Oscar 2019: i retroscena e le polemiche della nuova edizione
A pochi giorni dagli Oscar 2019, ecco tutti i retroscena e le polemiche della nuova edizione Dopo gli Oscar “troppo…
A pochi giorni dagli Oscar 2019, ecco tutti i retroscena e le polemiche della nuova edizione
Dopo gli Oscar “troppo bianchi” del 2017 e quelli “troppo rosa” dello scorso anno in seguito al caso Weinstein, il produttore accusato di oltre settanta molestie sessuali, l’edizione numero novantuno degli Academy Awards, che andrà in onda quest’anno nella notte tra il 24 e il 25 febbraio, promette polemiche, record e tante, tante superstizioni. Prima polemica degli Oscar 2019: Per la seconda volta nella storia e la prima dopo trent’anni, la Notte degli Oscar non avrà un presentatore ufficiale. Ma non sarà come nel 1989 (l’anno che tutti ricordiamo per la vittoria di Dustin Hoffman e del suo straordinario Rain Man) quando i premi vennero annunciati da una voce fuori campo.
Dopo il ritiro dell’attore comico di colore Kevin Hart, accusato di omofobia per aver diffuso una serie di tweet contro il mondo omosessuale, si è deciso di ricorrere a una presentazione “corale”. Ogni premio sarà così introdotto da un diverso artista. E in lista ci sono già nomi come Daniel Craig, Charlize Theron, Jennifer Lopez e Whoopy Goldberg. Ai quali è stata aggiunta anche Lady Gaga, scatenando ulteriori polemiche. La cantante infatti è candidata all’Oscar di quest’anno in ben due categorie, come Miglior Attrice e come Miglior Canzone Originale per il remake del film A Star is Born.
Ma non è tutto.
Polemiche e retroscena degli Oscar 2019
Seconda polemica degli Oscar 2019: troppe poche donne candidate. Scatenata sui social network dalle rappresentanti del movimento MeToo, è in realtà una “fake news”. Sui 225 candidati nelle varie sezioni, 62 sono donne. Ossia il 28 per cento, la più alta percentuale in 91 anni di Oscar. C’è però una verità di fondo. Nella storia degli Awards, una sola donna ha alzato la statuetta come regista: è stata Kathryn Bigelow per il film The Hurt Locker, nel 2010. E sono state solo quattro le candidate donna alla regia: la “nostra” Lina Wertmuller, Jane Campion (che lo vinse per la sceneggiatura, ma non per la regia di Lezioni di piano), Sofia Coppola (stesso discorso per Lost in Translation) e, nel 2018, Greta Gerwig.
Dopo le polemiche, i record. Primo: tra i dieci candidati in totale (cinque uomini, cinque donne) a Miglior Attore, ben quattro non appaiono nei rispettivi film con le proprie sembianze naturali, ma si sono “trasformati” per somigliare al loro personaggio. Primo tra tutti, Christian Bale, che per diventare il vicepresidente Usa Dick Cheney nel film Vice è ingrassato di trenta chili e si è sottoposto ogni giorno a quattro ore di trucco. È aumentata dieci chili in meno Olivia Colman per trasformarsi nella Regina Anna di La favorita. Tre ore di trucco quotidiane, poi, per Willem Dafoe, che diventa un incredibile Van Gogh in Sulla soglia dell’eternità. Altrettante per Rami Malek, super favorito nel ruolo di Freddie Mercury nel film Bohemian Rapsody.
Non è ancora finita.
Record e curiosità degli Oscar 2019
Secondo record degli Oscar 2019: mai come quest’anno, l’età media dei candidati è stata così bassa. Unica “fuori dal coro” la settantunenne Glenn Close, alla sua settima nomination (ma zero vittorie) come attrice protagonista per il commovente The Wife. Terzo record: il film La Favorita è il primo nella storia ad avere tutte e tre le sue interpreti candidate alla statuetta. Olivia Colman come protagonista e Rachel Weisz ed Emma Stone come non protagoniste. Quarto record: tra i cinque registi candidati, uno solo è bianco e americano. Si tratta di Adam McKay, nominato per Vice, mentre gli altri quattro sono Alfonso Cuaron (messicano) per Roma, Yorgos Lanthimos (greco) per La favorita, Pawel Pawlikowski (polacco) per Cold War e Spike Lee (statunitense ma nero) per BlacKkKlansman.
Una curiosità e altro record. A soli 61 anni, Spike Lee è l’unico regista della storia ad aver vinto un Oscar alla carriera (2016) con la generica motivazione «Per il contributo dato al mondo dello spettacolo» prima di essersi aggiudicato una statuetta dorata in qualsiasi altra categoria.
E infine le superstizioni…
Le superstizioni degli Oscar 2019
E ora, le superstizioni degli Oscar 2019. Mai come quest’anno, gli artisti candidati ai premi principali sanno che la sfida è difficile (i bookmaker di tutto il mondo danno quote molto vicine tra loro) e hanno quindi deciso di darsi un “aiutino” ricorrendo ai più diversi gesti o comportamenti scaramantici. Prima tra tutti la messicana Yalitza Aparicio, sconosciuta al grande pubblico, ma candidata come Attrice Protagonista per Roma. Yalitza gira infatti accompagnata da una “personal shaman”, una sciamana personale, incaricata di “bonificare” ogni stanza d’albergo in cui l’artista alloggia, con particolari riti propiziatori. Rami Malek ha invece promesso di dormire ogni notte che lo separa dalla cerimonia degli Oscar 2019 indossando la dentiera utilizzata per trasformarsi nel Freddie Mercury di Bohemian Rhapsody. Mentre Lady Gaga si è fatta realizzare un ciondolo in “oro benedetto” con le lettere “SJAG”, iniziali del suo vero nome: Stefani Joanne Angelina Germanotta.
Rachel Weisz, invece, indossa ogni giorno come giarrettiera la benda di pizzo che le copre il volto sfigurato in La favorita. Mentre la collega Emma Stone porta sempre con sé un portachiavi a forma di Topolino, che le ricorda i suoi esordi nei telefilm per ragazzi della Disney. Anche il “macho” Viggo Mortensen non è esente da superstizioni. Indossa infatti una copia del celebre “Anello del Potere” della trilogia che gli ha dato fama internazionale nei panni di Aragorn di Il Signore degli Anelli. Glenn Close invece ci riprova con la sua tradizionale zampa di coniglio che però – come abbiano detto – ha già fallito sei volte. Ultimo, ma più superstizioso tra tutti, Christian Bale, unico attore inglese candidato. Bale ha giurato che in caso di vittoria si dedicherà al teatro e porterà in giro gratuitamente per un anno le opere di Shakespeare nei più sperduti paesini britannici.
Editoriale a cura di Giovanni Mosca, dal numero 9 del 19 febbraio di Visto TV