Gli 80 anni di Vittorio Feltri, che torna a Il Giornale (INTERVISTA)
Vittorio Feltri compie 80 anni e Novella lo intervista spaziando dagli amori ai vizi. Ma c’è anche una notizi: il suo ritorno a Il Giornale
Con al suo attivo 62 anni di giornalismo Vittorio Feltri può considerarsi il direttore dei record. Cominciò il mestiere quando scrivere era appannaggio di pochi, coloro i quali ne erano davvero capaci. Ad oggi si perpetua quale penna tra le più apprezzate nonché controverse della penisola.
La sua intemperanza, coniugata a punti di vista talvolta impopolari, ha fatto di lui un personaggio tanto amato quanto inviso. Ma per Feltri la priorità non è piacere, piuttosto esprimere le proprie idee, talvolta in modo colorito, senza che nessuno avanzi la pretesa di censurarle.
Per Vittorio la libertà è un principio ispiratore. Tanto che, in tempi non sospetti, fondò Libero, testata che il prossimo 18 luglio festeggia 23 anni dal primo numero.
Non è questa l’unica celebrazione cui si accompagna l’estate per Feltri, che il 25 giugno ha soffiato 80 candeline.
Gli abbiamo chiesto a quali bilianci si accompagni una ricorrenza così importante…
“Quando arrivi a 80 anni, più che un bilancio ti vien voglia di fare un necrologio”.
Intervista a Vittorio Feltri: il bilancio degli 80 anni
Il suo come lo immagina?
“Finalmente Vittorio Feltri non c’è più”.
Ha conosciuto tanti personaggi che hanno fatto la storia del Paese. Chi di loro l’ha sopresa e chi delusa?
“A sorprendermi o deludermi sono stati in pochi, poiché non idealizzo nessuno. Ricordo con simpatia Enzo Biagi, Giorgio Bocca, Oriana Fallaci, Nino Nutrizio, Indro Montanelli… Tutta gente che, direttamente o indirettamente, mi ha insegnato qualcosa”.
Un ricordo di Oriana Fallaci, che conobbe negli anni 80 al Corriere della Sera?
“Era una donna dal piglio teutonico. Il suo arrivo in redazione seminava il panico, mentre nei corridoi riecheggiava: ‘Oddio, c’è la Fallaci”’ Un giorno, avendo finito le sigarette, mi chiese di offrirgliene una. Da allora nacque un’amicizia che ad oggi mi porta a ricordarla con affetto”.
Amici leggendari i suoi, visto che nell’elenco figura anche Indro Montanelli…
“Il giorno in cui al Giornale lo sostituii nel ruolo direttore, come tradizione, feci un editoriale di saluto ai lettori. L’indomani Montanelli mi telefonò augurandomi buon lavoro, e aggiunse: ‘Il tuo articolo di stamattina mi è piaciuto molto, mi dispiace solo di non averlo firmato io’. Mangiava e beveva pochissimo, però non si faceva mai mancare un fiasco di vino che teneva sotto il tavolo, come i nonni di una volta. La leggenda vuole che tra noi vi fosse ostilità, essendo io approdato al Giornale dopo la sua uscita di scena. Invece ci stimavamo molto”.
Amori e vizi del direttore
Abbiamo enumerato anni di vita e di carriera. Quantifichiamo anche gli amori di Vittorio Feltri…
“Saranno stati 150. Scherzo, naturalmente. Il mio primo matrimonio durò poco, in quanto mia moglie morì per complicazioni dovute al parto. Così mi ritrovai vedovo con due gemelli piccolissimi. Colto da disperazione cercai un’altra donna con la quale proseguire un sogno d’amore interrotto dalle contingenze. Trovai Enoe Bonfanti, al mio fianco da 55 anni. Abbiamo da poco festeggiato l’anniversario”.
Quali sono i suoi vizi?
“Secondo i miei detrattori ne avrei a iosa. Io me ne riconosco uno solo: il lavoro. In 62 anni di attività mi sono sempre reso operativo a dispetto di qualsivoglia festività o celebrazione: Natale, Capodanno, domenica o Pasqua che fosse. Poi sì, ho l’abitudine del fumo e non mi faccio mancare un bicchiere di buon vino con cui accompagnare i pasti, che per me sono sempre frugali: non sono un golosone, il cibo che ingollo è limitato alla sopravvivenza”.
Oltre che al talento potremmo ricondurre il suo successo allo stacanovismo?
“Il mio successo è dovuto al ‘culo’. Non perché mi sottovaluti, bensì perché non mi considero il Padreterno. Son devoto e grato a ‘san culo’, che ha contribuito alla mia gloria”.
Oltre a… “santa Fortuna”, a chi ri- volge la sua riconoscenza?
“Tra i primi, cronologicamente parlando, a mia zia, la quale mi adottò quando, a sei anni, rimasi orfano. Anche Angelo Mieli, un prete che mi prese sotto la sua tutela facendomi conseguire la maturità, merita un deciso ringraziamento. Mi parlava solo in latino e bergamasco”.
E lei riceve mai la gratitudine di coloro che ha aiutato?
“La gente dimentica in fretta… La cosa non mi stupisce né addolora. Ho aiutato diverse persone, però non mi sento un eroe per questo. Se posso dare una mano lo faccio volentieri, anche ai clochard che incontro per strada, senza aspettarmi alcun ritorno”.
Dei tanti miti che circondano il suo personaggio ce n’è qualcuno che si sente di sfatare?
“Tutti! Sostengono che sia sessista, invece ho il culto delle donne. Omofobo, nonostante i miei migliori amici siano omosessuali, e in ultimo razzista, pur avendo finanziato iniziative benefiche a suffragio del terzo mondo e adottato a distanza bambini africani. Alla gente piace parlare. Che lo faccia, non me ne fotte un cazzo”.
È notoria la sua amicizia con Silvio Belusconi, che è da poco scomparso…
“Gli ho voluto profondamente bene. Mi ha strappato alla povertà, il che non è un particolare da sottovalutare”.
L’intervista completa è disponibile solo sul numero di Novella 2000 uscito in edicola questa mattina.
a cura di Fabrizio Maria Barbuto