Capita sempre più spesso, in TV come sui campi da calcio, di veder indossare a personaggi del mondo dello sport o dello spettacolo i capi d’abbigliamento del marchio Givova.

Dopo aver incrociato Giovanni Acanfora, creatore e presidente del marchio, al Premio Virgo Novella 2000 SanremoSol, nella splendida Villa Ormond a pochi passi dall’Ariston nella settimana del Festival, abbiamo voluto saperne di più su chi si cela dietro le comode tute che tanto affascinano sportivi e VIP.

Dottor Acanfora, Givova è guidata da lei e da sua moglie Giuseppina Lodovico, avvocato. Come funziona il vostro equilibrio, tra lavoro e privato?

“Per il momento riusciamo a scindere i due livelli della nostra vita. Io forse sono più emotivo, lei più razionale: ci compensiamo. D’altra parte io mi occupo delle sponsorizzazioni sportive, dove lo spazio per le emozioni è ridotto, mentre lei cura la comunicazione, si interessa più da vicino del mondo dello spettacolo”.

Si direbbe l’intesa perfetta…

“In realtà la nostra intesa si basa sul fatto che io non dico molte cose a lei e lei non dice molte cose a me (ride, ndr), però entrambi otteniamo risultati a cui contribuiamo tutti e due”.

Con Givova avete iniziato sostenendo squadre di basket e calcio, ma negli ultimi anni vi siete aperti anche al mondo dello spettacolo. Questo che impatto ha avuto sul vostro privato?

“Oggi la nostra vita è sicuramente più movimentata che agli inizi, ma è merito dei nostri sforzi. A non perdere mai d’importanza però è la famiglia, che cerchiamo sempre di non trascurare. Per questo a Sanremo siamo andati con i nostri tre ragazzi”.

Tra coloro che hanno calcato il palco dell’Ariston c’era qualcuno che veste Givova?

“Il testimonial di cui andiamo più orgogliosi è Gianni Morandi, che veste Givova in quanto membro della Nazionale Italiana Cantanti. Morandi gioca con i nostri completi sul campo, ma anche nella vita privata, su Instagram, indossa spesso le tute Givova”.

Ho letto che il suo successo negli affari è spesso arrivato in seguito a fortunate coincidenze. La più determinante?

“Credo quella che ha fatto nascere Givova: prima lavoravo per un’altra azienda sportiva, e a causa di una lite interna ho deciso di percorrere una nuova strada. Se non fosse stato per quell’evento, brutto, di vita privata e professionale, probabilmente Givova non esisterebbe. Invece quella lite mi diede una svolta, e oggi Givova non è più solo un’azienda ma, proprio perché la viviamo insieme come famiglia, è parte integrante della nostra vita”.

Pare di capire che i punti di forza del marchio siano l’entusiasmo, la passione e il sacrificio. Come li declinerà nel prossimo futuro?

“Intanto mio figlio Antonio, che è al secondo anno di Economia, ha lanciato Givova Project, un progetto di street wearing che guarda ai giovani. A giugno, invece, ci aspetta un’altra sfida: vestiremo tutti gli arbitri della serie A. La nostra è una conquista sui brand più tradizionali. E poi… e poi incrociamo le dita sul resto, che è meglio non dire visto che la scaramanzia, da buon napoletano, non mi manca!”.