Maurizio Costanzo: grazie per tutto l’amore
“Grazie per la compagnia”. Roberto Alessi ricorda Maurizio Costanzo dall’incontro come giornalista alle esperienze in TV e l’amore per Maria
L’ultima volta con Costanzo
Avevo sentito Maurizio Costanzo una ventina di giorni fa. Non so se fosse già ricoverato, ma aveva una bella voce, chiara, affettuosa. Mi aveva chiamato con la sua autrice Carlotta Quadro, che mia moglie Betta conosce fin da bambina.
Sarebbe partito il Festival di Sanremo, e gli avevo chiesto se poteva fare un intervento telefonico a un convegno a Villa Ormond organizzato da Novella 2000 con il Virgo Fund e SanremoSol.
Ospiti Mario Luzzatto Fegiz, Vittorio Sgarbi, oggi sottosegretario alla Cultura, avevamo invitato anche Mogol, ma avere la presenza di Costanzo mi sembrava qualcosa di davvero prezioso in una location in cui si sarebbe parlato di musica, spettacolo, televisione.
Mi ringraziò, e in quel frangente mi disse pure che aveva un affetto particolare nei miei confronti e anche nei confronti dei giornalisti che dirigo come Novella 2000.
Rimasi senza parole, mi colpì moltissimo e mi sentii molto lusingato. Avevo tenuto la telefonata in viva-voce, perché quando mi telefonava Maurizio Costanzo mi sembrava persino uno spreco che quella telefonata rimanesse solo per me stesso. Così condividevo le sue parole con le persone che lavorano con me, Massimo, Michele, Paolo e Carlo, colpiti e gratificati.
La notizia della morte e i ricordi
Quando venerdì scorso mi hanno chiamato per dirmi che Maurizio Costanzo era morto, mi si è gelato il sangue. Costanzo è stato un maestro per tutti quelli che fanno il mio lavoro, ovviamente. Per me però è sempre stato una presenza costante.
Avevo poco più di vent’anni e, alla fine degli anni Settanta, me lo ricordo nei corridoi della Rizzoli, dove avevo iniziato a lavorare. Mi colpiva la camminata morbida nei lunghi corridoi, il suo modo di fare… Era l’unico che non portasse la camicia bianca: in quel periodo tutti i giornalisti (tranne me) portavano abito scuro, camicia bianca, cravatta scura. Molto noiosi, più simili a messi comunali che a cronisti.
Lui non voleva essere un brillantone, ma di certo non era noioso. Era direttore della Domenica del Corriere, dove io collaboravo. Poi fondò un quotidiano popolare che si chiamava L’Occhio.
In seguito ci siamo persi. Io ho continuato a scrivere per la Domenica del Corriere e ovviamente lui è rimasto un personaggio televisivo di primissimo piano, ma non l’ho mai intervistato.
L’arrivo di Maria
L’ho incontrato ancora quando sposò Marta Flavi, che conoscevo. Un matrimonio che mi sembrava impossibile, infatti durò poco, e arrivò Maria De Filippi.
Il mio primo incontro con la coppia appena formata fu in un teatro, lei e lui erano in un palco e lei teneva al guinzaglio un cane lupo, un cucciolo meraviglioso.
Indossava un abito gessato, un tailleur-pantaloni, e mi colpì molto. Poi lei divenne popolarissima con le sue trasmissioni. La intervistai, e la prima volta rimasi colpito perché sapeva chi ero.
Non lo immaginavo: avendo scritto la biografia di Giuliano Ravizza, il patron della Pellicceria Annabella di Pavia, la sua città, lei mi conosceva come autore di libri e sapeva di me. In più, era stata fidanzata (un piccolo flirt tra liceali) con Dado Ravizza, mio amico, figlio minore di Giuliano.
I tempi di Buona Domenica
Costanzo poi è tornato nella mia vita quando conduceva Buona Domenica, su Canale 5, dove io ero un opinionista fisso, e quando io lasciai la direzione di un settimanale per la Mondadori (casa editrice del gruppo Mediaset) lo avvisai: mi sembrava corretto.
Pensavo che mi avrebbe congelato il contratto, invece mi disse (eravamo nel suo camerino, grande quanto un soggiorno, con il parquet e una temperatura quasi congelante perché detestava il caldo) che avrei potuto continuare a lavorare con la sua struttura.
Certo che di fronte a un personaggio di quella levatura io mi sentivo assolutamente inadeguato, un due di picche di fronte a un gigante.
Ed era un gigante anche quando parlava d’amore, e certe sue dichiarazioni riguardo alla moglie Maria mi hanno sempre molto colpito. Ammiro gli uomini che parlano di sentimenti, e la sua famosa frase – che in questi giorni è stata ripresa da tutti – (“Sei la donna della vita, vorrei morire tenendoti la mano”) mi annienta.
‘Grazie per la compagnia’
Ci sono persone che sono nate per stare insieme, per la passione, per il lavoro, per le affinità elettive che le tengono unite, perché si divertono a stare insieme e mi sembra quasi un’ingiustizia che vengano separate dal destino.
Maria e Maurizio erano davvero perfetti. Solo l’anagrafe – quella generazione di differenza, che inevitabilmente prima o poi li avrebbe separati – poteva dividerli.
Mia zia Maria diceva sempre, alla fine di una serata: “Grazie per la compagnia”, perché la compagnia è un valore molto importante. Il darsi agli altri, il preoccuparsi degli altri, il voler stare con gli altri.
Ecco, Maurizio Costanzo, consapevolmente e inconsapevolmente, ha riempito molti momenti vuoti della nostra vita.
In quelle notti con il suo Maurizio Costanzo Show in cui mi sentivo magari abbandonato, magari con qualche genitore malato, magari angosciato… ma prima di andare a letto c’era lui, che m’intratteneva con le sue parole, le sue interviste, i suoi incontri, i suoi ospiti (a volte c’ero anch’io) e riusciva alla fine ad allontanarmi da brutti pensieri. E mi addormentavo un po’ più sereno.
Grazie, Maurizio. Grazie Maestro, grazie per essere stato con noi in tutti questi anni, e per averci fatto sentire meno soli. Non lasceremo mai sola Maria, continueremo a seguirla. Anche a lei va il mio “Grazie per la compagnia”.