Direttore Vittorio Feltri (i giornalisti si chiamano per nome e cognome, come dici tu), nel tuo libroChiamiamoli ladri – L’esercito dei corrotti (Mondadori) inviti a chiamare “ladri” i furbetti della bustarella, dall’artigiano che non dà la fattura al politico corrotto. Ora è scoppiato il caso molestopoli, rientrano nella categoria anche gli uomini di potere che rubano sesso e attenzione promettendo in cambio lavoro o fama? 
«Mi sembra si stia facendo una grande confusione in questo campo. Perché un conto sono le avance. Se una donna ti piace, glielo devi pur dire in qualche modo. Poi ognuno ha le proprie modalità, le proprie tecniche nel rivelare i propri desideri sia sentimentali che erotici. Però le avance sono avance, e scambiarle per molestie, dipende da un’interpretazione che secondo me è molto personale». 

Personale di chi la subisce?
«E anche di chi la fa. Certo, mettere una mano su un gluteo significa spingersi un po’ oltre il lecito, secondo i miei metri di giudizio, ma è comunque una avance». 

E la molestia cos’è?
«La molestia è qualcosa di più pesante. Sono le telefonate, gli ammiccamenti, farsi trovare sotto casa, insistere, i messaggini… Ma questo fenomeno non riguarda solo le donne, ma anche gli uomini». 

Però gli uomini denunciano meno. Siamo meno sensibili?
«Gli uomini subiscono delle immani rotture di coglioni da parte di persone di sesso femminile che con un pretesto o un altro ti importunano. L’eccesso di questi esercizi sconfina nella molestia». 

ll gradino successivo è l’abuso.

«Che è qualcosa di ancora diverso. Abusare significa usare impropriamente una persona che non è disposta a farsi usare. Però bisogna anche provare di essere stati abusati, perché non esiste nel diritto italiano che uno possa accusare una persona senza esibire delle prove».
 
Sono casi in cui non è facile portare prove.
«Lo so che è difficile. Se io rubo, mi condannano in base alle prove che inquirenti e polizia hanno raccolto. Se non c’è la prova dell’abuso, mi sembra orrendo che una donna possa accusare».

Ti sei mai trovato in una situazione a rischio?
«Quando ricevo persone di sesso femminile, perché sanno tutti che io non sono omosessuale, la porta del mio ufficio resta aperta. Ma non perché mi piace vedere i colleghi che vanno al cesso, lo faccio perché temo che qualche scema possa a un certo punto inventarsi un abuso. Io temo di più le invenzioni della realtà. Perché dalla realtà mi posso difendere, ma dalle invenzioni no». 

Ti sei mai reso conto che una tua avance potesse essere interpretata come molesta?
«Io non ho mai fatto abusi».

E subìto? 
«Mi è toccato difendermi, ma non è una cosa solo mia, è un problema diffuso. Noi uomini, se una vuole scopare e te lo fa capire in mille modi, e tu non vuoi farlo, non è che poi andiamo alla polizia o aspettiamo trent’anni per dire guarda che quella lì ci ha provato». 

Infine, nella scala dell’orrore arriva lo stupro.
«Lo stupro è tutt’altra cosa. Ma per lo stupro ci vuole la violenza, altrimenti è mercimonio».

Il riferimento al produttore o al regista che ricattano più o meno direttamente le aspiranti attrici è esplicito.
«Se, ipoteticamente, io dico a una ragazza: “puoi venire a lavorare a Libero se me la dai”, è un’esagerazione, ma non è illecito, perché è uno scambio merci. La signora, che eventualmente riceve questa mia proposta, mi può rapidamente mandare a fare in culo, e andarsene a lavorare al Corriere della sera, che paga anche di più. Ma questo esercizio è vecchio come il mondo, do ut des, dicevano i latini, e noi non possiamo cambiare né la natura umana né il mondo. Ci hanno provato in tanti, ma non ci sono mai riusciti».

Si è rotto l’argine, e ora sono in tante a trovare il coraggio di raccontare le loro esperienze.  
«Io di fronte a questa esplosione improvvisa di abusate e di violentate sono quantomeno scettico. Non escludo che in molti casi sia avvenuto tutto, perché non ho elementi per escluderlo, ma non posso neanche bere qualsiasi sciocchezza detta a distanza di anni da parte persone che poi magari hanno usufruito delle agevolazioni offerte da qualche maschio arrapato».

In ogni caso è magra la figura che stanno facendo gli uomini. 
«Mi sembra strano che uomini di potere abbiano bisogno di ricorre a questi mezzucci per farsi una scopata. Io, che sono nessuno, è tutta la vita che ho dei rapporti. E non solo non ho mai dovuto ricorrere a ricatti, ma tante volte ho subìto delle rotture di coglioni infinite, perché poi le donne talvolta sono prese da gelosie, fondate o infondate, ti scocciano con i messaggini, ti scocciano con degli arrivi improvvisi. Insomma ti mettono in situazioni di difficoltà». 

Sei un uomo sposato, hai dedicato il tuo libro a tua moglie, “Che ti ha rubato il cuore, ma donato la vita”. 
«Sto con mia moglie da 50 anni, non sono pochi…».

Però non hai mai nascosto di avere avuto evasioni con altre donne.  
«Io non l’ho mai tradita…»


«Ho diversificato. È impensabile che in 50 anni uno non abbia avuto delle distrazioni, che chiamo “diversificazioni”, perché questo non mi ha impedito di continuare a voler bene a mia moglie con la quale ho stabilito un rapporto di mutuo soccorso». 

In che senso?
«Tutto quel poco, o tanto, che ho guadagnato, l’ho intestato a mia moglie, per dimostrarle che non ho alcuna intenzione di rompere il rapporto. L’ho anche fatto strumentalmente (sorride)…».

Una schiettezza non comune, bisogna riconoscerlo.
 
«Quello che ho fatto io non credo che sia un caso eccezionale, ma che riguardi la maggior parte degli uomini e delle donne. Perché quando ho diversificato, non sono stato con degli uomini, ma con delle signore, quasi tutte sposate. Nessuna delle quali ha avuto il coraggio di dirmi che abitualmente faceva queste cose. Tutte mi hanno detto con vocina colpevole “È la prima volta che tradisco mio marito”. Sono bugiarde. False. Lo fanno per difendersi, se no noi le prendiamo per puttane. Però sta di fatto che le cose stanno così».

Le corna sono sempre pari.

«Le corna dispari non esistono».

Cosa dice tua moglie quando legge o sente parlare delle tue “diversificazioni”?
«Ride. Perché essendo una donna intelligente, sa perfettamente quello che dico. Poi ha avuto prove da parte mia di grande attaccamento a lei e alla famiglia. Di fronte a quelle prove non può dubitare della mia buona fede. Poi se anche ho fatto qualche scopata extra…, non ho mica ammazzato nessuno. Perché poi noi consideriamo la virtù dalla cintola in giù, ma esistono anche altre virtù, non sono solo nelle mutande. Quando si invecchia si capiscono queste cose. Da giovani si è più reattivi».

Tu l’hai capito presto?

«Quando sei giovane sei più impulsivo, poi mentre vai su con l’età sei più riflessivo. Faccio un’ipotesi: se io scoprissi che mia moglie nel corso degli anni si è distratta, non mi farebbe piacere, ma mi verrebbe da sorridere, e non potrei dire mezzo parola perché so com’è la vita. So che può succedere, e se anche succede non è mica la fine del mondo. Basta che non porti a casa delle malattie… come dicevano i miei genitori».

Cos’è il tradimento?
«Il tradimento è qualcosa di molto più grave: è l’imbroglio continuativo che danneggia la persona con la quale hai deciso di vivere la vita. Se non c’è un danneggiamento, se non c’è uno stravolgimento, non succede niente di catastrofico. Non sto dicendo che le diversificazioni fanno bene, però tutto va misurato. Il tradimento è quando sottrai delle risorse alla tua famiglia». 

Risorse materiali?

«Non solo, anche affettive, di tempo, di attenzione. Perché bisogna dirlo una volta per tutte, con il passare degli anni, e non ne passano mai molti, scemano il desiderio e l’attrazione. Ma nei confronti della moglie provi anche sentimenti d’amore, di affetto». 
 
Hai sulla scrivania l’autobiografia di Michelle Hunziker, che tu conosci bene. Che effetto ti ha fatto leggere la sua storia? 
«Conoscevo già tutta la vicenda, però mi è piaciuto il modo spontaneo e sincero con cui Michelle parla di se stessa, senza enfasi, senza retorica. Fa una narrazione della sua esistenza, che può interessare perché lei è un personaggio importante, una specie di fidanzata d’Italia».

Sei stato tu, è risaputo, a presentare Michelle e Tomaso Trussardi. Com’è andata?
Conoscevo entrambi, Tomaso e Michelle, da molto tempo. Ero al ristorante con Tomaso, mi hanno detto che era arrivata Michelle e ho voluto andare a salutarla perché non la vedevo da un paio di mesi. Mi è venuta come un’illuminazione: “Forse Tomaso potrebbe essere l’uomo giusto per lei”. Un pensiero non elaborato, un’intuizione. Ho detto a Tomaso: “Vieni con me, andiamo a salutare Michelle Hunziker, sai quella bella donna”. “Sì, so chi è”, mi ha risposto.  Ma non voleva venire, perché aveva avuto una botta di timidezza, e si vergognava un po’… Non c’era un motivo per cui io portassi Tomaso con me al tavolo di Michelle, ma l’ho portato lo stesso e li ho presentati». 

Ti ci sei messo d’impegno.
«E poi hanno iniziato a sentirsi… Ma sono cazzi loro. La cosa divertente, però, è che un giorno vado a Roma, salgo sul treno per tornare a Milano. Prendo un salottino, allora c’erano questi scompartimenti riservati, perché non mi va di rompermi le palle con quelli che poi ti chiedono “cosa ne pensa di Renzi”. Dopo cinque minuti arriva anche Tomaso. “Che ci fai a Roma?”, gli chiedo. “Sono venuto per Michelle”. “Ah… e quando vi sposate?” Ho iniziato a prenderlo in giro. Ma in effetti poi si sono sposati».

Una bella storia, vista da fuori.
«È andata così. Poi anche loro si romperanno i coglioni. Dopo un po’ di anni è così. Tu non puoi dirlo, perché vedo una fede al tuo dito, e se lo dici tua moglie s’incazza. Ma sappi che lo pensa anche lei».

di Massimo Murianni

L’articolo completo nell’ultimo numero di Novella2000 in edicola dal 30 novembre