Ci sono esperienze che ti restano dentro, che non ti abbandonano mai, e una di queste, per me, è stata la paura di perdere i capelli. Ti ho già raccontato di questa paura e del fatto che fosse sempre lì, come un pensiero fisso, un’ombra che si allungava su ogni fase del mio percorso di vita.

Mi specchiavo e mi chiedevo: “E se un giorno non ci fossero più?”. Non erano solo paranoie infondate: nella mia famiglia, la calvizie si tramandava come un’eredità scomoda. Lo sapevo. Secondo me, era solo questione di tempo. E questa consapevolezza mi perseguitava.

Aggiungerei, però, che il fatto di perdere i capelli è un cambiamento inizialmente quasi impercettibile, ma insidioso, continuo e inesorabile. Da qui, la mia ansia di controllarmi la testa ogni giorno per rilevare anche il più piccolo segnale di allarme.

Vedi, molti pensano che il patch cutaneo rappresenti una trasformazione. Invece è semplicemente un ripristino della tua situazione iniziale, una cosa che ti restituirà un’immagine che hai già visto in passato, a differenza dell’alopecia che ti mostra ogni giorno un “te stesso” diverso, che è cambiato e che continua a cambiare.

Avere un genitore calvo, naturalmente, peggiora la situazione perché, spesso, così come è successo a me, ti ritrovi a vivere nella paura di diventare calvo anche tu, o di essere uno “segnato dal destino”.

Se poi, man mano, le tue paure cominciano a manifestarsi, allora vedi il tuo incubo materializzarsi ed è lì che comincia il vero dramma! Oppure ti può succedere ciò che è successo a me che ero un 14enne, figlio di padre calvo, con l’ansia costante di perdere i capelli.

Ho dedicato tutta la mia vita a quest’ansia, sperimentando su me stesso e continuando a cercare strenuamente soluzioni che potessero rivelarsi valide per me e per gli altri. Con l’aggravante, però, di non averli ancora persi, i capelli… E questa cosa, credimi, è davvero subdola: è come essere da sempre in attesa di uno schiaffo che temi ma che non arriva. Tanto stress e tanta paura, tra l’altro non giustificati… Una specie di beffa.

È come perdere un treno… O meglio: è come arrivare in stazione e vedere che il tuo treno sta partendo senza di te.

Tu, come alle volte accade in certi sogni ansiogeni, corri, cerchi di raggiungerlo quel treno, ma lui, inesorabilmente, se ne va. E, per quanto tu lo rincorra, non riesci a prenderlo…

Attenzione: non lo hai ancora VERAMENTE perso, ma lo vedi andarsene comunque, piano piano…

Quando credi di aver fatto finalmente la scelta giusta ti sembra che la corsa di quel benedetto treno rallenti, o che addirittura si fermi per aspettarti. Allora ti avvicini felicemente ma, proprio quando sei sul punto di salire a bordo, lui ricomincia a marciare. Insomma: una grande fatica e una profonda frustrazione.

Questa è la mia esperienza. E lo è nonostante io sappia che nessuno ha colpa della perdita dei capelli… Meno che meno i nostri avi. Mio padre era calvo a 20 anni e io a 51 ho ancora i capelli! Cosa significa questo? Che la calvizie non è necessariamente una patologia, ma una sfiga!

Una sfiga che, nel momento in cui ti colpisce, deve trovarti pronto e in grado di gestire le emozioni che porta con sé.

Devi essere in grado di affrontare il problema con la leggerezza del beauty. Sì, esattamente come le donne fanno ogni giorno da sempre e come continuano a fare con i trucchi e con tutti gli accessori estetici disponibili. Perché se non impari l’arte dell’accettazione sei condannato a restare sotto pressione e cercherai sempre e solamente prodigi nelle soluzioni estetiche falsamente “miracolose”, quelle che sono sempre più belle da ascoltare che logiche da mettere in pratica.

La mancanza di accettazione ti porta a credere a fattori di crescita stupefacenti quanto fantasiosi, a progetti che sanno di “magico”, o a interventi invasivi. È come andare a fare la spesa avendo una gran fame: finirai per comprare solo cose inutili, spinto dalla golosità e dal bisogno pressante del momento.

a cura di Fabrizio Labanti