Rivelata, oramai, l’identità di LIBERATO, il nuovo personaggio musicale da inseguire in questa estate rovente si chiama MY GAMBINO. E pure MY GAMBINO è napoletano, questo si è capito. Il resto è ancora da indovinare, perché la sua biografia, la sua età, le sue origini, sono un enigma.

Certo, nel primo singolo che da alcune settimane è in rotazione radiofonica, Amami, una frizzante e nostalgica lettera amorosa al ritmo pop-rap-discomusic, lui rivela alcuni indizi: la periferia, la famiglia proletaria, una gioventù borderline con amicizie di quartiere non proprio da college. E le ambizioni che, sommate al desiderio della musica, una volta lo hanno condotto diritto all’Accademia di Sanremo – negli stessi anni in cui ci provavano pure i “rivali” Tiziano Ferro e Paolo Meneguzzi – e oggi lo riportano pienamente nel circuito discografico dell’estate con una canzone soft e sprint che anticipa un imminente album.

Intervista a My Gambino: chi è l’autore di Amami

MY GAMBINO, come nasce Amami e quali esperienze autobiografiche hai voluto riassumere nel testo?

“Amami nasce in un giorno d’estate. Avevo voglia di scrivere una storia personale e iniziai a percuotere le mani su un tavolo per comporre la ritmica. In pochi minuti, con consapevolezza, ho ripercorso la mia vita e quel che ho fatto in passato. Fin da quando ero uno scugnizzo che si divertiva a giocare a fare il contrabbandiere. In quella fase della mia esistenza non ero cosciente fino in fondo delle azioni che facevo. In qualche modo, però, la mia natura scugnizza e disinvolta mi ha consentito di osare. Cambiare città, incontrare persone nuove, e accumulare esperienze con donne e emozioni diverse. Tanti anni fa ho vissuto un’intensa storia d’amore con una ragazza milanese, e adesso era giusto citarla nel pezzo”.

Hai un aneddoto della tua gioventù pericolosa che si può raccontare?

“Uno sì. Ero il ‘portantino’ delle sigarette. Un giorno mi trovavo su corso San Giovanni, periferia Est di Napoli, a ridosso del mare, e avevo un carico in una busta. Ero sereno, perché le stecche erano incartate bene e nessuno poteva sospettare del contenuto. Diciamo che eravamo ben organizzati, dai. A un tratto notai delle auto della Guardia di Finanza a pochi metri da me. Mi impaurii, mi agitai.

Poco dopo, una delle auto accese la sirena e sentii il terrore dentro. Scrutai lungo il marciapiedi una Renault. Vi ricordate com’era la parte posteriore dell’automobile? Era piuttosto alta da terra. Ebbene, io m’infilai là sotto, proteggendo la busta sotto la mia pancia. E non mi accorsi che l’auto era già in moto, ma il rumore del motore era impercettibile nel caos della strada.

In quell’istante la Renault partì e io restai disteso a terra, senza ‘tenda’ di protezione. Sentii bussarmi sulla schiena, ed era proprio un finanziere che mi chiese per quale motivo fossi disteso là. Mi voltai impaurito e gli spiegai balbettando che ero andato a comprare le sigarette sulle bancarelle per portarle a mio padre, che aveva il vizio del fumo. Lui mi rimproverò spiegando che non si comprano sulle bancarelle, e mentre io annuii dandogli ragione me ne scappai fulmineo. L’agente sorrise, impotente nell’acciuffarmi.

La morale è che se l’auto avesse ingranato la marcia indietro io sarei rimasto schiacciato e ucciso sulla strada, invece oggi posso raccontarvi questa storia di adolescenza”.

Il potere della musica

Ti sei appassionato alla musica fin da adolescente e ci credi ancora. Qual è il potere misterioso delle canzoni?

“Sì, già da bambino ho sentito la seduzione della musica. Ho cominciato a scoprire la batteria e il pianoforte anche grazie a mio padre, che era un maestro di fisarmonica. Suonava ogni giorno, naturalmente, sia brani popolari o originali sia classici napoletani. Io ogni tanto lo accompagnavo suonando addirittura le forchette, i coltelli e i bicchieri come fossero le mie speciali percussioni.

Credo ancora nelle canzoni, perché la musica non ha età e non ha limiti. Lo diceva sempre Domenico Modugno. La musica ha un potere misterioso, e credo che ‘Amami’ conservi sia il colore del ritmo sia la giusta adrenalina che si sposa ai sentimenti”.

Tu di quali artisti ti ritieni fan?

“Sono tanti gli artisti che stimo e seguo, da Vasco Rossi a Pino Daniele, da George Michael a Eduardo De Crescenzo fino a Jovanotti e Santana. Ti racconto un altro aneddoto simpatico: una volta ho anche scritto un testo su una musica di Carlos Santana. S’intitola ‘Solo tu’. Non l’ho mai pubblicata. Almeno fino ad oggi… Chissà domani!”

Sei figlio d’arte, hai detto. In quale modo tutto ciò ti ha influenzato?

“Mio padre mi ha influenzato tanto, più di tutto il resto, più di tutte le persone che ho conosciuto. Vivendo in un basso, quando uscivo e passeggiavo portavo con me tutti i suoni che papà eseguiva nel nostro minuscolo appartamento. Era come se lui mi facesse sempre compagnia. E quando rientravo in casa mi accoglieva con ‘Dicitencello vuje’ e ‘Passione’. Mi aiutava a capire l’intonazione e ad allenare il mio canto. Il suo sogno era che io diventassi un cantautore, e in qualche modo ci sono riuscito. Gli dirò grazie per tutta la vita, anche se adesso non è più con noi”.

Cosa dobbiamo aspettarci dopo questo primo singolo d’estate?

“Che la gente lo accolga e lo riceva capendo i sentimenti che ho raccontato. E che possa innamorarsi della storia vera di uno scugnizzo napoletano che ha scelto un sound vibrante saltellando fra il rap e il pop. Se diventerà un tormentone non può dirlo nessuno. E non so mica prevederlo”.

Una curiosità: perché hai scelto di chiamarti con il nome d’arte MY GAMBINO?

“In realtà questo nome d’arte non l’ho scelto io. Ero a una cena con giovani e talentuosi rapper partenopei – Vale Lambo, Yung Snapp e Lele Blade, MV KILLA e Niko Beatz in particolare – e ascoltando i miei tanti racconti di vita e osservando il mio look a un tratto hanno deciso proprio loro che il nome giusto per me fosse MY GAMBINO. Come se quella sera io fossi diventato improvvisamente il loro boss musicale preferito. Il gioco di ruolo mi è piaciuto subito, e da allora è rimasto così. Un po’ di goliardia non fa male a nessuno”.