E’ notte fonda. Il lido sembra essere finalmente tranquillo, come una belva feroce che dopo una giornata di lotte con il suo domatore cede alla stanchezza. E noi con lei.

Stamattina a partire dalle prime ore del giorno si sono via via assiepati i così detti magna autografi, sparuti quanto insensati ed assatanati frequentatori dei red carpet che muniti di scalette, ombrellini, borracce d’acqua, teli mare ma soprattutto tanta pazienza attendono per lunghissime ore l’arrivo dei loro beniamini con la speranza di poter estorcere uno scarabocchio che nessuno mai crederà essere originale.
Ma Venezia non è solo red carpet. Ah, no mi sbagliavo. Venezia è solo red carpet. I film li vedono in pochi, di solito nelle proiezioni riservate alla stampa che si tengono in orari improbabili e sedi impossibili, ma che sono la fonte essenziale per gli assetati di celluloide.
Per gli affamati di cellulite invece ci sono le pantere del tappeto rosso, quelle che non hanno ancora chiaro che dopo una certa anche la più soda coscia sudamericana, per quanto allenata da mesi in fuga dal gobbo di notre dame, cede alla buccia d’arancia. Per la gioia degli astanti che si nutrono di velature e trasparenze.
E poi c’è l’esercito dei timidi. Quelli che con le loro faccette scioglicuore prima decidono di fare l’attore, poi pensano che no, alla prima del mio film dove tutti mi aspettano io non vado. Perchè  si sa che recitare è un mestiere da svolgere nell’ombra, una missione sacerdotale lontanissima dalle esigenze di apparire.
Se non volevi essere fotografato potevi fare il becchino. A quelli, onestissimi compagni dell’ultimo viaggio, nessuno chiede selfie, sorrisi o presenze per la stampa. E’ difficile non fare nomi, ma è il mio nuovo gioco: dire senza dire. Mentre qui anche la moquette, ancora di un rosso sgargiante non macchiato della pesantezza delle scarpe prese in prestito dagli showroom, sorride beffarda pensando non solo i nomi, ma pure i cognomi.
A domani, con nuove incredibili avventure.