A dir poco singolare, questo “popolo del web”. Autoelettosi nuovo giudice, celebra riti collettivi ed emette sentenze di condanna o assoluzione che spesso sfuggono a qualsiasi logica, negando anche e più palesi evidenze in alcuni casi, o mandando i malcapitati al patibolo senza troppe cerimonie in altri. Tutto sempre con il retrogusto del più facile (e spesso patetico) populismo. Questa settimana è toccato a Paolo Bonolis, macchiatosi dell’orrenda colpa di non essere povero.

L’occasione per mettere in croce il popolare presentatore arriva croccante da Instagram, la piazza virtuale dove tutto si mostra e tutto si commenta: la famiglia Bonolis, con amici, è in partenza per le vacanze a Formentera e viene ritratta in una foto di gruppo scattata all’interno di quello che ha tutta l’aria di essere un peccaminosissimo, vergognosissimo aereo privato.
Non l’avessero mai fatto. Una pioggia di commenti ai limiti dell’insulto in cui Paolo, Sonia e tutta la famiglia vengono apostrofati malamente per aver sbattuto in faccia la loro ricchezza, per aver mancato di rispetto a chi ha modeste possibilità, invocando un vago e imprecisato senso della vergogna.

L’unico commento possibile è: ma quando mai? Eh, si, cari web-giudici, fatevene una ragione: Paolo Bonolis è benestante. Forse anche molto benestante. Ma del resto è un uomo che da oltre trent’anni cavalca l’onda del successo con programmi dai risultati incontestabili, e nel tempo ha messo su una società che opera nel campo delle produzioni televisive, un’azienda che peraltro dà da vivere a svariate famiglie. E tutto questo genera un utile il quale, al netto delle tasse, rimane a disposizione di chi ne è titolare.

Avere successo è un reato? Bonolis è colpevole. Avere talento è un reato? E’ colpevole lui insieme alla moglie Sonia Bruganelli, non meno talentuosa nel lavorare dietro le quinte. Ma se, come ci risulta, nè il talento nè il successo sono penalmente perseguibili, se avere un reddito, onesto e dichiarato, è ancora legittimo, allora non rimane che una sola considerazione: i Bonolis sono liberi di spendere i propri denari come meglio credono, il che include l’utilizzo di un aereo privato.
Se poi vogliamo dirla tutta l’aereo in questione non è di proprietà della famiglia Bonolis, come ha spiegato proprio Sonia Bruganelli in un lungo post in cui ben chiarisce la questione. Si tratta di quello che in gergo si chiama “charter”, cioè un velivolo preso in affitto per una particolare tratta, attraverso società che si occupano di ottimizzare i costi di spostamento di aerei privati mettendoli a noleggio per i tragitti nei quali altrimenti volerebbero a vuoto. Il costo dell’operazione è spesso equivalente al costo del totale dei biglietti di linea per tutti gli occupanti, con il vantaggio di non dover sottostare a particolari vincoli di orario o a procedure di imbarco necessarie ma noiose. E sfido chiunque a rinunciare alla comodità, se il gioco vale la candela.
Ma il punto è un altro: Bonolis ha guadagnato quei soldi lavorando, in modo onesto e pagandoci le tasse? Bene, allora ha il sacrosanto diritto di spenderli come vuole. Esattamente come tanti di quei giudici popolari li bruciano in sigarette, tatutaggi o partite di calcio. Tutti elementi non indispensabili alla sopravvivenza, ma tutti intoccabili nel momento in cui sono espressione della libera scelta di un cittadino onesto.
Ma vogliamo mettere la perversa soddisfazione di fare agli altri i conti in tasca?

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