Chi mostra vende. Ed ecco la regina delle influencer Chiara Ferragni (un giro d’affari di circa 20 milioni di euro) per far parlare del marchio Schiaparelli, che Diego Della Valle comprandolo ha salvato, mostra il seno (tutto biologico) sotto a una T-shirt trasparentissima, con i capezzoli censurati da due bottoni che ricordano quelli creati vent’anni fa da Chanel, prima, e da Gianni Versace, dopo.

Le tette sempre, il capezzolo mai, fa peccato. E mi colpisce che dopo mezzo secolo di topless il capezzolo, che abbiamo identico, o quasi, anche noi uomini, sia proibito con un’imposizione piccolo borghese, a Chiara e non a suo marito Fedez (che, divertente come lui solo, le fa il verso coi capezzoli a vista).

Enrico Lucherini, geniale comunicatore del grande cinema italiano (vedi Luchino Visconti e Sophia Loren) mi spiega che bisogna creare la notizia, se no non vendi. E forse Chiara (ragazza che ammiro, lei e la sua meravigliosa famiglia) si adegua e si mette i bottoncini copricapezzolo come facevano le stripteaseuse di una volta, poi seguite da Dita Von Teese.

Se lo fai, tutti ne parlano, me compreso.

Come Giulia Salemi e Dayane Mello

Ancora oggi ci ricordiamo di Giulia Salemi e di Dayane Mello, rilanciate come “le smutandate di Venezia” negli abiti di Matteo Evandro Manzini (molto bravo, peccato che sia famoso solo per le smutandate che peraltro le mutande le avevano).

Chiara Ferragni invece è passata alla storia anche per quella che con Fedez ha creato un padiglione per curare nell’emergenza i malati di Covid al San Raffaele. Per aver portato la spesa solidale alle famiglie in difficoltà. O per aver aderito all’iniziativa del marito “Scena unita”, un fondo creato per sostenere tutte le professionalità del mondo dell’intrattenimento, in difficoltà per la pandemia. Mica per niente hanno dato loro l’Ambrogino d’oro.

Che c’entrano i copricapezzoli con una top manager così? Poi leggo che Della Valle, come detto a capo di Schiaparelli, l’ha messa nel suo Consiglio di amministrazione, e che il marchio Chiara Ferragni Collection è valutato, secondo il Corriere della Sera, anche 40 milioni di euro.

Chiara, se stanno così le cose, io mi sarei tolto non solo i bottoncini, ma pure la maglia.