamo l’eredità dei nostri genitori, ma un prestito per i nostri figli, abbiamo l’obbligo umano e morale di lasciar loro un mondo dignitoso”.
L’aridità stessa di questi giorni quanto riflette l’aridità interiore?
“Chi ha creduto nel cambiamento cercando di capire, ad esempio negli anni 2000, cosa sarebbe stato il futuro, si è dato da fare. Adesso è più complicato, sembra quasi ridicolo che una persona possa pensare di cambiare il mondo. Invece sì, perché no! Il cambiamento deve partire dalla persona, ciascuno di noi è chiamato a farlo, per il bene proprio e quello collettivo”.
Sei stata imprenditrice di te stessa realizzandoti in diversi ambiti, con volontà e determinazione.
“Mi ritengo una artivista: un’artista capace di spaziare dalla musica alla moda all’impegno sociale, unendoli armonicamente”.
a cura di Elena D’Ambrogio