Giorgia Meloni a cuore aperto: la sua vita privata in un libro
Giorgia Meloni racconta la sua vita privata di madre e figlia in un libro: dai dolori familiari alla notizia di essere rimasta incinta
Sembra facile parlare di Giorgia Meloni. Pare semplice dire la propria su un personaggio pubblico. Un errore in cui cadono in molti, in troppi. A questi “esperti” – che poi sono tutto tranne che tali – ma non solo a loro, si rivolge la stessa presidente di Fratelli d’Italia con il suo ultimo libro, Io sono Giorgia. Le mie radici, le mie idee.
Un libro (di cui Novella pubblica alcune pagine) in cui Giorgia Meloni ha deciso di “aprirmi, di raccontare in prima persona chi sono, in cosa credo e come sono arrivata fin qui”. Pagine che non lasciano indifferenti. In cui a prendere la parola non è il personaggio pubblico, l’esponente politico, ma la mamma e la figlia.
L’arrivo di Ginevra
Apriamo per esempio il capitolo Quando nasce una madre.
“Ho scoperto di aspettare Ginevra il giorno del mio trentanovesimo compleanno. Quando un paio di anni dopo ho fatto il test che misura la fertilità, il medico mi ha detto che avrei avuto poche possibilità di avere un altro figlio. ‘Ho ragione di credere che la situazione fosse la stessa di ora quando hai avuto Ginevra’, ha aggiunto. ‘Considera perciò tua figlia un dono di Dio’.
Tutti i bambini sono un dono, ma se scopri che diventerai madre il giorno del tuo compleanno la parola ‘dono’ ha un sapore diverso”.
Una scoperta fatta “mentre stavo per uscire di casa con Andrea, per raggiungere i miei amici che avevano organizzato una cena a sorpresa per festeggiarmi. ‘Sorpresa’, per la verità, è un parolone, perché quando avviene ogni anno per un decennio – diciamo così – te l’aspetti. La vera sorpresa arriverà quando smetteranno di farlo.
Ma è colpa mia. La sola idea di organizzarmi una festa di compleanno e costringermi a stare al centro della scena anche quando non è necessario mi fa venire l’orticaria. Così mi sono sempre rifiutata di calendarizzare questo genere di eventi. Loro lo sanno, ma non rinunciano all’idea.
L’ultima volta mia sorella, ridendo, mi ha detto: ‘Ti ci metto nella chat segreta della tua festa a sorpresa?’.
I primi a saperlo
È stata lei, Arianna, la prima cui l’ho detto, quella sera, nel bagno del ristorante. Lei deve sapere tutto per prima, come sempre.
Ricordo che si è commossa, che aveva lo stesso sguardo di quando era stata lei a dare quella notizia a me, anni addietro, per la prima volta. Arianna è così: si tratti di cose belle o brutte, tutto ciò che mi accade lo vive come se stesse accadendo a lei”.
Per dirlo ad Andrea Giambruno, invece, la futura mamma ha aspettato il momento giusto. “E quando quel momento è arrivato, gli ho consegnato un pacchetto. Dentro c’erano un paio di scarpette da neonato. Me lo ricordo come fosse ora il suo sguardo. Rimase senza parole. Credo sia stato uno dei momenti più teneri della mia vita”.
Gli attacchi sui social
Anche un momento così bello e intenso – ricorda l’autrice – ha avuto il suo risvolto negativo, la tempesta negativa degli haters.
“Ovviamente, anche l’annuncio della nascita di Ginevra ha avuto la sua fake news d’ordinanza. Quando scrissi sui social ‘È nata mia figlia Ginevra’, qualcuno lo distorse volutamente trasformandolo in ‘È nata mia figlia a Ginevra’. E giù insulti e derisioni. ‘La Meloni fa tanto la patriota e poi va a partorire in Svizzera’. E meno male che era Ginevra, chissà cosa avrebbero detto se l’avessi chiamata Luna…”.
La confessione di Giorgia
La maternità è lo spunto per una confessione a cuore aperto.
“Non era mai stata uno dei grandi obiettivi della mia vita. Ho sempre pensato che i figli fossero soprattutto un prodotto dell’amore. Se trovi la persona giusta, allora suggellerai in questo modo quel legame. Rimpiango di essere stata così cieca. I figli sono l’amore, il più assoluto che esista, ma non sempre riesci a capirlo prima di provare quel sentimento. Io non lo avevo capito. Vorrei averlo fatto, vorrei essere diventata madre più giovane e più di una volta.
Ginevra, con quell’ingenuità tipica dei bambini, mi dice a volte: 0Mamma, io voglio una bambina piccola vera’, e io mi sento in colpa per non poter assecondare quel suo desiderio. Mi sento in colpa di non poterle regalare un legame come quello che ho con Arianna. Mi sento in colpa per aver preferito concentrarmi su cose di importanza secondaria e non avere, ora, più tempo per compiere di nuovo la missione più straordinaria che la vita possa regalare”.
La società in cui siamo immersi “ci inganna, convincendoci che saremo sempre giovani e fertili, che ci spinge a rimandare le decisioni fondamentali a tempo indeterminato per poi scoprire – troppo tardi – che quel tempo era tragicamente determinato”.
Una proposta controcorrente
Spunti e riflessioni che la portano a essere ancora una volta controcorrente rispetto a un certo modo di pensare uniformato.
“So che proporre una massiccia campagna per sensibilizzare le donne all’importanza di monitorare fin da giovani lo stato della loro fertilità comporta in automatico un riflesso condizionato da parte di certe femministe, pronte a sostenere che si tratta di una violazione del principio di autodeterminazione, se non della riproposizione del vecchio stereotipo della donna utile solo quando diventa madre. Ma io credo che la verità sia l’esatto contrario.
Sei davvero libera di scegliere quando sai tutto, compreso il fatto che non potrai diventare madre per sempre”. Perché libertà è “prima di tutto, consapevolezza”.
Il debito con mamma
Mamma Giorgia si sente in debito con mamma Anna.
“Devo tutto a mia madre. Donna volitiva, colta, che dietro la corazza che ha indossato per affrontare la vita nasconde un’anima fragile. Le devo l’amore per i libri, la curiosità, la fierezza, la capacità di cavarmela sempre, la dedizione per il lavoro, l’istinto di libertà, il bisogno di dire la verità che mi porto dietro. Mi ha insegnato tutto lei, con quei suoi modi spicci che meriterebbero un libro a parte”.
E quindi una volta per tutte “davanti a tutti, voglio dirle grazie. Perché, prima di tutto questo, a mia madre devo la vita. E certo si può dire di ogni madre, ma ancor di più nel caso della mia. La frase esatta, infatti, è: ‘Devo tutto solo a mia madre'”.
Un passato doloroso
E qui si squarcia il velo su una vicenda famigliare complessa e dolorosa.
“La verità è che io non sarei nemmeno dovuta nascere. Quando rimase incinta, Anna aveva ventitré anni, una figlia di un anno e mezzo e un compagno – mio padre – con cui non andava più d’accordo. E che, da tempo, aveva le valigie pronte per andarsene lontano.
Una famiglia ferita. Mia madre era una donna caparbia, uno spirito libero. Eppure, l’avevano quasi convinta che non avesse senso mettere al mondo un’altra bambina in quella situazione“.
Ricorda “quando me l’ha confessato e ricordo il tempo che ci è voluto a digerire quel sasso. A volte penso che gli adulti farebbero meglio a tacere, a inibire quel loro morboso bisogno di mettersi a nudo. Ma poi ho capito il combattimento di una donna sola che si faceva Corte Suprema: farti nascere o farti tornare nel niente“.
La mattina degli esami clinici che precedono l’interruzione di gravidanza, Anna “si sveglia, rimane digiuna e si incammina verso il laboratorio. A questo punto – mi ha sempre raccontato – si ferma proprio davanti al portone, esita, vacilla. Non entra.
Si chiede: è davvero una mia scelta – rinunciare a essere madre ancora una volta? La sua risposta è puro istinto: no, non voglio rinunciare, non voglio abortire”.
Anna sente di “aver preso la decisione giusta. Adesso deve solo ratificarla”. Entra in un bar e ordina cappuccino e cornetto. “Digiuno infranto, analisi boicottate, interruzione di gravidanza dissolta in una bolla di sapone. A quella colazione, a mia madre, alla sua ostinata scelta controvento, devo ogni cosa…”.
a cura di Carlo Faricciotti