Gianni Moramarco, artista eclettico e avanguardistico indiscutibilmente tra i più apprezzati nel panorama contemporaneo, non poteva non essere altrettanto “avanti” nel farsi affiancare da una figura professionale che, in una recente intervista a Non solo calcio, (programma televisivo in onda su Radio Crc e Calcio Napoli 24 TV) ha definito “unica” in Italia.

Lo chiediamo proprio a Eva Bellini.

Eva, può raccontarci di come Gianni Moramarco è entrato a far parte della sua associazione culturale?

“Mi imbattei per caso in Gianni e quando iniziammo a discorrere degli enigmatici racconti d’arte che offriva ai visitatori il sodalizio fu inevitabile. Perché quando le immagini creano nuovi percorsi di significato e pongono domande diverse dalle comuni convenzioni è stupore.

Gianni infonde nell’immagine un’energia vitale, dove simboli di un’esistenza vissuta si sovrappongono a stralci di un immaginario condiviso (supereroi, miti antichi, simboli primordiali…) dando forma a scenari immaginifici che ci catapultano nel mondo visionario dell’artista.

Appunti di un diario di vita in cui riconobbi una, ormai rara, consapevolezza della propria funzione d’artista. La stessa reclamata dalla mia Associazione culturale (EVA – Energies for Visual Art – ETS) il cui movimento inneggia all’artista che, “artigiano di immaginazione”, afferma il proprio status rivendicando il ruolo primario che l’Arte ha nell’esistenza dell’uomo contemporaneo quale interpretazione dell’essere nei confronti dell’attorno.

E Gianni, a dir suo per la prima volta in cinquant’anni di carriera, ritrovò nella mia “lettura” la sua personale griglia interpretativa. Dati i presupposti, e la condivisa consapevolezza che l’Arte è essenzialmente Comunicazione, l’inserimento di Gianni è stato semplicemente spontaneo”.

Come nasce l’esigenza di questa “innovativa” figura professionale?

“Il mio ‘ruolo’ combina conoscenze e sensibilità in campi diversi, sfuggendo a univoche definizioni. Nel 2009, dopo aver completato la formazione universitaria incentrata sulla storia dell’arte (triennale, specialistica, master di II livello, scuola di specializzazione) ed aver fondato l’Associazione EVA, appurai la carenza nel nostro sistema italiano di una figura che si anteponesse tra l’artista ed il sistema dell’arte, tutelando gli interessi del primo.

Intrapresi quindi il mio personale percorso incentrato sull’interazione tra arte contemporanea, diritto ed economia, conseguendo dapprima una laurea magistrale in giurisprudenza ed un’altra in economia e finanza per poi approdare, dato che tutto il nostro sapere ha origine dalle percezioni, alla neuroestetica per approfondire i meccanismi cerebrali alla base della visione e del potere creativo dell’artista.

Non vi è un termine esaustivo per definire la sfaccettata complessità di questa mia mansione, soprattutto negli ultimi anni in cui le figure professionali legate al mercato dell’arte si sono amplificate e con esse, trattandosi di ruoli ancora non definiti nel sistema italiano, la tendenza ad estemporizzarle convogliando in un unico percorso di studio una formazione che invece dovrebbe richiede- re una profondità ben diversa.

Volendo oggi identificarla in un termine sento affine quello di Art Angel (da Business Angel in ambito finanziario) poiché di fatto supporto i miei artisti nell’amplificare il proprio percorso creativo. Un ritorno a quel mecenatismo che ha reso l’arte italiana immemorabile”.

Cosa la caratterizza?

“Ci sono voluti ventun anni (dal 2000 al 2021) di studi universitari, affiancati da esperienze curatoriali, ma soprattutto di dialogo con gli artisti e di contatto con le opere per concretizzarla. È una professionalità per la tutela dell’Arte, nella convinzione che la creatività debba essere sollevata dall’onere di interfacciarsi in prima persona con il mercato.

Perché in Italia non esiste una figura per l’arte simile a quella esistente per lo sport? Vi immaginate un calciatore che si interfaccia personalmente autopro- muovendosi? Esiste la figura di ‘procuratore sportivo’ proprio perché l’atleta non deve ‘distrarsi’ dalla propria abilità, con il rischio di scendere a sbilanciati compromessi.

Perché l’artista è invece obbligato a farlo? Lo rappresento io, con la principale responsabilità di tutelarne gli interessi affiancandolo costantemente nella carriera, di offrirgli opportunità e negoziare collaborazioni, ma il mio ruolo va ben oltre. Come legale rappresentante dell’associazione ne promuovo la ricerca sia attraverso la cura e la valorizzazione dell’opera creativa, sia mettendo a disposizione della progettualità uno spazio dove elaborare nuove idee, creare nuove visioni ed incentivare sinergie”.

Ad oggi sei soddisfatta di aver intrapreso un percorso così “impegnativo”?

“Le motivazioni che mi hanno spinto all’epoca ad intraprendere tale percorso sono le stesse che guidano tuttora le mie scelte: una ‘dedizione’ all’Arte nella convinzione che, coprendo l’intero scibile della mente umana, è la chiave per capire la vita. Più che un lavoro è una ‘missione’. D’altronde, l’arte (quella vera) non è mai per scelta ma sempre per vocazione…

Soprattutto oggi, in questi anni inesplicabili, percorsi dal turbine di profonde e traumatiche mutazioni sociali ed economiche, l’Arte può intervenire con una radicalità straordinariamente feconda per smuovere le comuni coscienze. In un presente dove l’individuo perde i propri ormeggi culturali è funzione dell’artista fornire una nuova grigia interpretativa della realtà.

Così a quelli ‘storici’ dell’associazione (dan.rec, Alen Vibiel, Alberto Vigna) si sono affiancati Gianni Moramarco, Francesco Sciacca e gli emergenti (Regina Black, Gea Vanini, Elena De Via, Giada Nave, Luca Perilli, DeG), per aprire nuovi orizzonti immaginifici. Le loro opere, apparentemente distanti nella forma espressiva ma profondamente confinanti nel mondo delle idee, ‘educano’ l’uomo contemporaneo ad una riflessione meditativa sulla propria condizione esistenziale coinvolgendolo in un processo di ricostruzione identitaria che lo stimoli a superare quello stato di spaesamento, quella diffusa crisi d’identità che caratterizza l’epoca attuale.

La soddisfazione è nel condividere con loro questa mia, forse utopica, perseveranza nel sostenere (nonostante il diffuso scetticismo che accompagna l’avanzare di una cultura individualistica ed autoreferenziale) il Messaggio artistico come potenziale innovatore nella società contemporanea”.

E Gianni Moramarco come si interfaccia con gli altri artisti dell’associazione?

“Sono assolutamente entusiasta nell’affermare che Gianni, anagraficamente tra i più anziani del gruppo, sta intessendo collaborazioni con ognuno di loro. Tra le liaison più intense quella con dan.rec: un connubio tra i personaggi caratteristici del primo che si aggirano negli scenari urbani del secondo a creare inediti racconti. Tranquilli contesti del quotidiano in cui ad un tratto si sprigionano magiche atmosfere, si addensano nuvole di suggestioni. L’arte e le cose di tutti i giorni si mescolano e tra l’una e le altre si stabilisce un dialogo continuo…”.

Quali i prossimi eventi in programma?

“Oltre a un progetto collettivo elaborato per Agrigento capitale italiana della cultura 2025, abbiamo in programma una mostra personale di Gianni Moramarco a Napoli, una a Caserta che inaugura il sodalizio tra Moramarco e dan.rec e una a Roma per presentare le opere di Regina Black. E a giugno saremo a Napoli per ricevere il Premio Malafemmena organizzato dalla B&G Art Event Communication e patroci- nato dall’Assessorato al Turismo”.

a cura di Barbara Carere