Luca Ripamonti: con le mani intrise di natura
Luca Ripamonti, che il prossimo anno terrà una lectio magistralis al Met di New York, ci incanta con un’insolita lettura del reale
La lettura del reale attraverso gli occhi del Maestro Luca Ripamonti rivela suggestioni e atmosfere inusitate, con uno spiccato interesse verso l’elemento naturale e l’anatomia umana, mezzo espressivo di emozioni e sentimenti.
D’altronde, se le capacità pittoriche dell’autore sono la testimonianza più tangibile di un’esperienza pluridecennale, a partire dalla metà degli anni Settanta, quando frequenta la Scuola di Belle Arti “Rossetti Valentini” a Santa Maria Maggiore (VB), la lectio magistralis dedicata che lo vedrà protagonista nel primo semestre del 2024 presso il Metropolitan Museum of Art di New York sarà invece la consacrazione di questo iter di acquisizioni progressive.
L’apprendistato presso l’atelier di Adriano Benetti da Vila getta i prodromi per la maturazione di una concezione del paesaggio capace di smaterializzazioni, semplificazioni del dato naturalistico e realistico, vera e propria connotazione stilistica del dizionario iconico del Nostro.
I soggetti e le suggestioni
Così, se le vedute urbane restituiscono il fermento e la quotidianità di un centro come Venezia, gli scenari montuosi, campestri e lacustri costituiscono un dialogo silenzioso tra il pittore e la Madre Terra.
Se il pastore errante dell’Asia di leopardiana memoria si rivolgeva con tono pessimistico alla Luna in cerca di spiegazioni circa il fine ultimo della pre-enza dell’uomo sul pianeta, che riteneva costellato di afflizioni, l’artista piemontese qui presentato conserva invece un evidente entusiasmo, quella capacità di stupirsi propria del fanciullino pascoliano.
Ma le piccole cose, i profumi, i colori, i rumori dei vari microcosmi esplorati – le Myricae, per rimanere nell’ambito del poeta di S. Mauro di Romagna – possono magicamente divenire grandiose e intonare quel canto sacrale e aulico della montagna.
È il caso di Free solo, tela dedicata al complesso delle Dolomiti, ove Ripamonti dà prova delle sue capacità interpretative traducendo la maestosità e la bellezza delle cime montuose con una sintesi incisiva.
Il soggetto affrontato rimanda al Romanticismo, che fece dell’infinita spazialità della Natura e delle reazioni dell’essere umano di fronte a essa il perno della corrente stessa. Ma se il viandante sul mare di nebbia giunge “fin sotto la soglia più alta” in contemplazione della voragine brumosa che gli si prospetta, in piena aderenza con la poetica del sublime, l’inserimento di uno scalatore nell’opera del Nostro rivela una diversa attitudine, un rapporto mutato, caratterizzato da un contatto diretto, quasi viscerale, con la Natura, perché solo giungendo in cima alle montagne si scorge l’infinità dell’essere.
a cura di Ariadne Caccavale