“Caro Spelacchio ti scrivo…”All’abete di piazza Venezia a Roma arriva una lettera!
A Splelacchio indirizzata la lettera di Natale dell’Agenzia per il turismo. L’abete, costato 50 mila euro, è morto da pochi…
A Splelacchio indirizzata la lettera di Natale dell’Agenzia per il turismo. L’abete, costato 50 mila euro, è morto da pochi giorni.
La Val di Fiemme,in Trentino Alto Adige scrive la letterina di Natale, ma stavolta la indirizza a Spelacchio: il tanto discusso abete (che è stato portato a Roma proprio dal Trentino), morto ufficialmente alcuni giorni fa. Per il suo arrivo il Campidoglio ha speso 48 mila euro: una cifra assurda. Chissà quanto avranno speso i romani ogni anno per il classico albero in piazza Venezia. Ci siamo chiesti: non sarebbe più opportuno piantarne uno oppure crearlo con un gioco di luci? Arcane domande. Senza risposta.
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Ecco la lettera dell’Agenzia per il turismo.
Grazie, Spelacchio
Un albero è stato sbattuto in prima pagina. Ed è questa la buona notizia.
La triste fine di Spelacchio, alla vigilia di Natale, inaspettatamente punta i riflettori sulla natura. E sulla sua fragilità. Questo tam tam mediatico, carico di esilaranti sfottò, è l’evento più positivo e ben augurante che potevamo aspettarci. Per una volta un albero si fa largo fra i titoli e occupa spazi di primo piano su giornali e telegiornali.
La Val di Fiemme, grazie all’ente millenario della Magnifica Comunità di Fiemme che gestisce con oculatezza le sue foreste, vive e respira accanto alle rigogliose chiome di 60 milioni di alberi. Non è il primo abete che parte dalla Val di Fiemme per raggiungere la piazza di una grande città. Questa è la prima volta, però, che un albero di questa valle trentina subisce una grande sofferenza. Ma la natura è proprio questo: un equilibrio “miracoloso”.
Spelacchio ha subito uno sbalzo termico notevole, passando dal clima rigido della Val di Fiemme al clima mite della Capitale. Inoltre, ha dovuto sopportare un lungo viaggio e complesse operazioni di allestimento. Erroneamente è stato definito un larice, un pino, invece è un abete rosso. Non ha sofferto perché ha poche radici: non le ha. È stato tagliato, perché non si possono estirpare le radici di un albero così grande. Ma anche riuscendoci, servirebbe un vaso di proporzioni inaudite per contenerle.
Molti hanno detto che gli alberi di plastica sono più ecologici di quelli veri. Non è così, perché – secondo uno studio di Coldiretti – realizzare i cinque milioni di alberi finti, che vengono in media acquistati ogni anno, produce tanta CO2 quanto 6 milioni di km percorsi in auto. E molta altra CO2 viene prodotta per lo smaltimento, visto che sono rifiuti speciali. Questo abete non finirà in discarica, ma potrà servire a creare tavoli, sedie, mobili o pavimenti che incorniceranno, gradevolmente, momenti lieti come il Natale. I suoi rami, forse, non hanno scaldato il cuore dei romani, ma potranno riscaldare le case attraverso una centrale a biomasse o i pellet per le stufe.
Infine, c’è chi è ancora convinto che, tagliando un albero, si offenda la natura. Invece, gli abbattimenti ben gestiti preservano le foreste. A evidenziare buona parte di queste fake news è stato Antonio Brunori, segretario generale dell’associazione italiana che certifica la gestione sostenibile delle foreste, la PEFC Italia. È incredibile quante cose possa insegnare un albero. Una fra tutte: gli alberi vivono bene nel loro ambiente naturale. Basta osservarli nelle foreste della Val di Fiemme. E mettersi all’ascolto di quel rigoroso silenzio che accompagna fedelmente la loro lenta crescita.
Se volete scoprire la magia creata da questi delicati equilibri, vi aspettiamo in Val di Fiemme. Un caro augurio di Buon Natale
Azienda per il Turismo Val di Fiemme
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