Un agosto “senza pandemia”

Agosto, pandemia non ti conosco. La gente, virus o non virus, se ne va via. La parola d’ordine è partire. La vacanza a volte può essere più noiosa della routine lavorativa, ma consente in ogni caso di rompere la monotonia cittadina, fatta di levatacce mattutine, pasti consumati in fretta e furia, serate trascorse sbadigliando davanti al televisore.

Cambiare vita anche solo per un paio di settimane se non giova al fisico, indubbiamente fa bene allo spirito frustrato da un anno di impegni sempre uguali e stancanti in ufficio o in fabbrica.

Rispetto al passato devo aggiungere che il mese in corso ci ha portato un po’ di sollievo grazie agli incessanti festeggiamenti per l’esaltante vittoria ottenuta dai nostri calciatori al campionato europeo. Una ondata di entusiasmo che ha travolto anche coloro che non amano particolarmente il pallone.

La maggioranza degli Italiani non ne poteva più di COVID parlato in televisione e oggetto di discussioni infinite sulla stampa, un tedio ammorbante. Virologi impegnati senza soluzione di continuità in polemiche che contribuivano a confondere le idee a noi poveri tapini.

I gol degli azzurri hanno abbattuto il muro del pianto collettivo, scacciando per un po’ i brutti pensieri che affollavano le teste del popolo.

(c) Novella 2000 n. 34 – 11 Agosto 2021

Dagli Europei alle Olimpiadi

Quando cominciava a declinare la passione calcistica, dopo smisurata esultanza, sono per fortuna arrivate le Olimpiadi che hanno invaso il piccolo schermo, offuscando le geremiadi stucchevoli dei politici, impegnati con tutte le forze a litigare sulla riforma della giustizia – in ballo da quasi mezzo secolo – e sulla necessità di introdurre il Green pass, espressione inglese il cui significato sfugge alla maggioranza dei compatrioti.

I giochi dei cinque cerchi hanno acceso l’interesse generale come non mai.

È un sollievo vedere, anziché David Parenzo e Concita De Gregorio che discutono del sesso dei diavoli, tanti atleti che zompano di qua e di là compiendo acrobazie magiche.

Confesso di aver seguito con ammirazione perfino il tiro con l’arco, benché quest’arma sia in disuso da tempo immemorabile. Per tacere del nuoto. Assistere a questo tipo di gare significa non capire nulla di quello che succede nella vasca, perché le riprese offerte dalle telecamere avvengono a tale distanza da rendere irriconoscibili coloro che competono.

Non importa. Guardo tutto quanto accade a Tokyo, perfino il lancio del disco. E sono incantato dalle movenze dei ciccioni che si esercitano in tale disciplina buffa. E veniamo agli eroi che si sono guadagnati le medaglie d’oro, d’argento e pure di bronzo.

Essi ci hanno regalato spettacoli emozionanti in confronto ai quali le omelie della Gruber sono equiparabili a funerali di terza classe.

Inutile che ricordi i nomi di coloro che si sono esibiti in prodezze straordinarie. Immagino che siano fissi nella memoria dei lettori. Ai quali ovviamente auguro buone ferie.

Io rimango in città, fedele al principio che non serve recarsi in villeggiatura, montagna o mare è lo stesso, se per dodici mesi uno come me non ha fatto nulla di faticoso.

Sarò costretto ogni dì ad andare a caccia di una trattoria aperta e di un tabaccaio che mi rifornisca di sigarette, amiche mie da sempre. De gustibus. Io non sono metropolitano ma provinciale. La mia scelta stanziale è dovuta a pigrizia congenita.

a cura di Vittorio Feltri