Le parole di Federica Carta

Cosa provi nei momenti in cui senti di dover comporre una canzone? C’è qualcosa di esterno che accade e scaturisce qualcosa in te o ricordi un evento della tua vita?

“Per me non è facile parlare di me anche se lo sto facendo proprio in questo momento, per nessuno è facile penso parlare di se stessi. Quindi quando mi ritrovo a scrivere una canzone vuol dire che è successo qualcosa. Ho bisogno di tirare fuori quel qualcosa dalla mia testa e di buttarlo giù a parole su un foglio. La maggior parte delle volte in cui scrivo è perché magari ho litigato con qualcuno o sto male o ricordo una persona. Ce l’ho una canzone felice ma ha degli accordi tristi. Io non ho problemi a parlare dei miei dolori. A volte può risultare anche una cosa dove tu vuoi metterti in mostra. Alcuni lo potrebbero interpretare come una ricerca d’attenzione. Ho parlato del mio dolore quando mi è stato chiesto. Poi comunque quando vuoi ricordare una persona o qualcosa fai di tutto per ricordarlo, e questo comprende scrivere di quel ricordo su un libro”

Nel libro parli anche dell’ansia di dover affrontare il giudizio del mondo intero.

“A me il giudizio dei social, cioè di quelle che sono le persone dietro i social, mi schiaccia spesso. All’inizio mi schiacciava veramente tanto tanto. Tanto che le persone dovevano togliermi il telefono di mano per non farmi leggere le cavolate delle persone che covano odio e in qualche modo devono farlo uscire. Quindi quella è la parte del mio lavoro che forse più mi infastidisce perché a tutti dà fastidio quando ricevi un giudizio insensato. Sembra una frase fatta ma quando io non so una cosa non parlo a costo di sembrare scema. Il giudizio mi ha sempre schiacciata, poi conta anche il mio giudizio che è veramente il più duro di tutti. È pesantissimo e tante volte mi schiaccia. E poi in qualche modo ti risollevi grazie alle persone ti stanno vicino. Le persone che lavorano con me mi tirano su in tutti i modi. Sennò rischio di cadere a terra e non parlare più con nessuno. È una cosa che ad un certo punto inizi ad accettare, perché inizi a capire che fa parte del mondo. Adesso ho diciannove anni e sono entrata a far parte di questo mondo a diciassette e ogni tanto ho la sensazione che questi due anni siano passati velocemente. Quindi se io a diciassette anni giustificavo il mondo dicendo “vabbé io sono piccola, è bello il mondo” adesso continuo a farlo ma a volte quando mi guardo intorno capisco com’è realmente, capisco che in qualche modo sto crescendo anch’io e devo iniziare ad accettare una serie di cose che non devono andarmi per forza bene”

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