Le opinioni di Alessandro Resente sulla situazione italiana: dalle “falle” del Decreto Semplificazioni al progetto di abolizione delle Regioni a statuto speciale.

Il Decreto Semplificazioni, tanto agognato da Conte, dovrebbe portare tutta una serie di norme atte a rendere più semplici e veloci determinati adempimenti. Questo decreto dovrebbe essere il biglietto da visita di una società moderna ed evoluta, pronta ad affrontare il futuro.

Tutto bene, perfetto. Però dopo ci si rende conto che deve scontrarsi con la vetustà e arretratezza di certi – io non li chiamo funzionari – tecnici pubblici. Gente che molto spesso ha sempre lavorato senza aver avuto un contatto con la società reale e con gli utenti e sono stati gli artefici dell’assurda burocratizzazione attuale.

Pensate solo che in questo periodo l’Agenzia delle Entrate, invece di semplificare gli adempimenti, avendo chiuso gli sportelli e limitando l’accesso dei contribuenti privati a un solo giorno la settimana con code di ore, li ha complicati chiedendo nuovi documenti.

Ma il Covid 19 esiste solo per loro. Per i professionisti non ci sono problemi a recuperare firme e deleghe? Perché si devono aggiungere ulteriori documenti, rispetto a quelli che normalmente si sarebbero presentati se il professionista delegato, con le sedi dell’Agenzia delle Entrate aperte, avesse potuto recarsi all’ufficio?

E poi tutti stanno riaprendo: perché nel pubblico si deve continuare a lavorare in smart working? Addirittura, Conte vorrebbe portare lo smart working nel settore pubblico dal 50% di quest’anno al 60% il prossimo anno! Ma perché! Stiamo parlando del settore pubblico, di personale che dovrebbe essere al servizio del cittadino, e invece di migliorare il servizio lo peggioriamo. Ci rendiamo conto di come funzionano le cose?

Contro lo smart working del settore pubblico

Lo smart working non è il placebo che risolve tutti i problemi. Poi bisogna essere onesti: non è la stessa cosa lavorare in ufficio e da casa. Sappiamo tutti come funziona, sia per la mancanza di adeguati mezzi di controllo sia per l’impossibilità di disporre della documentazione adeguata. Quante volte ci siamo sentiti dire “Non posso darle una risposta esauriente perché lavoro da casa”?

Ma allora, per delle logiche incomprensibili chi ci deve rimettere è sempre il cittadino? Vogliamo una società migliore! Apriamo gli uffici, e venga predisposto un personale adeguatamente preparato e soprattutto gentile e cortese. Questa è la vera sburocratizzazione!

E poi, nessuno ha pensato quanti meno consumi genera lo smart working? I bar fanno meno caffè e pranzi, meno interesse a vestirsi e così via. In Italia, in questo momento, abbiamo forse bisogno di aumentare oppure di diminuire i consumi?

Forza, Conte! Creiamo per i cittadini un apparato pubblico dove essi ritornino a essere al centro con più flessibilità negli orari di apertura, più disponibilità. Pensate che ci sono uffici che ricevono tre ore alla settimana! Torniamo ad essere una società “civile”…

Venezia: una città da salvare

Com’è triste Venezia cantava Charles Aznavour, ma purtroppo è quello che si prova passando in questi giorni nelle calli di questa città unica al mondo, che sta cercando di riprendere dopo l’emergenza Covid.

Quando si andava a Venezia respiravi il mondo, perché sentivi mille lingue, sentivi il suono e il canto dei gondolieri che incantavano i turisti. Scoprivi il piacere della pausa in un “bacaro”, a mangiare un “cicheto” e bere “un’ombra”, o venivi attratto dai negozi di bicchieri e vasi in vetro di Murano, o da quelli di maschere del carnevale. Ma adesso Venezia è vuota. I turisti sono pochi, e i gondolieri non cantano.

Addirittura il sindaco, con un provvedimento che mi trova completamente contrario, ha abolito i fuochi del Redentore, la serata più importante per la città e che rappresentano una tradizione da moltissimi anni.

Il sindaco Brugnaro dice di amare la sua città, ma non ha capito che per riprendere a brillare Venezia ha bisogno dei suoi turisti, ha bisogno che le calli risuonino di mille voci. Venezia ha conquistato il mondo e ama il mondo.

Ma Venezia è nostra, e allora perché non approfittarne per andare alcuni giorni a visitarla e godere della sua magia?

Stop agli statuti speciali

Un aspetto decisamente positivo del lockdown è che ha fatto scoppiare l’italianità. Tutti a cantare dai poggioli… Siamo stati sommersi da una moltitudine di video che mostravano le bellezze dell’Italia, non esistevano più le divisioni. Ma si è respirata forte anche l’unione tra Nord e Sud del Bel Paese.

Finalmente eravamo tutti orgogliosi della nostra italianità. Poi, a poco a poco dagli “Andrà tutto bene” la gente ha iniziato a respirare la crisi che ci stava attanagliando. Una crisi dovuta a dei provvedimenti sbilenchi e senza quell’attenzione economica che necessitava la situazione.

Tuttavia, tornando da un weekend in Alto Adige, mi sono chiesto perché devono sopravvivere ancora alcune discriminazioni che risultano del tutto anacronistiche. A cominciare dalle regioni e le provincie a Statuto speciale.

Non si può continuare a voler creare una unitarietà di Nazione quando permangono ancora queste diversità. Attraverso un referendum, i cittadini di alcune regioni hanno già manifestato il desiderio di una maggiore autonomia. Ma lo Stato centrale non sta concedendo nulla, perché sa benissimo che verrebbero ridotte notevolmente le proprie entrate.

E allora, per dare concretamente voce alla voglia di un’Italia unita si dovrebbero eliminare le provincie e le regioni a Statuto Speciale, oppure far sì che tutte le regioni abbiano lo stesso status.

I vantaggi e le agevolazioni che ricevono e godono gli abitanti delle regioni e provincie a Statuto Speciale sono innumerevoli. Questo comporta però talvolta anche delle discriminazioni, nondimeno a livello concorrenziale.

Non è possibile che un albergo del Trentino goda di contributi e agevolazioni che gli permettono di applicare sicuramente tariffe più basse rispetto all’albergatore di una regione confinante, e pertanto sottrae clienti a quest’ultimo. Bisogna avere il coraggio di prendere adesso le decisioni necessarie e abolire questi privilegi, per iniziare a creare uno Stato proiettato al futuro.

Basta! I cittadini, gli imprenditori e i professionisti italiani devono avere gli stessi diritti e vantaggi si dimostri che si vuole in un’Italia nuova e uguale come previsto dalla Costituzione.

a cura di Alessandro Resente