L’agghiacciante morte di Carol Maltese

Come avrete letto dalle cronache, è stato trovato l’assassino di Carol Maltese, nota negli ambienti hard, dagli studi dei porn movie di Praga (set molto estremi) alle piattaforme di OnlyFans, ai locali hot di corso Buenos Aires a Milano, con il nome di Charlotte Angie.

Lei è la ragazza che hanno trovato nei sacchi della spazzatura in una scarpata su una strada di Borno, vicino a Brescia.

A portare i Carabinieri a risolvere il giallo (erano giorni che ci si domandava chi potesse essere quella poveretta fatta in quindici pezzi, prima bruciata, perfino surgelata e poi gettata) un lettore di Brescia News (diretto dal bravissimo Andrea Tortelli).

Il lettore aveva segnalato che dopo aver sentito un’intervista fatta a Charlotte da Giuseppe Cruciani a La Zanzara su Radio 24 aveva trovato le foto di lei. Così, quando il giornale ha scritto che la ragazza aveva undici tatuaggi, lui ne ha riconosciuti diversi: non poteva essere una caso.

E così un giorno (ma era già attenzionato) l’assassino, che aveva avuto una relazione con Charlotte, s’è presentato dai Carabinieri di Brescia con un’amica e ha denunciato la scomparsa.

È bastato poco, pare, a farlo cadere in contraddizione. Ha ammesso. Ora è in carcere e spero ci rimanga per tutta la vita, anche se credo che tra pochi anni potrei incontrarlo per strada in regime di semilibertà, “Perché la galera non dev’essere intesa come espiazione, ma come riabilitazione”, mi spiegano (e qui trattengo parole non adatte a voi lettori).

La triste storia di Carol

La storia di Charlotte, o Carol, di mamma olandese (che vive, malata, a Sesto Calende, provincia di Varese) e padre lombardo, ora all’estero, è triste. Era rimasta incinta, aveva 20 anni, ma con il compagno era andata male. Il bambino però cresceva amato, un po’ col padre un po’ con la madre. Lei faceva la commessa in una profumeria di Malpensa, fino a un anno e mezzo fa.

Ma poi ci si è messa la pandemia, e ha provato la disoccupazione (“E voleva farsi un gruzzolo per il futuro di suo figlio”, spiega una collega che lavorava con lei). Così ha iniziato a caricare le sue foto hot su OnlyFans, il social dove chi vuol vedere paga.

Lo fanno in tanti, alcuni anche famosi e senza problemi di soldi, così Carol ha pensato che in fondo poteva andare avanti. Forse (forse) le piaceva pure, e non faceva del male a nessuno.

Uccisa dal destino

“Poverina”, mi dice Rocco Siffredi. “Doveva venire qui a Budapest, in agenzia, ma non ce l’ha fatta, quel delinquente l’ha uccisa prima. Prima era andata in una società di Praga, specializzata in produzione molto dure, crude. Troppo”. E se lo dice Rocco vuol dire che è roba per stomaci forti.

Charlotte era stata già uccisa dal destino: sola, con un figlio (ma con un ex che badava a lui e ora lo tiene in Veneto, lontano da tutto questo), disoccupata, la madre malata. Che fare? Ha scelto la strada sbagliata. Certo.

Uccisa dalla cattiveria di un uomo

Poi aveva conosciuto Davide Fontana, forse avevano avuto una storia. Pare che lui l’avesse contattata sui social e si fosse proposto come fotografo e attore hard, anche se era impiegato di banca.

Ossessionato da lei (il padre del bambino di Carol aveva trovato anche le gomme della sua auto tagliate quando era andato a trovarla, ma forse è solo un caso), si era perfino trasferito in un appartamentino vicino alla casa dove lei era andata ad abitare, a Rescaldina, vicino Milano.

Lei non aveva paura di lui, lo giudicava un tipo tranquillo. Oggi lui dice che lei è morta in un gioco erotico (lo dicono in molti assassini per giustificare la morte di una donna, quasi per far passare in incidente quella che era volontà di uccidere).

Quindi poi che fa? Taglia il corpo in quindici pezzi dopo essere andato a comprare una sega e un’accetta. Lo infila in diversi sacchetti della spazzatura e compra un congelatore per tenerlo per settimane in casa di lei, usando la sua macchina, rispondendo via sms alla madre di Carol, al padre del suo bambino e ai giornalisti di Brescia News che stava bene, che era a Dubai. Intanto aveva cercato di bruciarla nel Varesotto…

Ma proprio attraverso il giornale on line Brescia News i Carabinieri hanno scoperto la sua identità e sono arrivati all’assassino (presunto, perché è d’obbligo dire così).

Uccisa dal giudizio

In Italia ogni tre giorni viene uccisa una donna, e nella stragrande maggioranza dei casi l’assassino è un uomo della famiglia, un ex, un marito, un convivente, un amico.

Nei confronti di Carol Maltese ho avvertito però un atteggiamento di sufficienza, come dire: se l’è andata a cercare, facendo una scelta così estrema. Come se quel delitto fosse meno grave, più accettabile. Vergogna, vergogna due volte. Miserabili.

Qui siamo di fronte al femminicidio di una madre, che forse ha sbagliato a cercare la strada che le sembrava più facile (o forse a lei quel lavoro non dispiaceva: “Un lavoro come un altro”, diceva a Cruciani), ma comunque è una vittima che merita rispetto, anche se magari non tutti possono avere comprensione.

I Miserabili sono tra noi

Charlotte o Carol Maltese, non importa il nome, mi ricorda Fantine, personaggio-chiave del romanzo di Victor Hugo I Miserabili, costretta a prostituirsi per combattere la miseria e mantenere la figlia.

Leggendo il romanzo si prova pietà, si avverte la disperazione. Per Charlotte non ho sentito quella pietà che mi ha trasmesso invece Siffredi, una pornostar con una famiglia splendida, una moglie, due figli. Ma anche Caterina Collovati, la giornalista, sempre durissima con chi fa scelte sbagliate, la quale per Carol ha invece solo parole d’amore, di pietà cristiana.

Quanta solitudine, scrivono. Non so fino a che punto fosse sola o solo sulla strada sbagliata. La madre malata la chiamava spesso, il padre la soprannominava “la mia principessa”, ma viveva all’estero. Il papà di suo figlio la vedeva ogni settimana.

Poi salta fuori anche un poveretto, uno che crede di essere un comico, che per amor di battuta scrive cattiverie e volgarità sulla sua morte. Un comico, uno che sperava di diventare un nome famoso, di cui qui non voglio nemmeno scrivere il nome e di cui non voglio pubblicare la foto, e che ora dice patetico: “Il mio nome è in trending topic su Twitter”.

Pensiamo a Carol Maltese e al suo bambino

Quando leggo di queste storie mi dico: se mi avesse chiamato, forse avrei potuto aiutarla, avrebbe potuto seguire un’altra strada. Facciamo abbastanza per il prossimo in difficoltà? Almeno proviamoci. Ora non ci resta che ricordare questa povera ragazza sfortunata.

Chi crede preghi con me, chi non crede (ma non per questo, se lo merita, non andrà in Paradiso) rivolga un pensiero a lei e al suo bambino di sei anni, rimasto solo con il padre. Sono certo che sua mamma gli ha voluto molto, molto bene.

a cura di Roberto Alessi