Avvocato di Difesa con Leonardo D’Erasmo: come difendersi dal revenge porn
L’avvocato Leonardo D’Erasmo spiega ai lettori di Novella cosa s’intende per revenge porn, come evitarlo e cosa fare se lo si subisce
a cura di Leonardo D’Erasmo (IG: @avvleonardo)
Può capitare a chiunque di scattare una fotografia che mostri la propria nudità oppure girare un video che abbia un qualche contenuto sessuale. Molto spesso, a seguito di queste azioni, accade che le fotografie o i video in questione entrino in possesso di una o più persone. Oppure, ancor peggio, che si diffondano presso un numero indefinito di individui. È importante sapere che, in questi casi, anche se la foto o il video siano stati inoltrati ad altri volontariamente, chiunque li riceve non può in alcun modo prodigarsi a diffonderli ulteriormente.
Nell’ambito del nostro ordinamento, infatti, se tale condivisione dovesse avvenire senza il consenso della persona ritratta, chi diffonde il contenuto commetterebbe reato. Incorrerebbe dunque in responsabilità penale.
Cos’è il revenge porn
La condivisione non consensuale di materiale intimo altrui si verifica pertanto ogniqualvolta un soggetto si adoperi alla divulgazione di immagini, fotografie o video che ritraggono una o più persone in situazioni di intimità o nudità, senza che queste persone interessate abbiano mai acconsentito alla diffusione di tale materiale a soggetti terzi.
Si tratta di un fenomeno che, allo stato attuale, è sempre più diffuso e preoccupante. Tanto che negli ultimi periodi sono aumentate esponenzialmente le vittime di tali condotte.
Si pensi che, secondo il rapporto del servizio analisi della Direzione centrale della polizia criminale, tra il 2019 e il 2020 sono stati denunciati circa 718 casi di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti.
La Polizia Postale, inoltre, ha constatato un aumento dei casi di revenge porn pari al 78% nell’anno 2021 rispetto all’anno precedente.
Peraltro, secondo gli studi sul fenomeno, le vittime sono per l’81,62 % di sesso femminile. Questo è un dato per nulla marginale, se si pensa al fatto che tale condotta ha acquisito rilevanza penale nel nostro ordinamento proprio a seguito di sconvolgenti eventi di cronaca che hanno interessato donne, la cui privacy è stata totalmente violata da uomini con cui le stesse intrattenevano relazioni sentimentali.
È comunque bene tenere a mente come la creazione di materiale ritraente nudità, a prescindere dall’invio di detto materiale a soggetti terzi, sia comunque pericoloso. Anche se eliminate dal dispositivo, infatti, le immagini rimangono salvate su piattaforme come iCloud, Dropbox e Drive, sulle quali c’è il rischio che siano documentate per sempre.
I sistemi di archiviazione di backup di certo non sono d’aiuto per la nostra tutela e protezione.
Da Tiziana Cantone a Guendalina Tavassi
Come anticipato sopra, però, ad avere spinto il legislatore a intervenire sul fenomeno è stato lo sviluppo di casi di cronaca, tra cui la triste vicenda di Tiziana Cantone, morta suicida nel 2016 proprio a causa di un evento di questo tipo.
Tale vicenda ha infatti introdotto il nuovo concetto del c.d. revenge porn (letteralmente “vendetta porno” o “vendetta pornografica”), che consiste nel vendicarsi del proprio ex partner, a seguito di una relazione sentimentale ormai conclusa, attraverso la diffusione di video o fotografie intime dell’ex fidanzata senza il consenso di quest’ultima.
Si tratta chiaramente di immagini scattate in un tempo in cui la relazione andava a gonfie vele, e che malauguratamente sono ancora in possesso dell’ex il quale decide di usufruirne poiché mosso da rancore personale o per recare puramente un danno all’immagine e al pudore della vittima.
Più nello specifico si sono verificati casi in cui le immagini sessualmente esplicite venivano utilizzate a mero scopo di minaccia, quindi per ricattare la vittima e costringerla a subire vessazioni di ogni sorta pur di evitare la pubblicazione delle immagini.
In altre ipotesi, invece, il materiale è diventato virale sul Web, soprattutto sui social network. Le vittime hanno allora scoperto la presenza di propri video o foto sessualmente espliciti sia su veri e propri siti porno sia su gruppi o profili a sfondo erotico.
Altro caso di cronaca è quello di Guendalina Tavassi, di cui mi sono personalmente occupato e del quale vi parlerò in maniera più approfondita nel prossimo articolo.
Gli ultimi interventi normativi
L’evolversi sempre più rischioso di questo fenomeno ha reso necessario un recente intervento normativo, anche e soprattutto alla luce del fatto che il revenge porn può avere un forte impatto emotivo sulle persone che lo subiscono.
Non mancano infatti storie di cronaca riguardanti giovani donne che non hanno sopportato il peso della vergogna.
Il revenge porn rappresenta infatti una delle principali novità contenute nel c.d. “Codice Rosso” (Legge n. 69 del 19 luglio 2019), che ha introdotto nel codice penale il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti.
Nello specifico, l’art. 10 del Codice Rosso ha inserito nel codice penale l’art. 612 ter, che prevede e punisce, anche molto severamente, la condotta sopra descritta, stabilendo la pena della reclusione da uno a sei anni e la pena della multa da 5.000,00 a 15.000,00.
La pena prescritta, peraltro, è aumentata al ricorrere di tre ipotesi peculiari. L’aumento è previsto infatti laddove i fatti vengano commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, oppure da persona che è attualmente legata o è stata in passato legata da relazione affettiva con la vittima, nonché nel caso in cui la condotta sia stata posta in essere in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica oppure, ancora, in danno di una donna in stato di gravidanza. Infine, qualora il reato sia commesso attraverso l’utilizzo di strumenti informatici o telematici.
Più in particolare, la norma punisce colui che, dopo averli realizzati, sottratti, ricevuti o acquisiti invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video di organi sessuali o a contenuto sessualmente esplicito senza il consenso delle persone rappresentate.
Le immagini o i video a contenuto sessualmente esplicito sono quelli attinenti alle zone erogene, che non siano necessariamente limitate agli organi genitali, possano altresì riguardare anche altre parti anatomiche o coinvolgere parti non direttamente erogene.
Occorre escludere dalle zone considerabili erogene quelle immagini che ritraggono persone in costume da bagno, oppure semplicemente in atteggiamenti ammiccanti ovvero in abiti succinti.
Tale ultima circostanza, a meno che non si tratti di soggetti minori di età, nei confronti dei quali la normativa italiana prevede una tutela rafforzata e assai più pregnante, confluita nei reati di pedopornografia.
Come si tutela la vittima di revenge porn
Come può tutelarsi, secondo la normativa introdotta dal Codice Rosso, la persona vittima di revenge porn?
È possibile proporre querela contro il colpevole. Il reato è infatti punito a querela della persona offesa, che può essere proposta nel termine di sei mesi (anch’esso aumentato, rispetto agli ordinari tre mesi), a far data dal verificarsi della condotta delittuosa.
Si può procedere d’ufficio, quindi anche senza l’esistenza di una vera e propria manifestazione di volontà da parte della persona offesa, solo se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica oppure in danno di una donna in stato di gravidanza.
A differenza delle regole ordinarie, inoltre, la remissione della querela quindi la manifestazione di volontà, da parte della persona offesa dal reato, di non procedere più nei confronti del colpevole, può essere soltanto processuale. Ciò significa che può essere presentata solo in udienza davanti a un giudice.
Tutte queste circostanze descritte evidenziano la particolare tutela che il nostro legislatore ha voluto accordare a chi è vittima di condotte tanto becere quanto pericolose sotto molteplici profili.
Come prevenire il revenge porn
Come ci si può tutelare, invece, dal revenge porn in via preventiva?
Per prevenire il reato è evidente che è consigliabile evitare di scambiare immagini di natura sessuale, specie attraverso gli strumenti informatici. Le foto inviate in chat o sui social network, infatti, possono diventare virali anche in pochissimi secondi.
Ad ogni modo, se si è vittima di revenge porn, occorre agire il più rapidamente possibile per prevenire ulteriori conseguenze pregiudizievoli.
Si consiglia pertanto di contattare immediatamente il social network, poiché nella maggior parte dei casi lo staff è molto veloce nell’eliminazione delle immagini e nella sospensione dell’account della persona che ha postato le immagini.
Se il social non ottempera, si deve contattare un avvocato per chiedere un supporto e denunciare l’accaduto all’autorità giudiziaria, raccogliendo tutte le prove del reato tra cui screenshot delle immagini, dei post, dei commenti, dei messaggi ricevuti e quant’altro possa ritenersi utile.