Alla ricerca di… Fabio Viale con Elena D’Ambrogio
Elena D’Ambrogio incontra il giovane artista Fabio Viale, che a Torino mescola classico e contemporaneo con sorprendente innovazione
Una mostra fra tradizione e innovazione
Tra le meraviglie del Palazzo Reale di Torino si è inaugurata la Mostra di Fabio Viale, artista piemontese di grande innovazione.
Enrica Pagella, direttrice dei Musei Reali di Torino, racconta Fabio Viale come lo scultore che dialoga con la cultura dei musei, perché tratta di opere contemporanee che riprendono grandi capolavori della storia del calibro di Canova e Michelangelo, che vengono reinterpretati attraverso la mano dell’artista e attualizzati con una tecnica particolare che è quella del tatuaggio. Una forma d’arte popolare, che colloca anche questi grandi lavori della tradizione all’interno delle problematiche dei nostri tempi.
“È tanto tempo che desideravo fare una mostra a Torino”, dice l’artista, “una grande emozione, perché è la città in cui ho iniziato e con la quale collaboro”.
Il curatore Roberto Mastroianni considera Viale un artista internazionale, che attraverso la scultura ha lavorato sui modelli eterni dell’arte, piegando di volta in volta sulla scelta dei materiale e sulla ricerca delle tecniche e sull’esplorazione dell’immaginario individuale e collettivo.
Fabio Viale apre una dialettica tra tradizione e innovazione, tra classico e contemporaneo, tra bellezza eterna e tribalismo metropolitano. In questa In between è stato possibile pensare una mostra sia all’interno che all’esterno dei Musei nel dare ragione del presente e del passato.
Intervista a Fabio Viale
Ma come ci è riuscito Fabio Viale?
“Il mio percorso è stato quello di lavorare sulle opere talmente intensamente da rendere ciascuna di loro una crescita per quella successiva. Cerco di fare opere che non si possano inquadrare, devono vivere nello spazio. Dove il pubblico si nutre, rimane rapito e cerca immagini da portarsi via, che rimangano indelebili nella loro mente. Questo è il ruolo dell’arte contemporanea oggi. È incredibile come possano convivere con una vera e propria comunicazione invisibile sculture che vivono da millenni con quelle realizzate oggi”.
Sono opere maestose quelle di Viale, e come tali non potevano che essere collocate nella maestosità di Palazzo Reale. Me ne parla con orgoglio il curatore Filippo Masino, che ho incontrato per una visita privata della Mostra.
“Una mostra che abbiamo pensato per interagire con le nostra architettura e con le nostre collezioni. Infatti è dislocata in più punti, a cominciare dalle sei statue monumentali nello spazio trionfale davanti a Palazzo Reale, tra le quali la Venere di Milo. Nella corte d’onore c’è la mano di Costantino, il cui originale si trova nel cortile dei musei capitolini di Roma. E poi le statue all’interno trovano un contesto che arricchisce il significato stesso delle opere. Dalla Venere Pudica, ad Amore e Psiche, tatuata come usano le donne afghane in un’unione storica di peccato e perdono. Un’armatura antica messa in relazione con quelle delle collezioni reali, e infine il Cristo nella cappella della Sindone che amplifica il senso di raccoglimento”.
“Realizzai le prime statue tatuate”, ci racconta Viale, “perché vidi le mani di un tatuatore russo che avevano impresse tutta una serie di simboli che non avevano nulla a che vedere con i tatuaggi decorativi in uso quindici anni fa. Erano tatuaggi fatti nelle carceri, spesso imposti ai detenuti, narrativi della vita del criminale. Approfondii e pensai che sarebbe stato fantastico realizzare una scultura, tipo il David di Michelangelo ricoperto da questi tatuaggi criminali, e così feci. E da lì scelsi delle sculture che sono icone della storia dell’arte, estremamente riconoscibili e quindi di grande effetto, iniziando a decorarle con questi tatuaggi.
Una corazza a misura di… Fedez
Mi resi conto che: se da una parte c’è la componente artistica originale dell’opera, dall’altra questi simboli creano una tensione che mettono in discussione l’estetica dell’opera e allo stesso tempo generano un legame tra passato e contemporaneità. Una dualità: si allontanano per poi trovare un avvicinamento. Per questa sensazione iniziale decisi di realizzare queste opere monumentali che si possono vedere a Palazzo Reale di Torino. Quando stavo realizzando Amore e Psiche avvenne un fatto terribile in Afghanistan che mi ha fatto pensare alla precarietà della donna in alcuni paesi per cui ho deciso di tatuare solo Psiche ispirandomi ai decori medio orientali”.
La corazza che riproduce fedelmente i tatuaggi del torso di Fedez, marito di Chiara Ferragni, è l’opera che forse più umanizza la carrellata di Viale, sia per il personaggio pubblico cui si è ispirato, icona dei giovanissimi, sia perché è indossabile nonostante il peso del marmo.