Pasquale Di Molfetta: chirurgia estetica e arte
L’esperienza del dottor Pasquale Di Molfetta in un’intervista sul tema della bellezza e delle cure estetiche: chi le cerca di più?
La bellezza risiede negli occhi di chi la contempla… e anche nelle mani e nella professionalità di chi la sa trattare e valorizzare. Il dottor Pasquale Di Molfetta, medico chirurgo estetico 41enne titolare di DM Clinic – un poliambulatorio con due sedi a Lecce e a Brindisi – è un vero esperto in materia, attento alle esigenze dei suoi clienti ma che, al contempo, tende sempre a valutare il miglior approccio per la risoluzione della problematica specifica.
Convinto assertore che, in questo caso, la bellezza non è stravolgimento e identificazione con canoni precostituiti ma esaltazione di quello che già esiste, considerando i pro e i contro di un determinato trattamento, valutando benefici ed eventuali effetti collaterali.
Nell’iter terapeutico, il paziente viene messo al primo posto, naturalmente senza tralasciare minimamente le sue aspettative.
Intervista al dottor Di Molfetta
Dottor Di Molfetta, quali sono stati i suoi inizi professionali in questo settore?
Per me, fin da ragazzo, sia la parte scientifica che quella “artistica” della bellezza hanno rappresentato un fortissimo polo di attrazione. Aspetto che in seguito ha avuto un riflesso nel mio percorso di studi e oggi nella mia professione. Cercando sempre di racchiudere in essa non solo la formazione scientifica, ma anche il gusto per l’estetica.
Parlando di bellezza, da uomo prima che da chirurgo estetico qual è il suo personale concetto in merito?
Ritengo che non sia un aspetto stardardizzabile, nasce dalle simmetrie e dall’armonia di un volto o di un corpo. Quello che mi sforzo di proporre coi miei servizi è una valorizzazione dell’unicità di ogni paziente, valorizzando i pregi e limitando – se possibile – i difetti senza rifarsi ai canoni estetici che vanno per la maggiore, quelli proposti dai media nei cosiddetti personaggi pubblici.
Come si distribuisce in percentuale fra i sessi la tipologia della sua clientela?
Più o meno per il 70% donne e 30% uomini. Anche se le richieste da parte degli uomini sono in costante aumento, soprattutto per quanto riguarda il trattamento della pelle. L’uomo richiede prevalentemente trattamenti col botox per il volto, per la fronte, per attribuire in generale compattezza al viso.
E le donne cosa richiedono?
C’è una grossa richiesta di iniettivi (acido ialuronico, ndr), filler labbra e il ricorso al rinofiller, una tecnica relativamente nuova che permette laddove sia possibile di modellare il naso senza ricorrere alla chirurgia.
Un altro trattamento molto richiesto dalle donne viene somministrato attraverso un macchinario chiamato Morpheus, una tecnologia combinata tra radiofrequenza frazionata e microaghi, che agisce per rigenerare in profondità la pelle donando al volto e al corpo un effetto lifting non chirurgico.
Come giudica questa generalizzata “corsa” a rincorrere il tempo e a cercare di cancellarne i segni che inesorabilmente ci colpiscono?
Noi rappresentiamo una generazione che considera molto importante l’apparire, che celebra costantemente la perfezione fisica. Un atteggiamento rafforzato anche dall’uso delle piazze virtuali offerte dai social, dove ci mostriamo quotidianamente.
Tutto questo si riflette sulla voglia spasmodica di guardarsi allo specchio, generando anche delle ambizioni di miglioramento estetico esagerate o assolutamente inutili.
Se un cliente le rivolge una richiesta che lei considera appunto esagerata o inutile, lei come si comporta?
Il mio è sempre un atteggiamento consulenziale, che tende a non stravolgere l’armonizzazione delle sue simmetrie personali, ma a valorizzarle al meglio. Anche perché il cliente, che spesso nutre pretese di questo tipo, rappresenta una sorta di “biglietto da visita” del mio lavoro.
La mia risposta a questo genere di pretese esagerate è un deontologico “no”. Mi spingo fino a un certo punto, al confine dei canoni armonici. Oltre non ritengo corretto andare, soprattutto per una forma di rispetto nei confronti del paziente.
Noi siamo tutti unici, e anche in questo risiede la nostra bellezza. Non dobbiamo diventare degli avatar!