Tutti conoscono la rinoplastica o rinosettoplastica, sono invece meno le
persone che hanno dimestichezza con il concetto di rinoplastica secondaria o di revisione.

Si tratta di un secondo intervento sul naso, quando il primo non ha dato i risultati sperati, per imperfezioni estetiche e/o funzionali.

“L’operazione sul naso si configura come la più difficile nello spettro della chirurgia plastica” spiega il dottor Marco Marchetti, chirurgo maxillo-facciale che si è formato a Torino e Milano ed è uno dei massimi esperti sull’argomento.

“Si considera un bravo chirurgo chi riesce ad avere nella propria casistica dal 10 al 15% di revisioni sui propri interventi. Questa percentuale raggiunge quasi il 100% in chi opera meno di 20 nasi all’anno”.

Immaginando che la rinoplastica sia in ascesa in fatto di popolarità, (aumento del 33 percento nell’ultimo anno) e sia considerato il quarto intervento in ordine di frequenza rispetto alle altre operazioni, si comprende come sia sempre più presente la richiesta dei pazienti già operati al naso di venire sottoposti a una correzione perché insoddisfatti del primo intervento.

“Un’asimmetria del dorso o della punta, nonché una recidiva della deviazione del setto hanno un impatto sulla funzionalità respiratoria”, prosegue il dr. Marchetti, “e accanto a difetti residuali, alcune volte ciò che si tramuta in fallimento è l’interpretazione in chiave artistica del naso, la connotazione di genere (un maschio ha bisogno di un naso virile e di carattere) e la realizzazione in termini di naturalezza.

Su questo tema incidono le richieste di alcuni pazienti operati in passato che oggigiorno desiderano un naso senza le stigmate del ‘naso chirurgico’. Altre volte quello che ‘spariglia il mazzo’ è la cicatrizzazione del paziente, la quale non sempre ci è amica”.

Un secondo intervento correttivo consente di raggiungere la meta prefissata, spesso con risultati assai brillanti: “La revisione nella rinoplastica si realizza con un intervento con più spiccate caratteristiche ricostruttive rispetto al primo. Tant’è vero che abbiamo necessità di reperire materiale ricostruttivo sotto forma di cartilagine, la quale può provenire dallo stesso paziente (dall’orecchio o dalla costa) oppure dalle banche ospedaliere dell’osso e della cartilagine (per chi non desidera avere cicatrici in sede di prelievo)”.

Che fare dunque quando ci si appresta a operare un naso per diminuire questi inconvenienti? “Esiste”, conclude Marchetti, “un concetto moderno di operare il naso la prima volta, immaginando tutto quello che potrebbe accadere, e armarsi di paracadute nel caso dovesse verificarsi qualche distorsione strutturale, in maniera tale che se di revisione si dovesse parlare, questa si realizzerebbe con modalità assai più agevoli. Per essere chiari: le strutture del naso vanno risparmiate il più possibile durante l’intervento primario, in modo da scongiurare la necessità di apportarne di ulteriori se avessimo la necessità di re-intervenire”.

Per maggiori informazioni: www.mmchirurgiaestetica.it