L’anima dell’estetica con Giuseppe Sito: tutto sul seno
Il professor Giuseppe Sito sviscera tutto quello che c’è da sapere sui trattamenti al seno: dalla mastoplastica al posizionamento delle protesi
Mastopessi, mastoplastica additiva, mastopessi con protesi, mastoriduttiva, mammella tuberosa, sottomuscolo, sotto il muscolo o retroghiandolare. Sono tutti termini che indicano interventi o patologie del seno, meglio detto mammella femminile, e che talvolta ci lasciano un po’ spaesati. Cerchiamo di capire meglio cosa significano, e qual è il termine più adatto a quel che abbiamo in mente.
Mastoplastica additiva
Iniziamo con il più semplice, la mastoplastica additiva. Pensate, innanzitutto, che da ricerche promosse dalle maggiori società scientifiche del settore la mastoplastica additiva è il più comune degli interventi chirurgici oggi eseguiti in Italia, più della colecistectomia, e ancor più delle appendiciti o delle tonsillectomie.
Questo lascia capire quanto interesse ci sia dietro la possibilità di ingrandimento del seno, che d’altra parte è un sicuro segno di femminilità, e quanto desiderio di essere più formose c’è oggi in Italia.
Sono passati i tempi di Twiggy o della donna grissino o della donna filiforme. Oggi l’opinione comune, ma soprattutto delle nostre donne, è che la donna debba essere con le forme giuste al posto giusto, e il décolleté debba essere sempre ben rappresentato.
D’altronde, quella che viene chiamata “autostima” e che per secoli nella donna è stata mortificata, viene oggi a essere addirittura esaltata con scelte ragionate e consapevoli.
E allora, quando Madre Natura non ha favorito la paziente… interviene il chirurgo plastico a compiere la magia.
Ormai gli interventi di mastoplastica additiva si eseguono quasi tutti in anestesia locale, con una sedazione che fornisce l’anestesista che deve essere sempre, ma proprio sempre, presente, in un cosiddetto ambiente clinico, ovvero in un ambulatorio chirurgico autorizzato o in clinica. Niente appartamenti raffazzonati, niente scale da salire o scendere, non si sa mai!
All’intervento devono essere fatti precedere gli esami clinici, che talvolta sembrano tantissimi ma che sono in realtà particolarmente utili al chirurgo per conoscere il reale stato di salute della paziente. Noi operiamo solo e soltanto donne in buona salute e talvolta – fortunatamente di rado – dagli esami vengono fuori delle “sorpresine” che è meglio conoscere prima!
Il posizionamento delle protesi
Ma le scelte da fare assieme alla paziente non terminano qui, con l’accertamento della buona salute. Ora, coloro che si sono avvicinate, anche leggendo solo sui giornali, alla mastoplastica additiva, hanno certamente sentito parlare (se non visto in palestra o da qualche amica) che esiste la possibilità di un posizionamento della protesi retroghiandolare o sottomuscolare.
Che significa, e quali sono i rischi e i benefici dell’una o dell’altra tecnica?
Immaginiamo una penna o due matite, e proviamo a porle sotto un velo di stoffa, ad esempio sotto la manica di una camicia, a diretto contatto con la pelle. Si vedono? Sì, si vedono, e questa cosa potremmo paragonarla al posizionamento retroghiandolare, ovvero sotto la ghiandola e prima del muscolo.
Naturalmente perché delle matite si veda solo l’immagine o il piccolo rigonfiamento, dobbiamo nasconderle bene, altrimenti se ne vedrebbero i contorni.
Proviamo ora ad indossare, al di sopra della camicia, un pullover, e ripetere l’esperienza delle matite. Si vedono ancora? No, non si vedono più, perché lo strato che le separa dalla pelle è aumentato, così da nasconderle perfettamente e lasciar vedere solo il rigonfiamento, ovvero l’ombra delle matite. Ecco, queste sono le protesi messe retromuscolari, ovvero coperte sia dalla cute che dalla ghiandola mammaria e dal muscolo.
In questo caso, per nascondere la protesi abbiamo dovuto coprirla anche con il muscolo. Ottenendo così solo un piacevolissimo rigonfiamento del seno. Le differenze? Vediamole.
Pro e contro dei diversi posizionamenti
Protesi retroghiandolari: Forma del seno più naturale e protesi che si muovono con l’inclinazione del torace. Meno doloroso.
Quasi sempre nessuna necessità di drenaggio. Rischio che arriva al 5-6 % di contrattura capsulare, di livello variabile, ma che può diventare anche molto dura nell’anno successivo all’impianto.
Protesi sottomuscolari: Impianto molto doloroso per cinque/sei giorni. Molto frequente la necessità di un drenaggio per almeno 48 ore. Protesi più rigide e pelle più tesa che però incontra spesso il favore delle più giovani.
Rischio bassissimo di contrattura capsulare. Sono molto trendy.
Come vedete, ogni intervento ha i suoi pro e contro, ma l’importante è decidere. Poi, assieme al chirurgo prescelto, si potrà concordare come procedere, con il maggior numero di informazioni possibili e la certezza di fare la scelta migliore.
Eccoci allora arrivati alla fine… e delle anatomiche o delle tonde? Abbiate pazienza, abbiamo ancora tanto da dirci…
a cura di Giuseppe Sito