Alla ricerca di… Vincent Peters con Elena D’Ambrogio
Elena D’Ambrogio ci conduce alla scoperta della retrospettiva di uno dei fotografi più talentuosi al mondo, ora a Milano: Vincent Peters
Un artista che gioca con il tempo
Nulla meglio di uno scatto fotografico ferma il tempo. E quel tempo, in quel dato momento, diventa automaticamente immortale, quasi una visione quantica. Timeless Time è infatti il titolo della mostra, in questi giorni a Palazzo Reale di Milano, del fotografo Vincent Peters.
“La fotografia è una continua lotta per cercare di preservare quel tempo che ti scorre costantemente tra le dita come la sabbia sulla spiaggia”.
Una grande saggezza, vecchia come il mondo, che il fotografo, nato a Brema in Germania 54 anni fa, mutua nella sua filosofia di vita e coniuga nella sua professione.
Avere una mostra dedicata al proprio lavoro è un risultato molto eccitante, che racchiude, dopo trent’anni di lunghi viaggi, ricerche, riflessioni, una carriera brillante. Anzi, piena di luce come lo sono i protagonisti dei 90 scatti in bianco e nero della sua retrospettiva.
“C’è un tempo che controlliamo, se vogliamo parlare di tempo e di fotografia. Sono molto legato al modo in cui affrontiamo il tempo oggi, ma penso ci siano due diverse prospettive che abbiamo sull’argomento. Una è quello che facciamo con il nostro tempo, l’altra è quello che fa il tempo con noi e cosa facciamo senza tempo: lo misuriamo, lo accorciamo, cerchiamo di controllarlo”.
Questo il focus del fotografo. Questo il momento del fascino di quando riesce a fermarlo. Ed anche un’antica favola e il più intimo desiderio, quello di poter sospendere il passare del tempo. Più ne controlli il processo più ce l’hai in pugno.
L’artista che ha fotografato Kim Basinger, Monica Bellucci, Vincent Cassel, Charlize Theron, Penelope Cruz (solo per citare alcuni dei volti noti da lui immortalati) ha dato origine a un moderno Olimpo, in cui i ritratti sfumano in atmosfere da cinema neorealista italiano.
Le origini di Vincent Peters
Inquieto e lontano dal mondo artistico della sua famiglia Vincent Peters, dopo un’infanzia turbolenta, stenta a inserirsi nel mondo del lavoro. Ma ha una grande certezza: quella di voler pigiare il tasto sulla macchina fotografica.
Solo alla fine degli anni 90, portando alcune sue foto in un’agenzia di moda, inizia a ricevere apprezzamenti.
Il punto di svolta avviene a New York, dove è notato dal fratello del celebre fotografo Mario Testino, che lo catapulterà nel mondo della fashion photography.
Molte, da lì in poi, saranno le campagne pubblicitarie di somma portata a sua firma, come: Miu Miu, Yves Saint Laurent e Bottega Veneta, a cui si aggiungono griffe quali Dior, Louis Vuitton, L’Oréal, Lancôme.
La sua grande capacità è quella di catturare con intensità e introspezione i soggetti, filtrando l’aspetto più psicologico e senza tempo.
L’arte di Peters
Uno dei temi ricorrenti dei suoi ritratti è far emergere non ciò che si vede impresso con l’immagine, ma ciò che esso evoca in chi lo guarda. Che è poco attinente al soggetto della foto, bensì legato allo stato emotivo che ne scaturisce. La chiave del suo operare è scoprire ciò che rivela nello spettatore la visione del suo scatto.
Enfatizzando i contrasti in una composizione sempre bilanciata, Peters fa sì che l’intreccio tra subconscio e conscio, attraverso le celebrities, sia immediato, e garantito dalla sua bicromica cifra stilistica.
È un po’ come prestare i volti famosi a differenti versioni di ciò che sono esattamente, in cui chi ammira si identifica. Un’opportunità – dice lo stesso fotografo – “per creare un contatto umano che permette di vedere se stessi e l’un l’altro”.
Vincent Peters ama citare la frase di uno scrittore portoghese che lo ha ispirato
“Nella colonia che chiamo me stesso ci sono sempre nuove persone che si incontrano e che pensavo non fossero mai esistite”.
I personaggi celebri sono grande fonte di ispirazione sia per il fotografo che per lo spettatore, perché fanno sognare.
Sappiamo tutti che questi personaggi esistono davvero da qualche parte, ma non fanno parte della nostra vita reale. Nonostante ciò assumono un ruolo importante, diventano attori del nostro mondo di speranze, di paure, di sogni, e recitano la parte che va oltre l’immagine estraendo quelle emozioni che spesso restano inespresse.
Senza invadere alcuna vita privata, non c’è curiosità per Vincent, ma solo un processo di liberazione emotiva che si rivela attraverso i suoi ritratti, per farli propri, o per scoprire qualcosa di sé.
“Avere il coraggio di cercare qualcosa di unico nel proprio intimo e cercare di mostrarlo con tutte le emozioni che si connettono con gli altri là fuori. Questo per me è il contributo più significativo che possiamo dare”.
Luce e emozione. Vincent Peters, attraverso le sue opere, ne fa una vera e propria terapia, e con l’esposizione a Milano ne fa anche la realizzazione di un suo sogno personale.
a cura di Elena D’Ambrogio