Roberto Alessi: «Vi racconto il mio ultimo incontro con Diana»
Le undici del mattino del 30 agosto 1997. Sono a Liscia Ruja, la spiaggia della Costa Smeralda, con mia moglie…
Le undici del mattino del 30 agosto 1997. Sono a Liscia Ruja, la spiaggia della Costa Smeralda, con mia moglie Betta e sulla strada incontro Salvo La Fata e Riccardo Frezza, due storici fotografi che ancora oggi passano l’agosto tra i ricchi e famosi di Porto Cervo e Porto Rotondo.
«Siete qui per Diana?», «Certo», ed ecco all’orizzonte Diana sul Jonikal, la barca che Dodi Al Fayed, miliardario
viziato e vizioso, pazzo di lei, o pazzo del suo personaggio e di finire sui giornali di tutto il mondo, ha affittato solo per lei. A bordo si cena a champagne, con tanto di chef, camerieri, massaggiatore, in totale ci sono 21 persone di equipaggio. Vedo il tender dello yacht che si prepara per portare a terra gli ospiti. Ci sono solo loro, vuol dire che Dodi e Diana scenderanno
a terra, magari per un bagno.
Ricevo una telefonata, è Mario Brenna, superstar tra i fotografi , l’autore un mese prima del bacio tra Diana e Dodi, forse la foto più costosa al mondo (si parla di un miliardo di lire). «Che ci fai lì?». Non lo vedo, ma i paparazzi, quelli bravi come lui, ti vedono anche a un chilometro di distanza dai loro appostamenti. Mi fiondo alla spiaggia del Cala di Volpe, acqua splendida, ma il fondo è brutto, fangoso, però è l’unico posto dove Diana potrebbe arrivare a fare il bagno. È così. Le sono a pochi metri, le sorrido, mi sorride (l’avevo già salutata a casa di Gianni Versace, il giorno del funerale, il mese prima). Ma arrivano altri fotografi troppo impertinenti, è il commiato. Il tempo di andare sul Jonikal, fare una doccia, indossare un tailleur di jersey grigio per il viaggio, e Diana con Dodi ripassa dal Cala di Volpe. Ci incontriamo nella hall, non saluta, e scappa per l’aeroporto di Olbia dove l’aspetta il volo privato.
La mattina scendo a prendere i giornali, una donna sarda, molto anziana, piange. «Che cosa le è successo, signora?». «È morta Diana, un incidente d’auto. A Parigi». Salgo in auto, non riesco a guidare, mi tremano le gambe. Con quella fine tutti abbiamo capito che Diana ci era entrata nel cuore. Pur essendo una privilegiata, e anche per questo aveva tanto
da perdere, ha insegnato che si può anche uscire dai binari dell’ipocrisia e vivere di libertà. Per questo resiste nella
nostra memoria. Peccato che il suo ultimo bagno l’abbia fatto in un’acqua non bella, come il suo ultimo amore, un uomo apparentemente bello e trasparente, ma melmoso nel fondo, come l’acqua del Cala di Volpe. Una fine immeritata come la sua infelicità.
Roberto Alessi