Avvocato di Difesa: col telefonino diritto alla segretezza
Quali sono le norme che regolano gli smartphone e la loro protezione da indebite intrusioni? Ce ne parla l’avvocato Leonardo D’Erasmo
Lo smartphone rappresenta il compagno quotidiano di tutti noi. Il nostro rapporto con il cellulare però rischia, con l’evolversi delle nuove applicazioni e tecnologie, di diventare sempre più morboso. Lo smartphone può inoltre diventare facilmente il nostro peggior nemico, soprattutto a causa di una serie di comportamenti che mettiamo in atto e che apparentemente sembrano azioni quotidiane e normali, ma possono provocare la violazione di diritti di terzi.
Smartphone e tutela della privacy
Si pensi ad esempio all’azione d’inviare screenshots di conversazioni private a una terza persona, alla registrazione di una conversazione telefonica o di un audio vocale, all’invio di foto private altrui o, ancora, allo spiare chat, messaggistica o mail.
Si tratta di condotte che appaiono a prima vista innocue, soprattutto per la frequenza con cui le attuiamo, ma che possono avere ripercussioni da un punto di vista legale.
L’incredibile evoluzione dell’universo tecnologico ha provocato un incremento dei dati personali che viaggiano in rete, e al contempo un aumento esponenziale dei pericoli connessi al loro utilizzo illecito da parte di soggetti che non vi sono autorizzati.
Da qui l’esigenza di diffondere la cultura della tutela della privacy e dei dati personali.
Ognuno di noi ha infatti diritto a tenere segreti aspetti, atti o comportamenti legati alla nostra sfera intima, e a impedire che queste informazioni siano divulgate. Soprattutto laddove questi dati identifichino o rendano identificabile una persona fisica, fornendo informazioni su sue caratteristiche, stato di salute o situazione economica.
Come sopra anticipato talune condotte, se poste in essere in assenza del consenso del soggetto interessato, possono originare conseguenze legali spiacevoli. Ma quando accade ciò? Di seguito, una serie di esempi.
Nel caso di registrazioni
Nell’ipotesi di una registrazione fonografica o videografica di una conversazione alla quale si partecipi o si assista avendone il permesso, anche se eseguita clandestinamente (ad esempio, nascondendo l’apparecchio di registrazione), non sussistono margini di illiceità.
Pertanto, in linea generale, possono essere compiute registrazioni anche in mancanza di espressa approvazione da parte degli interlocutori.
Lo stesso non può dirsi laddove la conversazione venga diffusa.
La diffusione, infatti, non è consentita senza l’assenso di tutti coloro che vi partecipino. A meno che non avvenga con lo scopo di far valere o difendere un proprio diritto in sede giudiziaria, ovvero per finalità giornalistica.
In quest’ultimo caso, in particolare, la divulgazione del contenuto di conversazioni, laddove sia essenziale a fini di informazione e inerente a fatti o eventi di interesse pubblico, è giustificata da un vero e proprio diritto di cronaca.
Deve ritenersi altresì vietato registrare e diffondere, senza il consenso degli interessati, conversazioni alle quali neppure si partecipi.
Infatti, chi attua una condotta di questo tipo attua un illecito trattamento dei dati personali altrui. E per di più incorre in reato, violando l’art. 615 bis del codice penale, che prevede e punisce con la reclusione le interferenze illecite nella vita privata altrui.
Nel caso di screenshot condivisi
Un altro comportamento che in alcuni casi integra ipotesi di reato, pur essendo ormai diventato abitudinario, è rappresentato dall’invio, tramite screenshot o l’inoltro di messaggi individuali, di una conversazione privata a uno o più soggetti terzi.
La semplice condotta di conservare il fermo immagine di una chat non è contestabile. Tuttavia, se un individuo pubblica lo screenshot oppure lo inoltra e dal fermo immagine è possibile evincere dati personali di un interlocutore, pone in essere un’illecita violazione della normativa in materia di privacy e del trattamento dei dati personali, incorrendo in sanzione penale.
A ciò si aggiunga che la condotta appena descritta, qualora avesse a oggetto una conversazione privata idonea a ledere l’altrui reputazione e lo screenshot venisse inoltrato ad almeno due persone, integrerebbe altresì la fattispecie delittuosa della diffamazione di cui all’art. 595 del codice penale.
Tra i dati personali che permettono di identificare la persona vengono fatte rientrare anche le immagini e i video che ritraggono soggetti terzi. Pertanto, integra condotta illecita anche la diffusione di essi. E, se da tale diffusione derivasse la lesione della reputazione altrui, si configurerebbe anche il suddetto reato di diffamazione.
Nel caso di materiale a sfondo sessuale
Ancor più grave risulta la diffusione delle immagini, se le foto e i video hanno contenuto sessuale. Condotta peraltro molto frequente al giorno d’oggi, e sulla quale occorre fare un distinguo.
L’invio e la ricezione di contenuti erotici sull’applicazione WhatsApp, con il consenso di entrambe le parti, non è considerata condotta illegale. A meno che non si tratti di foto o video che raffigurano soggetti minori di età.
In quest’ultima ipotesi, infatti, la condotta configura i reati di cui agli artt. 600 ter e 600 quater del codice penale, che prevedono e puniscono, con pene particolarmente severe, la detenzione nonché la distribuzione, divulgazione o pubblicizzazione di materiale pedopornografico.
La rilevanza penale della condotta descritta, peraltro, non viene meno laddove il minore ritratto acconsenta all’invio dello scatto.
Al di fuori di questo specifico caso, non configura condotta illecita quella di detenzione di materiale pornografico raffigurante una persona maggiorenne. Ma è pur sempre illegale la condivisione di un’immagine intima di un individuo senza il suo espresso consenso, anche laddove l’immagine sia stata volutamente inviata dal soggetto ritratto.
Con riferimento a questa ulteriore ipotesi, infatti, è stato di recente introdotto, nel testo del nostro codice penale, con la Legge n. 60 del 19.07.2019, il c.d. Codice Rosso, lo specifico reato di revenge porn, previsto e punito all’art. 612 ter.
Nel caso di diffusione del numero di telefono
Un altro elemento che può ricomprendersi tra i dati personali di ogni individuo è il numero di telefono. Questo, come tale, non può essere comunicato a soggetti terzi oppure pubblicato senza il consenso del titolare, incorrendo altrimenti in un illecito trattamento dei dati personali.
Sul punto occorre anche osservare come, nell’ambito del nostro ordinamento, costituisca illecito trattamento dei dati personali anche inserire un soggetto in un gruppo WhatsApp senza che lo stesso approvi tale inserimento. Proprio perché, in questo modo, verrebbe automaticamente diffuso il suo numero telefonico a tutti i contatti all’interno del gruppo.
Nel caso in cui si spiino la corrispondenza altrui
Un’altra condotta molto diffusa è quella di spiare le mail, le chat e gli sms altrui.
Questi ultimi rappresentano le nuove forme di corrispondenza, e la libertà e la segretezza della corrispondenza è diritto riconosciuto e garantito dall’art. 15 della Costituzione italiana.
Secondo gli studi, questa azione è attuata soprattutto da parte del coniuge o del partner, e rappresenta la modalità principale attraverso cui viene scoperta l’infedeltà dell’altro.
Può essere compiuta sia violando le credenziali di accesso altrui, ottenendole con l’inganno o attraverso tentativi, oppure laddove la persona interessata, basandosi su un rapporto di fiducia, comunichi le proprie password o i propri codici di sblocco ad altri. In entrambi i casi, comunque, si incorre in una violazione della privacy.
Tuttavia, laddove vengano violate le credenziali di accesso, si rischia di commettere anche il reato di accesso abusivo a sistema informatico, previsto e punito dall’art. 615 ter del codice penale.
Alla luce di tutti gli esempi fatti, risulta evidente come alcune delle condotte più diffuse nella società attuale siano sottovalutate, e come sia importante che ciascuno di noi si informi maggiormente sulle possibili conseguenze delle proprie azioni, per evitare di incorrere in sanzioni anche particolarmente afflittive solo per una sorta di ingenuità e mancata conoscenza.
a cura dell’avv. Leonardo D’Erasmo, l’avvocato dei VIP (Milano e Roma)