Vasco Rossi compie 70 anni: Clemente Mimun racconta il rocker italiano
Clemente Mimun, direttore del Tg5, racconta l’amico Vasco Rossi in prossimità dei suoi 70anni: ecco cosa ci ha detto sul grande rocker
Un’amicizia speciale
Quarant’anni fa Vasco Rossi era sul palco di Sanremo per cantare Vado al massimo. La critica lo stroncò, il pubblico lo premiò. Ora Vasco compie 70 anni, il 7 febbraio. Già così fa notizia. Perché Vasco, il “Blasco” come lo chiamano i suoi fan, è un uomo che nella vita è davvero “andato al massimo”. Non si è mai risparmiato, ha preso tutto, ha dato tutto.
“Mi ha detto che non avrebbe mai immaginato di arrivare a 70 anni. Lui non si considera un sopravvissuto, ma un super-vissuto”, ci racconta Clemente Mimun, direttore del Tg5 da quindici anni, e prima direttore del Tg1 e del Tg2, giornalista tra i più importanti d’Italia. E amico di Vasco da decenni.
Come diventano amici un direttore seriale di Tg e la più grande rock-star italiana?
“Ci siamo conosciuti nel 1992, a Villa Paradiso, il centro benessere sul Lago di Garda dove eravamo andati entrambi per perdere qualche chilo e avere un po’ di relax. Vasco era lì con Laura, che poi sarebbe diventata sua moglie, e io con mia moglie Karen”.
Non proprio il posto dove uno immagina di incontrare un rocker.
“Vasco cura molto il corpo e la mente. Specialmente quando è in arrivo il periodo dei concerti, inizia a stare a stecchetto, a fare ginnastica costantemente, ha una preparazione che neanche un atleta in vista del mondiale”.
Così, tra un massaggio e una centrifuga vi siete trovati in sintonia.
“Facevamo questi digiuni devastanti. Poi nel pomeriggio, verso le sei e mezza-sette, ci portavano a fare una passeggiata intorno al Lago, e chi ci accompagnava tirava del pane secco ai germani. E lì mi sono accorto di non essere il solo a volermi buttare in acqua per mangiare il pane destinato ai germani. Così ci siamo trovati, abbiamo iniziato a parlare, siamo diventati amici”.
La dedica di Vasco Rossi a Clemente Mimun
Di cosa si parla con Vasco Rossi?
“Pur essendo il mio cantante preferito, non l’ho mai vissuto come la rockstar. Parliamo delle nostre cose, della vita, anche di problemi di famiglia”.
È risaputo che ti ha dedicato una canzone, I soliti. Com’è successo?
“Nel 2011 lui aveva avuto un malanno, io un ictus. Entrambi abbiamo fatto una lotta forsennata per riuscire a rimetterci in piedi. Ci raccontavamo questo, e contemporaneamente riflettevamo su quanto sia difficile crescere i figli. Ci domandavamo se i nostri figli avrebbero avuto la forza di volontà che avevamo dimostrato di avere noi, sia nei rispettivi ambiti professionali sia di fronte alle difficoltà della vita, come la malattia che stavamo affrontando. E questi confronti sono diventati lo spunto per I soliti, per questo il testo dice: ‘Siamo tutti vivi grazie agli interruttori'”.
Vi incontrate spesso?
“Più che altro ci sentiamo, ci scriviamo. Ci vediamo una volta o due l’anno, quando fa concerti a Roma, dove mi concede il privilegio di seguire lo spettacolo dal palco”.
Concerti da vicino
Ora avrai milioni di fan che ti invidiano. Com’è un concerto di Vasco vissuto da dietro le quinte?
“Mi piace viverlo da lì, sentire che razza di carica ti dà avere davanti 60-70mila persone… Pensa che onda emotiva ti arriva! E poi abbiamo dei riti più o meno consolidati: ci salutiamo quando Vasco va in camerino, prima del concerto. Durante le pause cazzeggiamo un po’. E poi, dopo il suo lunghissimo post concerto, ci ritroviamo a cena in una saletta dell’Hotel Excelsior, dove si parte giurando che non si berrà un goccio di vino, ma alla fine si mangia, si beve, si sta insieme”.
Da giornalista, invece, hai mai raccontato il Vasco cantante?
“Parecchi anni fa, quindici forse, gli ho fatto un’intervista per TV Sorrisi e Canzoni. Era una serie di incontri dedicati al ‘Magic Moment’, cioè al momento in cui nella vita le star hanno capito che ce l’avrebbero fatta. E Vasco mi ha raccontato che quando era a scuola, all’Istituto Tecnico Commerciale, un professore gli diede un tema: ‘Tema libero su tema libero’. Lui andò in crisi… ma poi scrisse il testo, e il professore gli riconobbe una capacità fuori dal normale nell’uso delle parole”.
Il talento di Vasco Rossi
Abilità nella scrittura a parte, qual è il talento che lo ha reso la più grande rockstar italiana?
“Vasco era un ragazzo di Zocca, con dei sogni, che forse nel tempo si sono anche trasformati. Non gli ho mai chiesto quali fossero i suoi sogni, se volesse fare il cantante o diventare una rockstar. So però che Vasco oggi è forse l’unico che ha la capacità di arrivare direttamente al cuore della gente. È un po’ lo ‘strizzacervelli’ dell’Italia intera. Meglio di qualsiasi istituto demoscopico capisce cosa c’è nella pancia degli Italiani. Probabilmente lo misura attraverso le sensazioni che prova in prima persona, nelle sue canzoni si sentono immediatamente i malesseri della società italiana”.
Solo i malesseri o anche le gioie?
“Gioie ne ho viste poche, soprattutto mal di pancia. Vasco è diventato l’interprete della rabbia sociale, della disillusione dei giovani, della difficoltà di vivere. Vasco, lo posso dire con assoluta certezza, è un artista realizzato. Ma nello stesso tempo è un uomo che continua ad approfondire, studia come non ha mai fatto quando era ragazzo, cerca di capire, di conoscere. È profondamente disilluso dal mondo, perché il mondo fa sostanzialmente schifo. E racconta la vita con tutte le sue controversie. Riesce a essere profondo e popolare al tempo stesso, e facendo musica rock”.
Gli esordi incompresi
Quando ha iniziato, però, non è che tutti lo apprezzassero.
“Vasco è su piazza da oltre quarant’anni. Nel 1982 ha fatto il primo Festival di Sanremo con Vado al massimo. La giuria lo ha bocciato e il pubblico lo ha giustamente premiato. Poi è riuscito a superare quella fase in cui era considerato ‘maledetto’ da un’Italia poco propensa a perdonare chi andava sulla cattiva strada. Ed è diventato la colonna sonora di quattro generazioni di Italiani”.
Se avesse cantato in inglese sarebbe diventato una rockstar planetaria?
“Non credo che gli interessi. Ogni tanto va a Los Angeles, a casa sua, per poter respirare, vivere normalmente, passeggiare tra la gente senza essere ‘assalito’ dai fan. Vasco è un uomo profondamente timido, non credo che desideri essere una star internazionale come Mick Jagger o Paul McCartney, che non hanno un posto dove vivere da ‘uomini liberi'”.
Mick Jagger ha 78 anni, Paul McCartney 79. In confronto Vasco è un ragazzino, ha ancora tempo per farsi strada.
“Se gli chiedi dell’età, lui ti risponde che 70 anni li ha avuti suo nonno, lui è solo in attesa di tornare sul palco. Non concepisce la vita lontano dal palco, dalla preparazione dei concerti, dalla necessità di sfogarsi cantando, di dare gioia a chi lo ascolta. Quelle due ore di concerto sono un fenomeno liberatorio, una specie di messa laica”.
a cura di Massimo Murianni